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Processo contro il senatore D'Ali, Libera chiede di essere "parte civile"
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di Rino Giacalone*

Processo contro il senatore D'Ali, Libera chiede di essere "parte civile"

Per la Procura antimafia di Palermo ci sarebbe stata la “regia” del senatore Antonio D’Alì, parlamentare trapanese del Pdl, ex sottosegretario all’Interno e oggi presidente della Commissione Ambiente del Senato, nell’aggiudicazione di una serie di appalti pubblici banditi da enti locali della provincia di Trapani. Non c’è la quantificazione di un danno economico, se vi fosse non sarebbe un numero da poco, ma certamente se la tesi dell’accusa è fondata la società civile avrebbe ragione da vendere se con toni alti pretendesse un ristoro morale prima che economico. Perché molte risorse in campo finite secondo la ricostruzione investigativa nelle tasche sbagliate, dentro le società illecite della mafia “sommersa”, al cui capo siede il più sanguinario dei latitanti di mafia, Matteo Messina Denaro, erano quelle che sulla carta erano destinate allo sviluppo, all’incentivazione imprenditoriale, a creare occupazione e invece la provincia di Trapani resta un territorio senza infrastrutture essenziali e con alti tassi di disoccupazione. Il sen. D’Alì è accusato dalla Dda di Palermo di avere favorito con il proprio ruolo politico l’associazione Cosa nostra, agevolando un cartello di spregiudicati e spavaldi imprenditori, da qui l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma la società civile, che dovrebbe sentirsi danneggiata, colpita, offesa, per la massima parte ha preferito girarsi dall’altra parte rispetto ad un processo che non è da poco. L’accusa ma anche la difesa lo hanno riempito faldoni per centinaia e centinaia di pagine, tra quelle pagine e quelle parole scorre la storia di un territorio che resta lo “zoccolo duro” di Cosa nostra siciliana così come lo indica anche la relazione ultima della Procura nazionale antimafia. Tra luci e ombre è una storia che non dovrebbe essere guardata in modo distratto o non essere guardata affatto. La società civile dovrebbe sentirsi stuzzicata a vederci chiaro. E invece forse non vuole vederci affatto. E la politica non è da meno. Non ci sono nel processo che per adesso si trova dinanzi al giudice delle udienze preliminari del Tribunale di Palermo le amministrazioni pubbliche e locali interessate agli appalti in questo processo, il Comune di Trapani non ha ritenuto costituirsi parte civile sebbene quasi tutti gli appalti finiti sotto la lente d’ingrandimento riguardano il territorio della città, non c’è la Provincia, il cui intervento per la costruzione della Funivia Trapani-Erice è stato per tempo uno dei vanti dei politici dell’ente. Nel processo pochissime le  costituzioni di parte civile che si sono affacciate (adesso sono al vaglio del giudice che deve decidere se ammetterle o meno, lo deciderà il prossimo 11 maggio), parte civili proposte dalle associazioni antiracket di Marsala, Mazara e Alcamo, non c’è quella di Trapani che però ebbe il primato di essere unica a costituirsi a Marsala contro il cassiere di Messina Denaro, re dei supermercati di Sicilia, Giuseppe Grigoli; a chiedere l’ammissione è stata anche l’associazione Libera, con un atto dettagliato e approfondito nei contenuti a firma dell’avv. Vincenza Rando (le altri parti civili sono rappresentate dagli avvocati Giuseppe Gandolfo e Davide Bambina).

Nell’atto si legge una precisa dichiarazione del presidente dell’associazione, don Luigi Ciotti, che spiega il senso dell’impegno di Libera, la presenza di Libera non da “palcoscenico” nei processi, il ruolo nella società civile:“Il grido che abbiamo sempre colto è il bisogno di giustizia e di verità che ciascuno  esprime. Ma io aggiungo che c’è una terza istanza da portare avanti, il bisogno di dignità. Per questo siamo qui, in questa assemblea. Provo una grande commozione salutando tutti, conoscendo le storie, le ferite profonde e la grande capacità di mettere in gioco la vita”, e prosegue: “Per noi quelle persone non sono morte, sono vive attraverso voi che ne avete preso il testimone e andate in giro per le scuole per invitare le persone a mettersi in gioco, a vivere una resistenza nuova…”

