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''La nostra pazza idea per salvare il quotidiano''
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di Giornalisti e poligrafici di Liberazione

''La nostra pazza idea per salvare il quotidiano''

Lavoratori e lavoratrici che, insieme, scelgono di sostenere economicamente il loro giornale per salvare 35 posti di lavoro. E' questo il cuore della proposta che giornalisti e poligrafici di Liberazione, con il sostegno dei rispettivi sindacati (Fnsi e Slc Cgil), hanno elaborato, sottoscritto e messo sul tavolo del loro editore in vista dell'incontro convocato per domani alla Regione Lazio. Una soluzione alternativa alla cassa integrazione che - conti alla mano - consentirebbe alla Mrc spa (il cui socio unico è il Partito della Rifondazione Comunista) di far fronte in modo meno traumatico alla grave crisi economica in cui è precipitato il giornale a causa del taglio del fondo per l'editoria operato dal governo Berlusconi e non corretto dal governo Monti. Ciò, in attesa che le nuove regole e i nuovi finanziamenti vengano definiti (il neosottosegretario Peluffo ha di recente confermato che ciò avverrà nel giro di poche settimane).
I contenuti di tale proposta, figlia della cultura del mutualismo, sono stati illustrati ieri (lunedì 6 febbraio, ndr) a Roma dai lavoratori di Liberazione, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta presso la sede dell'Associazione Stampa Romana. I primi consensi sono giunti da esponenti del mondo della cultura, del sindacato e del giornalismo che hanno accettato il ruolo di "padrini" e "madrine", come il giornalista-sceneggiatore Andrea Purgatori, don Andrea Gallo (Comunità San Benedetto al Porto, Genova), l'economista del lavoro Cristina Tajani, la giornalista Adele Cambria, il segretario di Stampa Romana Paolo Butturini e Walter De Cesaris, del comitato politico nazionale del Prc, lo storico Sandro Portelli, la sociologa Anna Simone, Giulio Marcon di Sbilanciamoci, i lavoratori della Nuova Bulleri di Pisa, Gian Mario Gillio, direttore di Confronti.
L'editore di Liberazione, la società Mrc, ha fatto sapere di avere soldi sufficienti a pagare soltanto il direttore, la vicedirettrice e al massimo due giornalisti e due poligrafici a stipendio intero. La redazione lancia questa idea "pazza": applicare a tutti, giornalisti e poligrafici, il contratto di solidarietà al 60%; al tempo stesso i lavoratori si impegnano a fare una donazione mensile al Prc pari alla metà del costo lordo del lavoro. L'editore verrebbe così a spendere per 35 persone quanto ha deciso di spendere per 6. Per non penalizzare i colleghi con gli stipendi più bassi, sarà creato un fondo di perequazione in cui chi prende di più "dà" e chi prende di meno "riceve", in modo da livellare tutti gli stipendi alla stessa cifra (1400 euro medi mensili).
E' un'idea concepita come un investimento per mantenere in vita il giornale e come gesto di solidarietà concreta tra colleghi. Un gesto di autodifesa e di responsabilità verso i lettori che l'editore comunista non può respingere. Per questo ci aspettiamo un sì oggi stesso.
Questa una sintesi degli  interventi e dei messaggi arrivati:
Gli operai della Nuova Bulleri di Pisa, che hanno costituito una cooperativa per salvare la loro azienda, hanno scritto: "Se esiste una soluzione alternativa alla cassa integrazione, il vostro editore ha il dovere di prenderla in considerazione". Sandro Portelli, storico e americanista, tra i fondatori del Manifesto, definisce la proposta di giornalisti e poligrafici di Liberazione "una risposta creativa e solidale al senso comune che ci viene imposto, fatto di conflitti fra lavoratori, fra generazioni, fra occupati e precari e disoccupati. E' un gesto di intellligenza e di generosità che non può non essere ascoltato e sostenuto". Giulio Marcon, portavoce di SBILANCIAMOCI, parla di una proposta "ispirata a principi di mutualismo e di spirito solidale che merita di ricevere tutta l'attenzione possibile e l'appoggio necessario. Una proposta che deve essere discussa e presa in considerazione come una concreta soluzione possibile". Per la sociologa Anna Simone "Rifondazione Comunista non può farsi promotore, nonostante le gravi difficoltà economiche,  della chiusura di un giornale. Non si può pensare una sinistra forte nel paese senza una voce, senza uno spazio attraverso cui dare voce alle lotte. Spero fermamente che il partito editore accetti questa vostra proposta". Walter De Cesaris, del Comitato Politico Nazionale di Rifondazione considera la proposta "responsabile, forte e intelligente, anche perché riesce a combinare le tre questioni (costi, giornale, occupazione) sullo stesso piano e, in prospettiva, ha la forza di garantire certezza rispetto ai fondi per l'editoria (per la qualità del prodotto, che rimane, e per l'occupazione che viene salvaguardata). Con questa proposta, mi sembra difficile continuare a descrivervi come quelli che difendono i propri interessi particolari (come se il lavoro lo fosse) rispetto a chi vuole salvare la baracca". Adele Cambria, decana del giornalismo e del femminismo italiano, entrata a Il Giorno nel 1958, ha aggiunto come "oltre alla vostra generosa offerta, bisognerebbe anche pensare a come strutturare un giornale, sia pure online, che abbia delle attrattive. Bisogna scrivere dei giornali di sinistra attraenti. Non si può fare il bollettino di un partitino, che poi ce ne sono altri tre simili. Io personalmente non sarei capace di scrivere un bollettino di partito, mi caccerebbero subito". Paolo Butturini, segretario di Stampa Romana ha spiegato come "dalla vicenda di Liberazione credo che il nostro sindacato abbia molto più da imparare che da insegnare. Questo percorso è iniziato con l'opposizione a un progetto scellerato che non ha alcun senso di esistere né dal punto di vista politico né dal punto di vista editoriale. Butturini ha quindi esortato il direttore e il vicedirettore di Liberazione "a tornare a fare quello che dovrebbero fare, cioè dei "primus inter pares", e quindi mettersi a disposizione della redazione, anche nel senso della solidarietà. Li invito ad accogliere la proposta avanzata dai lavoratori e magari ad arricchirla entrando anche loro in solidarietà".


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