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Il boccale di birra di Pierluigi
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di Ottavio Olita

Il boccale di birra di Pierluigi

Ad alcuni è parso un dipinto; c’è stato invece chi ha voluto fare del sarcasmo idiota; qualcuno ha associato quell’immagine ad una delle descrizioni della condizione umana tanto cara all’esistenzialismo francese degli anni ’50. Io nella fotografia di Pierluigi Bersani che, seduto tutto solo ad un tavolino di un bar anonimo,  accanto ad un boccale di birra appena sorseggiato, scrive, accigliato e concentrato, il suo intervento politico, ho trovato la conferma dell’idea che mi sono fatto di una persona seria, autoironica, coraggiosa, che non ama nascondersi dietro nessuno, che non vuole ricorrere ad uno dei ghost writers - a pagamento o gratis, sono tantissimi – che vivono nel sottobosco delle direzioni politiche romane. E quest’idea non mi ha fatto sviluppare la nostalgia del buon tempo andato, che è in grado di produrre ancor oggi qualche buon frutto, ma mi ha ridato speranza per il futuro. Quell’immagine così lontana dalla perfezione degli apparati, dalla presunzione dell’infallibilità, così simile ai tanti cittadini che riflettono prima di un appuntamento importante per proporre e confrontarsi con gli altri mi spinge a credere che non sia pura illusione che si possa ritornare alla politica costruita non sulla base di accordi segreti o pilotati, ma sul ragionamento e sull’onestà nell’affrontare dialetticamente il prossimo rendendosi disponibili all’ascolto.

Provate ad immaginare chi altri, degli apparati partitici nazionali, avreste potuto trovare in quella stessa condizione descritta da uno scatto fotografico rubato. Negli ultimi vent’anni siamo stati allevati nel mito che il potente, nella stanza dei bottoni, di nascosto, prendeva decisioni fondamentali per il Paese. Poi abbiamo scoperto in quale condizione economica siamo stati fatti precipitare. Perché in realtà  le stanze segrete erano state trasformate in bordelli, o in luoghi di compravendite illegali, come hanno svelato le intercettazioni telefoniche e tante testimonianze. Pensate a quanti vertici delle potenze mondiali sono stati mostrati come qualcosa di irraggiungibile e spesso di inspiegabile per il comune cittadino che, pure, nelle democrazie elettive, concorre a scegliere quei rappresentanti istituzionali. Poi, in pochi mesi, siamo passati dall’extralusso dei regali da destinare alle ospiti, alle cene in famiglia con la spesa fatta dalla first lady; dalle Audi, alle Thesis della Lancia; dalle camicie nere sbottonate sul petto (meno male che almeno non c’era anche il catenone d’oro) e da ghigni eternamente ridenti, a accurati nodi delle cravatte, ai sorrisi contenuti, ai gesti eleganti con gli altri capi di stato e di governo. E’ solo questione di forma? Non scherziamo.

Tutti quanti dobbiamo rieducarci; anche i politici che dovranno imparare nuovamente a cercare di farsi capire con il ragionamento e non più con le urla e gli insulti. E i cittadini dovranno pretendere di capire, di esserci, di partecipare. Questo chiedo al Bersani della foto, come se fossi il barman che quella birra gli ha servito sul tavolo, come se quella foto fosse stata scattata ad una delle Feste dell’Unità che raccontavano il Paese molto meglio di pagine e pagine di saggi di sociologia e che non potevano essere capite nella loro essenza se non da chi le frequentava. Forse non serve riproporre quelle Feste, ma è indispensabile ritrovare la strada dell’incontro con i cittadini, con i lavoratori, con le categorie sociali nella loro quotidianità, nelle loro esigenze di cultura, di aggregazione, di vita comune. Cerca di modificare gli apparati, o se necessario, smontali, per ritrovare il coraggio di preferire un tavolino e una birra ai divani, ai salotti, alle scrivanie dei posti di comando, alle direzioni, vice direzioni, presidenze, vice presidenze che forse servono a costruire clientele, non adesioni convinte. So che ci proverai, perché altrimenti non avremmo mai visto in giro quella tua immagine al bar. Ma per riuscirci devi cercare il sostegno di quanti in questo Paese credono ancora nella politica come impegno ideale per il presente e il futuro, per le proprie famiglie, per i propri figli. E comunque sappi che nell’Italia da ricostruire, della quale tu continui a parlare, siamo in tantissimi a preferire un leader che come uno qualunque di noi spreme le meningi e si mette in gioco piuttosto che un freddo ripetitore di slogan costruiti su modelli esistenti, non sulla prospettiva di cambiamento. In tanti vorremmo aiutarti. Daccene la possibilità.


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