“Non è un processo qualsiasi – dice l’avv. Enza Rando – è un processo che punta a difendere la dignità dello Stato, la credibilità dello Stato, per questo c’è Libera perché è noto il suo impegno a difesa dei cittadini, che sono il vero Stato, “noi” cittadini”. L’attenzione di Libera è puntata sulla gestione dei beni confiscati. Tra le accuse al senatore D’Alì ci sarebbe quella di non avere gradito l’azione del prefetto Fulvio Sodano a favore di uno dei beni confiscati alla mafia più importante della provincia di Trapani, la Calcestruzzi Ericina. “Libera è l’associazione – ricorda l’avv. Rando – che ha difeso la legge sui beni confiscati, che ha raccolto le firme perché non venisse stravolta, Libera ha conosciuto l’impegno e il sacrificio del prefetto Fulvio Sodano che è stato a Trapani vero primo rappresentante dello Stato che vuole combattere la mafia”. Nell’atto di costituzione si legge: “…nel territorio di Trapani è d’uopo soffermarsi sulle tante difficoltà incontrate dalla cooperativa Calcestruzzi Ericina, proprio per la grave condotta tenuta dall’odierno imputato, anche  quale senatore della Repubblica, il quale anziché agevolare l’utilizzazione di un bene confiscato alla mafia e rafforzare il riutilizzo sociale da parte della cooperativa dei lavoratori, nel rispetto di una legge votata dal Parlamento Italiano, è intervenuto, come si legge nel capo di imputazione.

“…ripetutamente presso organi istituzionali ed uffici pubblici al fine di inibire e ostacolare le iniziative a sostegno delle imprese sequestrate o confiscate (quali ad esempio la calcestruzzi Ericina s.r.l.) con ciò contribuendo all’espansione economica ed al controllo del mercato del calcestruzzi da parte di imprese e società direttamente riconducibili all’associazione mafiosa (tra cui Sicilcalcestruzzi s.r.l. e la Vito Mannina)…” E’ importante sottolineare quanto è utile e necessario il coinvolgimento delle comunità locali e delle istituzioni a sostegno dei percorsi per il riutilizzo dei beni confiscati alle mafie, soprattutto nei momenti difficili di fatiche e intimidazioni, che le organizzazioni mafiose, nei territori, continuano a seminare. E quanto tutto ciò diventa più faticoso e pericoloso in un territorio in cui un senatore della Repubblica ostacola e inibisce le iniziative a sostegno delle imprese sequestrate e confiscate agevolando e rafforzando sempre di più l’economica mafiosa e rapinando le risorse destinato allo sviluppo economico di un territorio. I soci e i lavoratori della cooperativa Calcestruzzi Ericina avevano avuto il coraggio civile di continuare a lavorare e di trasformare una impresa mafiosa (che aveva succhiato risorse, energia e violato anche i diritti dei lavoratori) in impresa legale (i lavoratori avevano preso nelle loro mani il loro futuro e quello della loro città e avevano cominciato a seminare speranza), ma  trovavano tante difficoltà per entrare nel mercato legale. Le istituzioni democratiche avrebbero dovuto accompagnare i lavoratori in questo difficile e faticoso cammino, come ha fatto l’ottimo Prefetto Sodano, e come ha fatto Libera che, con il suo Presidente Don Ciotti, ha accompagnato i lavoratori a trovare le condizioni e le risorse per consentire loro di lavorare….L’odierno imputato D’Alì aveva un altro progetto, contribuire all’espansione economica ed al controllo del mercato del calcestruzzo da parte di imprese e società direttamente riconducibili all’associazione mafiosa, e quindi l’esperienza  straordinaria della cooperativa Calcestruzzi Ericina, non solo non doveva sopravvivere alle leggi del mercato, ma anzi dovevano crearsi tutte le condizioni perché quell’esempio straordinariamente positivo (che contrastava con la cultura mafiosa e indeboliva la mafia,) doveva morire, perché l’economia mafiosa e la cultura mafiosa dovevano avere il sopravvento. L’odierno imputato ha utilizzato  nel territorio tutta la sua forza economica e politica per contrastare la cultura della legalità e della responsabilità istituzionale e per garantire gli esponenti di spicco dell’associazione mafiosa cosa nostra”.


