di Valeria Calicchio
Una giornata per dire basta allo sfruttamento del lavoro precario e autonomo nel mondo del giornalismo e per dire no a tutte le mafie. Questo il messaggio che il comitato “Giornalisti senza tutele: Altro che casta” intende mandare al Governo Monti dalla Piazza di Montecitorio il prossimo 26 gennaio a partire dalle 14. Un’iniziativa che servirà a tenere alta l’attenzione sulla vicenda del giornalista Giovanni Tizian, autore di “Gotica”, libro sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta al nord “e per questo sotto scorta dallo scorso dicembre. Ma anche per mettere un freno alla precarietà che sta uccidendo il mondo dell’informazione italiana.
Accendere, per una volta, i riflettori sul giornalismo precario, e raccontare le storie di quei 24mila atipici che, pur non facendo notizia, sono gli artefici del 50% delle notizie prodotte ogni giorno in Italia. Se incrociassero le braccia non uscirebbero i quotidiani, le tv non potrebbero più trasmettere e i siti internet verrebbero oscurati. Eppure, i forzati dell’informazione, che molte volte e soprattutto al Sud, rischiano la vita per raccontare cosa sono le mafie, non prendono che pochi euro per i loro servizi. Come nel caso appunto del giornalista della Gazzetta di Modena Giovanni Tizian, pagato appena 4 euro al pezzo. O come in quello del collega della Gazzetta del Sud Pierpaolo Faggiano, morto suicida lo scorso giugno, prima vittima del lavoro che una volta era definito “il più bello del mondo”.
In piazza ci saranno le loro storie e quelle di tantissimi altri cronisti che vedono mortificata ogni giorno la propria professionalità e la propria passione da editori che vanno configurandosi sempre più come dei veri e propri caporali. Per loro il comitato “Giornalisti senza tutele: altro che casta”, promosso dai free lance, autonomi e parasubordinati dell’Associazione Stampa Romana e dal coordinamento dei giornalisti precari romani “Errori di Stampa” ha voluto con forza la manifestazione di giovedì prossimo. Obiettivo: chiedere al governo l’immediata approvazione della legge sull’equo compenso, che potrebbe cominciare a sanare una situazione al limite della decenza. E ancora chiedere al nuovo sottosegretario all’editoria di destinare i contributi alla carta stampata esclusivamente a quelle testate che non sfruttano il lavoro precario.
La libertà d’informazione non può più prescindere dal ridare dignità al lavoro giornalistico. Dignità nella retribuzione, che deve essere proporzionata e immediata, dignità nel garantire tutele minime come la maternità, la malattia e le ferie anche ai lavoratori “invisibili”. La ministra Fornero meno di un mese fa ha dichiarato che i giornalisti appartengono a una casta di privilegiati. Probabilmente non ha mai sentito parlare dei precari. Oppure reputa un privilegio scrivere per 4 euro al pezzo, essere pagati dopo 60 giorni e non avere nessun tipo di ammortizzatore sociale o tutela. A lei e a tutti quelli che non sanno che il mercato italiano dell’editoria si regge ormai su uno sfruttamento sistemico, si rivolge la campagna dei precari. Sperando che non si debba mai più arrivare al limite di dover scendere in Piazza per stringersi attorno a un collega sotto scorta perché minacciato dalla ‘ndrangheta per far parlare ancora dei giornalisti senza tutele.