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Articolo 21 - Editoriali
La Camera blinda la (contro)riforma dell'ordinamento giudiziario
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di Gian Carlo Caselli

In tema di  riforma dell??ordinamento giudiziario la black propaganda si spreca. Vogliono far credere di essere aperti al confronto, ma alla Camera hanno blindato il progetto di (contro)riforma con il voto di fiducia. E al Senato si preparano a fare altrettanto. Vogliono far credere di aver accolto sostanziose proposte di modifica del progetto originario formulate ora dalla magistratura associata, ora dall??opposizione. Ma non è vero. Le variazioni in corso d??opera sono tutte frutto di compromessi interni alla maggioranza, a colpi di maxi o mini emendamenti, finalizzati per lo più ad un maquillage che dovrebbe rendere meno impresentabile quel ??monstrum? che alcuni Saggi hanno faticosamente elaborato. Vogliono farci credere che se dissentono sia gli avvocati che i magistrati vuol dire che la riforma è equilibrata. Mentre il dissenso generalizzato significa soltanto che c??è  ben poco da condividere e quindi da salvare. Vogliono farci credere che il nuovo ordinamento darà al sistema giustizia efficienza e vigore. ? semplicemente falso. Qual è ?? in tema di giustizia ?? il problema dei problemi? Senza dubbio la durata infinita dei processi. Se per avere una sentenza occorrono tempi biblici, altro che giustizia giusta! ? denegata giustizia. Un impoverimento della democrazia. Per questo uno si aspetterebbe che nel progetto di modifica dell??ordinamento giudiziario fossero inserite anche misure destinate ad innalzare il tasso di funzionalità del servizio. Invece, niente di niente.

La (contro)riforma non riduce neanche un pochino le vergognose interminabili lungaggini dei processi. L??iniziale previsione, in via sperimentale e per quattro anni, del cosiddetto ??ufficio del giudice? è stata cancellata per mancanza di soldi: e così anche questo tentativo di razionalizzare il servizio è abortito. Di più: il nuovo ordinamento è una specie di ??concorsificio? permanente:  per superare gli esami una massa di magistrati dovranno (più volte nella loro carriera) sottrarre molto  tempo al lavoro e la durata dei processi si allungherà ancor più. Si tratta, poi, di esami  costruiti non per misurare la capacità di rendere giustizia, ma secondo criteri utili a verificare l??omogeneità dei candidati coi selezionatori?

Ecco che comincia ad affiorare la vera trama della (contro)riforma: sterilizzare l??indipendenza dei giudici. Essa, infatti, traccia un??autostrada ( completa di gallerie e viadotti?) che porta inesorabilmente (il Ministro Castelli l??ha ??confessato?: accadrà nel 2006) alla separazione delle carriere. Ma ovunque nel mondo vi sia separazione, sempre, senza eccezioni, il  PM dipende dal Governo: conviene, questa dipendenza, in un Paese come il nostro, dove chi può e conta non accetta di essere eguale agli altri di fronte alla legge? E mentre si procede sulla strada della separazione, si attua una sostanziale emarginazione del CSM, cui vengono sottratti rilevanti poteri, indebolendo così la sua funzione costituzionale di garanzia dell??indipendenza della magistratura.

Per i  magistrati del Pubblico ministero sono previsti controlli gerarchici rigorosissimi: scomparirà quell??azione penale diffusa  che in questi anni ha garantito la tutela di interessi generali (non di questo o quel gruppo di potere) in materia di salute, ambiente, lavoro. Ma non basta: il nuovo ordinamento apre anche spazi al controllo politico del ministro sull??attività giudiziaria che non gli sia gradita: perché vi sono ipotesi di responsabilità disciplinare che ben si prestano a questo scopo a causa della vaghezza di certe formule (per esempio ??il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia?) e perché sono di molto ampliati i poteri direttamente esercitabili dal Ministro in materia. Nello stesso tempo, ai magistrati viene messo un vero e proprio bavaglio. Vietate le dichiarazioni o interviste senza equilibrio o misura; vietato il coinvolgimento in attività di centri politici che possano appannare l??immagine del magistrato; vietato ogni altro comportamento tale da compromettere anche solo l??apparenza di indipendenza, terzietà ed imparzialità. Formule elasticissime, di assoluta genericità ed indeterminatezza, perciò suscettibili di essere arbitrariamente lette come più piace o conviene, con possibili discriminazioni che facilmente possono trasformarsi in moniti preventivi o interventi su attività giudiziarie ritenute ??scomode?.