“Il lavoro di Libera – dice don Luigi Ciotti - è innanzitutto quello di cogliere e portare in mezzo alla gente, anche nelle aule dei Tribunali, l'addolorato grido di dolore dei familiari delle vittime delle mafie che pretendono il rispetto del "bisogno" di giustizia e verità che appartiene  anche a tutti "Noi". In un processo dove emerge il presunto tentativo di un indagato, il senatore Antonio D'Alì, di rendere vana la legge sui beni confiscati alle mafie, Libera, che ha raccolto 1 milione di firme per la tutela e l'applicazione di una legge importante e fondamentale, nell'unico interesse della società civile responsabile, non potevamo non costituirsi parte civile per potere meglio conoscere la storia della mafia nella terra del latitante Matteo Messina Denaro, le cui mani, sporche del sangue di tanti morti ammazzati, oggi muovono i fili di una parte dell'economia, di imprese e sono capaci di intaccare il consenso elettorale per le connessioni coltivate da quella che in provincia di Trapani, e non solo, si chiama mafia borghese. Qui – prosegue don Ciotti - lo Stato non ha avuto sempre il volto che la Costituzione ha disegnato, ha conosciuto come volto di uomo fedele alle Istituzioni quello del prefetto Fulvio Sodano che il governo ha da qui allontanato nel 2003 proprio per la sua difesa dei beni confiscati dall'assalto delle mafie. Qui l'antistato spesso è stato lo "stato", oggi vanno ristabilite le regole fondamentali della Costituzione, celebrare e partecipare a questo processo significa ripristinare le violate regole di convivenza”.

