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Articolo 21 - Editoriali
Guerra di Civiltà
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di Antonio Padellaro

da L'Unità

Non è cinismo affermare che la testa mozzata di Ken Bigley è stata recapitata sul tavolo di John Kerry a poche ore dal decisivo secondo confronto televisivo con George W. Bush. E che sotto le macerie dellâ??Hilton di Taba, insieme alle decine di morti e alle centinaia di feriti sono finiti quei pochi illusi che ancora sâ??intestardiscono sulla possibilità di una pace in Medio Oriente. Stiamo parlando del terrorismo e dellâ??uso politico del terrorismo. Se i macellai di Al Qaeda lavorano così alacremente, lo fanno con uno scopo preciso. Chi dice che i tagliagole vogliono mettere alle corde Tony Blair, a cui lâ??ingegnere aveva rivolto lâ??ultimo disperato appello, sa benissimo che, al contrario, è proprio sulla linea della fermezza che gli inglesi già fanno quadrato intorno al loro premier. Chi vuol farci credere che i kamikaze del Sinai hanno voluto colpire, e indebolire la strategia di Bush e Sharon, confonde la realtà delle cose. Semmai, dallâ??altra notte, Bush e Sharon hanno un convincente argomento in più per sostenere la guerra di civiltà contro chi fa strage di civili innocenti, costi quel che costi e fino alla vittoria finale. Esattamente come i capi di Al Qaeda hanno un convincente argomento in più per celebrare un nuovo successo nella loro guerra contro lâ??Occidente blasfemo e corrotto. Nessuno, beninteso, vuole equiparare i due fronti o sostenere che fra essi vi siano intese o complicità. Ma che i contendenti promuovendosi a vicenda «nemico assoluto» conferiscano a se stesso e allâ??altro una maggiore legittimità, è di tutta evidenza (come del resto ha scritto sul â??Corriere della seraâ? Sergio Romano, osservatore non certo incline al cosiddetto radicalismo estremista). Così mentre il candidato democratico avrà nuovi tragici argomenti per ricordare che la guerra sbagliata del suo avversario ha allargato il club del terrorismo internazionale e accresciuto lâ??estremismo in Medio Oriente, negli occhi e nelle orecchie degli americani, e del mondo civile, resteranno solo le urla strazianti di Bigley e i turisti insanguinati dellâ??hotel Hilton.
A Kerry che ha la forza della ragione, Bush può contrapporre la forza dellâ??orrore, che è più forte. Perché se la gente ha paura è difficile farla riflettere. Quando si sostiene che lâ??invasione dellâ??Iraq ha provocato una crisi di proporzioni storiche, e che se non si cambia rotta la prospettiva che abbiamo di fronte è quella di una guerra senza fine, la risposta più frequente è: verissimo, Bush e i suoi Stranamore hanno sbagliato tutto, ma adesso il problema è come impedire ai Bin Laden di farci saltare in aria. Ã? la regola del fatto compiuto e del ciclo continuo. Più bombe sullâ??Iraq, più kamikaze e teste tagliate. Più kamikaze e teste tagliate, più bombe sullâ??Iraq. Nei fatti (citiamo sempre Romano) «Al Qaeda facilita la vittoria di Bush e questi concorre a fare di Osama il califfo dellâ??Islam militante».
Chi predica la guerra di civiltà vuole accendere, in realtà, la guerra dentro le civiltà. Quando Al Qaeda fa strage di israeliani in territorio egiziano manda due messaggi: uno al nemico storico e lâ??altro allâ??Islam moderato che lavora alla conferenza di pace sullâ??Iraq del Cairo. Allo stesso modo, sullâ??altra trincea câ??è chi divide gli occidentali in due categorie. I coraggiosi che accettano la verità di una guerra religiosa e di civiltà, e rispondono virilmente al fuoco. E i codardi, che odiano i coraggiosi e li combattono, «che scappano come José Zapatero, che predicano quella strana cosa che chiamano pace e che è invece, lo sappiano o no non importa, resa o intesa col nemico»(Giuliano Ferrara). Terroristi e crociati che delle teste mozzate fanno un uso mediatico complementare. Il video è sempre lo stesso. Gli uni producono, realizzano, distribuiscono. Gli altri mandano in onda, riproducono i fotogrammi più terrificanti sui loro giornali, e poi ci costringono a guardare (come quei giudici americani che condannano gli automobilisti rei a trascorrere la notte con la salma di coloro che hanno travolto). Costringono gli italiani a guardare per essere sicuri che chi non ha abbastanza odio abbia più odio; e chi ne ha già a sufficienza possa riversarlo su chi non ne ha abbastanza. Ã? possibile sperare che, questa volta, intorno ai poveri resti di Ken Bigley non si svolga la solita disgustosa danza macabra; che ci si stringa invece - come sicuramente faranno gli inglesi, i francesi, i tedeschi, gli americani - in unico grande cordoglio? Ma forse chiediamo troppo.

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