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Articolo 21 - Editoriali
Telefonata tra il premier italiano e Bush. Polemica tra i Poli dopo il voto negli Stati Uniti. Berlusconi: "Anch´io vorrei dire che sono il presidente di tutti"
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di si. bu.

da La Repubblica

ROMA - Silvio Berlusconi dopo la vittoria di George Bush è un uomo soddisfatto. Ha vinto l´amico americano, un uomo «limpido, trasparente, una persona che crede profondamente in quello che fa». Anche quando vuole «assegnare agli Stati Uniti il ruolo di diffondere e difendere la democrazia nel mondo». Giudizi e complimenti che il presidente del Consiglio ha espresso di persona al presidente americano che lo ha chiamato al telefono. «Ho avuto con Bush un colloquio molto cordiale ed affettuoso» - rivela il Cavaliere ?, gli ho augurato a nome mio e del governo di poter realizzare il programma che ha presentato ai suoi concittadini per essere eletto».
Al Cavaliere è piaciuto anche lo stile dello sconfitto democratico. «C´è molto da apprendere dalle elezioni americane: dal modo di agire di Kerry che ha telefonato a Bush ammettendo la sconfitta, al fatto che Bush ha detto che vuole essere il presidente di tutti. Sarebbe bello se un giorno ciò si potesse dire anche in Italia».
Invece da noi siamo molto lontani da tutto ciò, si rammarica il Cavaliere. E meno male che ha vinto Bush. ? vero, afferma, che «in Italia non cambia molto, ma abbiamo però avuta però risparmiata la grancassa della sinistra» in caso di vittoria dei democratici. La sinistra, dice il premier, «dovrebbe imparare molto da queste elezioni: sono state, per come si sono svolte, una grande lezione di democrazia». Devono capire, registra soddisfatto «che non si guadagna consenso demonizzando gli altri come stampa e media hanno fatto nei confronto di Bush». Insomma, a Washington come a Roma, Bush come Berlusconi, entrambi messi sulla graticola da giornali e televisioni.
Meno male, conclude il Cavaliere che c´è Massimo D´Alema che predica di evitare un certo radicalismo. «Dio voglia ? invoca il premier ? che quanto affermato dal presidente dei Ds possa essere considerato e seguito dagli uomini della sinistra». Perché noi - dice - «siamo sempre stati aperti al dialogo. Ma è difficile averlo con chi non lo vuole e preferisce delegittimare il proprio avversario politico. Da parte nostra questa non è mai successo».
E D´Alema, chiamato in causa, non tarda a replicare. Dice che «il dialogo con il governo non dipende dall´analisi del voto americano, dipende dalla condotta del governo. Sino ad oggi il governo italiano si è comportato in modo tale da rendere difficile un dialogo positivo con l´opposizione». Motivo per cui «Berlusconi deve riflettere sulla condotta del suo governo».
Le parole di Berlusconi e la replica di D´Alema si intrecciano con il vivace dibattito intorno al risultato d´oltreoceano. Vannino Chiti, Ds, accusa il presidente del Consiglio di piegare le relazioni con gli Usa «a ragione di politica interna, a calcoli di convenienza della maggioranza di destra del nostro atto». Il coordinatore della segreteria prende atto della "voglia" di dialogo" del Cavaliere. Ma dice anche: «Per una volta rinunciamo alla polemica e a ricordare quante volte ha bollato le opposizioni di veterocomunismo». Aspettiamo Berlusconi, conclude Chiti, alla prova dei fatti.
«Certo che Chiti ? replica la forzista Isabella Bertolini ? ha un bel coraggio. Il presidente Berlusconi ha detto la sacrosanta verità». «Non accettiamo lezioni di correttezza politica da coloro che utilizzano tribune internazionali per screditare il nostro paese», aggiunge l´altro forzista Antonio Martusciello. E il governatore della Lombardia Roberto Formigoni dice che oltre a Kerry ha perso il centrosinistra, mentre la Discussione, l´organo dell´Udc, spiega che «le idee di Berlusconi hanno vinto negli Usa».

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