Libera è  presente a Trapani dal 2004. “Trapani, è ancora sotto gli occhi tristi del popolo italiano e straniero, il relitto della macchina blindata in cui viaggiava il giudice Carlo Palermo quando venne raggiunto da una bomba. Il 2 aprile 1985,  il Giudice Carlo Palermo si salvò, ma morirono una giovane donna Barbara Asta e i suoi due piccoli figli gemelli, Salvatore e Giuseppe. Ai due piccoli,  che la loro giovane mamma stava accompagnando a scuola, è stato negato e violato il diritto a vivere, a sorridere, a crescere insieme alla loro giovane mamma, al loro papà e alla loro sorellina.  Sono stati uccisi con una tale violenza terroristica che i loro piccoli corpi sono stati frantumati, spezzati. Avevano e chiedevano il diritto di vivere in una paese democratico, nel quale i valori iscritti nella nostra Costituzione devono essere pienamente garantiti. Il 25 gennaio 1983 era stato ucciso il sostituto procuratore Giacomo Ciaccio Montalto che conduceva indagini sulle organizzazioni mafiose, ammazzato ad Erice. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, proprio ai funerali di Ciaccio Montalto, ha pronunciato parole straordinariamente attuali “per combattere la mafia c’è solo da rispettare fino in fondo la Costituzione”. La cosca mafiosa più violenta della Sicilia, trova i suoi affiliati, i suoi fidati luogotenenti nel trapanese, gente in grado di far rispettare il suo ordine: la famiglia Messina Denaro (prima il padre e poi il figlio, vecchi campieri del barone D’Alì), Vincenzo Virga, anche lui un ex contadino diventato un imprenditore della città, Francesco Pace, Coppola Tommaso e tanti altri ancora. I rappresentanti politici continuavano a dichiarare a più riprese, da un lato, che “a Trapani la mafia non esiste”, e dall’altro intrecciavano relazioni, facevano affari con la mafia specialmente ai fini della ricerca e acquisizione del sostengo elettorale.  Un bravo giornalista Mauro Rostagno lavora in questo contesto, ma continua a denunciare e scavare dentro i rapporti che la mafia intreccia con settori della politica e dell’economia, e per questo doveva morire e per questo è stato ucciso. Ma in Sicilia, a Trapani comincia a cambiare qualcosa, Mauro Rostagno  invita i cittadini a ribellarsi contro il potere mafioso,  si comincia a  rompere il silenzio omertoso e si evidenziano le infiltrazioni della mafia nel settore della politica e della imprenditoria. In quel periodo Cosa Nostra è in piena effervescenza omicida. Il 14 settembre 1988 uccide a Trapani, senza apparente motivo, un giudice in pensione, Alberto Giacomelli, di 69 anni. Il 25 settembre uccide, sulla statale tra Canicattì e Caltanissetta il giudice Antonino Saetta e suo figlio Stefano, disabile. Antonino Saetta avrebbe presieduto la corte di appello di un importante processo di mafia di lì a poco. La sera del 26 settembre 1988 il commando mafioso uccideva Mauro Rostagno, ma uccideva la sua libertà, la sua parola, per lasciar chiaramente intendere il suo messaggio di morte come avvertimento”. E dopo questa insaguinata cronistoria si legge ancora a sostegno della costituzione di parte civile: “Libera ha sempre pensato che ogni condotta criminale  che contribuisce a  sostenere e rafforzare l’associazione mafiosa “cosa nostra”, colpisce e danneggia gli uomini e le donne dello Stato che compiono il loro dovere, i semplici cittadini responsabili, i giornalisti che esercitano i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione. Tale condotta  rappresenta un pericolo e un danno per la comunità e per i soci aderenti di Libera. I diversi fatti delittuosi mostrano quanto i fini dell’organizzazione mafiosa siano in contrasto con quelli della società civile responsabile e rappresentano il momento di scontro verso l’attività da questi svolta per affermare i principi basilari della convivenza civile, che per Libera sono i principi e i fini statutari. Per il raggiungimento dei riferiti scopi sociali, la detta Associazione, ha  deciso di costituirsi parte civile nel presente procedimento. Ciò in quanto l’attività delittuosa posta in essere dall’imputato ha leso un diritto proprio dell’Associazione de qua. La lotta ai fenomeni mafiosi e ai poteri occulti, che si esplica in attività di prevenzione,  in azioni di solidarietà, di assistenza, soprattutto nei confronti delle vittime delle mafie e nell’educazione alla legalità, costituisce il fine specifico della stessa e la lesione prodotta dai fenomeni delittuosi oggi contestati costituisce un fatto ingiusto, fonte certa di un danno altrettanto ingiusto e, per ciò stesso, risarcibile. L’imputato del presente procedimento è, infatti, accusato di aver posto in essere, forte della sua qualità di rappresentante istituzionale e politico del territorio, condotte atte ad agevolare, rafforzare clan mafiosi di Cosa Nostra (tra i quali Messina Denaro Matteo, Virga Vincenzo, Pace Francesco, Birrittella Antonino e Coppola Tomaso) intervenendo, su “sollecitazione di singoli componenti dell’associazione mafiosa, sul procedimento amministrativo relativo agli appalti, lavori pubblici e finanziamenti (quali ad esempio, quelli relativi alla formazione della commissione di gara per l’aggiudicazione dell’appalto della Funivia di Erice della Provincia regionale di Trapani, alla valutazione di congruità del canone di locazione della caserma carabinieri di S. Vito Lo Capo, all’erogazione dei finanziamenti relativi al patto territoriale Trapani Nord, all’attribuzione di forniture relative ai lavori di appalto, per la messa in sicurezza del porto di Castellammare del Golfo)”; con ciò contribuendo a rafforzare il controllo di attività economiche, nonché il conseguimento di profitti e vantaggi ingiusti da pare di Cosa Nostra che, a sua volta, progettava e deliberava le proprie attività delittuose in ragione della consapevolezza di tali interventi”.

E infine: “La costituzione di parte civile, così come previsto nello stesso Statuto, rappresenta il naturale sbocco di tutto l’impegno profuso da Libera nella lotta alla criminalità mafiosa; solo l’ultimo tratto di un percorso che parte dalle campagne di informazione e sensibilizzazione, dall’aiuto e dal sostegno alle vittime che, non più sole, decidono di fare memoria e testimonianza. Ma anche un punto di partenza di nuove strategie di contrasto dei fenomeni criminali che consentano alle vittime, sia quelle dirette dei reati che di tutti coloro che indirettamente subiscono il giogo dei clan di cosa nostra, di acquisire maggiore consapevolezza ed il coraggio necessario a pretendere il rispetto dei propri diritti fondamentali”.

*tratto da www.liberainformazione.org


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