Ciliegina sulla torta del nuovo ordinamento è la previsione di  un test di idoneità psicoattitudinale all??esercizio della professione per gli aspiranti magistrati, anche in relazione alle specifiche funzioni indicate (PM o giudice) nella domanda di ammissione. Impossibile dimenticare che il Capo della maggioranza, Silvio  Berlusconi, sostiene (intervista del 4 settembre 2003 allo ??Spectator? e alla ??Voce di Rimini?) che per fare il magistrato bisogna essere malati di mente, che chi fa questo lavoro è antropologicamente diverso dal resto della razza umana. Per cui vien da pensare che  - per doveroso ossequio al leader - i test siano stati introdotti per verificare nell??aspirante magistrato la presenza di almeno un pizzico di follia: altrimenti addio ad ogni speranza di vincere il concorso. Lasciando da parte i paradossi (e le contumelie istituzionali) il punto è che i test attitudinali sono certamente utili nel fornire indicazioni di massima per l??orientamento professionale e lavorativo. Ma se uno ha già deciso di fare il magistrato a che servono i test? In ogni caso, non sono codificati gli indicatori clinici e comportamentali che individuano la figura del magistrato e meno che mai la distinzione fra inquirente e giudicante. In sostanza: c??è il fondato timore che i test servano a reclutare solo chi corrisponda ad un certo modello di magistrato, omogeneo ai selezionatori, con esclusione a priori di chiunque manifesti tendenze verso un??autonomia o indipendenza considerate (non si sa bene in base a cosa) eccessive. Del resto, la maggiore o maggiore idoneità  è misurabile solo sul campo, in base all??esperienza maturata con l??effettivo svolgimento delle funzioni, per cui anticipare il giudizio è pericoloso: apre la pista al reclutamento di magistrati sempre più disposti alla burocratizzazione e gerarchizzazione.

Ma è proprio questo l??obiettivo di fondo della (contro)riforma dell??ordinamento. Lo  scenario che ne risulta è di possibili gravi scompensi all??equilibrio democratico del sistema. Di colpo, si tornerebbe agli anni Cinquanta. Quando la magistratura era un corpo separato, collocato culturalmente, ideologicamente e socialmente nell??orbita del potere politico dominante. Sarebbe troncato il cammino che in questi ultimi tempi, soprattutto a partire dagli anni Novanta, era ed è univocamente indirizzato (sia pure con alti e bassi, ritardi e polemiche) a tradurre in cifra di effettività il principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. La scritta che campeggia nelle aule dei Tribunali tornerebbe ad eccitare la fantasia di comici e cabarettisti. Pronti a cogliere le miserie di una magistratura costretta a fare la faccia feroce con i poveretti, mentre ogni riguardo tornerebbe ad essere tributato a lorsignori. Con inesorabile compressione della possibilità di rendere un servizio ispirato all??interesse generale. Possono raccontarcela come vogliono: ma la posta in gioco, col  nuovo ordinamento,  è proprio questa. E non è questione di destra o sinistra, ma questione di democrazia.

La concezione di democrazia scolpita nella Costituzione vigente è fondata sul primato dei diritti e sulla separazione dei poteri, tra i quali non c??è gerarchia o supremazia. Ci sono invece equilibrio e controllo reciproco, pesi e contrappesi. Diversa è la concezione che si fondi esclusivamente sul primato assoluto della politica (rectius: della maggioranza politica contingente) e sull??insofferenza verso l??indipendenza  della magistratura e dell??informazione. Questa insofferenza sembra voler sfociare in un nuovo assetto dei pubblici poteri. Lo si può definire come ??assolutismo maggioritario della politica? o con altre formule. Sta di fatto che l??indipendenza della magistratura e dell??informazione non sono privilegi di casta (ma non scherziamo?): sono  garanzie fondamentali di ogni cittadino e di ogni minoranza, di oggi e di domani.

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