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Articolo 21 - Editoriali
Privatizzazione Rai. Anche il canone diventa un dividendo?
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di Salamandra

Settimana cruciale, secondo il governo e il ministro ??prezzemolino? Gasparri, per la privatizzazione della RAI. Entro martedì 16, il ministro delle comunicazioni dovrebbe ricevere le lettere di risposta dalle banche d??affari interessate a fare da advisor per il collocamento in Borsa del 20/22 per cento delle azioni del Servizio pubblico. Quindi, mercoledì 17 (infausto giorno!), ci sarà la firma della fusione tra RAI Holding ( posseduta al 99,9% dal Tesoro) e RAI spa, e subito dopo Gasparri sarà sentito dalla Commissione parlamentare di Vigilanza sul suo (si fa per dire, sic!) progetto di privatizzazione della RAI. Solo qualche giorno dopo sarà ascoltato anche il direttore generale di Viale Mazzini, il ??grigio-orbace vestito? Flavio Cattaneo.

Ma la privatizzazione in che termini e, soprattutto, davvero si potrà fare?

La legge n. 112/2004, ovvero la ??controriforma? Gasparri, detta che sia avviato un ??procedimento per l??alienazione della partecipazione dello Stato nella RAI? da effettuarsi ??mediante offerta pubblica di vendita?. Il 25% dei proventi di tale alienazione servirà, fra l??altro, per il ??finanziamento degli incentivi all??acquisto e alla locazione? dei decoder, utilizzabili per la ricezione di segnali televisivi in tecnica digitale, per via terrestre, sistema il cui maggiore utilizzatore è, come noto, Mediaset (ovvero il Presidente del consiglio Berlusconi), che già per questo motivo trarrà un indubbio vantaggio dalla stessa privatizzazione della RAI.

Il vertice della RAI ha scelto la strada dell??ingresso in Borsa, e questo percorso dovrebbe teoricamente garantire una maggiore trasparenza all??operazione. Riteniamo comunque che l??intera impostazione della privatizzazione della RAI, così come delineata dalla  Gasparri, manifesti incongruenze tali da renderla difficilmente praticabile. Il motivo principale è che si ritiene giuridicamente impossibile ??privatizzare il canone?, privatizzare cioè un??imposta.

Il Canone di abbonamento ha una natura di prestazione tributaria. La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 284/2002, ha ribadito che mentre ??in un primo tempo sembrava prevalere la configurazione del canone come tassa, collegata alla fruizione del servizio, in seguito lo si è piuttosto riconosciuto come imposta, secondo cui il canone è dovuto anche per la detenzione di apparecchi atti alla ricezione?, a prescindere dalle modalità di diffusione del segnale, di programmi radiotelevisivi. Per la precisione, la Corte configura il canone come un??imposta di scopo, destinato alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. Canone che è necessario alla RAI per svolgere, con una gestione economicamente equilibrata, le funzioni di servizio pubblico. Il servizio pubblico si estrinseca quindi attraverso una attività, spesso dettagliata dalla legge e dal Contratto di servizio, ma è innanzitutto insito nell??azienda che lo svolge, la quale  trae la sua legittimità dall??atto di Concessione da parte dello Stato. Quindi, il canone è un??imposta, il servizio pubblico si estrinseca nell??attività dell??azienda concessionaria, la RAI, che proprio per tale ruolo riceve il canone stesso.

Per superare gli ostacoli che il canone potrebbe opporre alla privatizzazione, la legge Gasparri impone alla RAI la separazione contabile ( come già richiesto anche dalla Commissione europea). In tal modo, si presuppone di dividere contabilmente le attività di servizio pubblico, finanziate dal canone, e quelle cosiddette di mercato, finanziate dalla pubblicità e dalle vendite.

Innanzitutto, va rimarcato che la conoscenza della destinazione del canone, garantita dalla stessa separazione contabile, è una positiva operazione di trasparenza che rafforzerebbe la legittimità del Servizio pubblico. La RAI avrebbe dovuto farlo già da tempo e non sulla base di un??imposizione di una legge. Nel contempo, va ribadito che esistono dei limiti oggettivi alla separazione contabile: se la si intende come una sorta di sdoppiamento del bilancio, come forse ipotizzavano gli estensori della Gasparri, si ritiene che non possa essere assolutamente effettuata e quindi gli ostacoli della ??privatizzazione del canone? continueranno a permanere. Secondo i dettami della cosiddetta ??partita doppia?, un??effettiva e dettagliata separazione contabile si ottiene solo grazie alla separazione societaria oppure con un modello organizzativo divisionale. Nel nostro caso, però, il risultato massimo che si può ottenere dalla separazione contabile è la conoscenza, di per se positiva, delle destinazione per grandi aggregati delle risorse.

Già durante la gestione del Presidente Zaccaria, furono effettuati interessanti analisi sulla finalizzazione del canone per aree di attività (fu, tra l??altro, dimostrato che i proventi da canone non erano sufficienti a finanziare la totalità delle attività di servizio pubblico). Si può arrivare anche a stabilire quali siano i singoli programmi radiotelevisivi che hanno una valenza prevalente di servizio, e quelli che, invece, hanno peculiarità prevalentemente commerciale.

Infine, si potrebbe conoscere, con un discreto grado di approssimazione, il dettaglio di ogni programma aziendale. Per i costi delle svariate attività aziendali, dalle relazioni pubbliche alla partecipazione ad un festival, dal parere dell??esperto di diritto del lavoro allo stipendio del direttore generale, od a quello del personale addetto alla reception, oppure ai costi della società di pulizie, si può soltanto prevedere, con ampi margini di discrezionalità, quali quote afferiscano alle due attività. In sostanza per i costi comuni, che rappresentano una quota rilevante dei costi complessivi, bisogna usare il metodo della contribuzione. Il margine di contribuzione indica la quota dei costi comuni da imputare al servizio pubblico o alle attività commerciali: non bisogna essere esperti della materia per intuire quanto sia discrezionale questo metodo. Difficile è poi verificare la provenienza dei ricavi.

Ecco tre semplici esempi:

1) La pubblicità inserita in un programma di servizio come dovrebbe essere considerata, un provento commerciale per via della tipologia del ricavo o un provento di servizio, per via del programma al quale è ancorata?

2) La pubblicità delle 19,50 di Raiuno va considerata di pertinenza dello spettacolo L??eredità o del TG1?

3) La pubblicità inserita in un programma commerciale è ovviamente un provento commerciale, ma quale è il contributo a quel provento degli investimenti fatti per la capillare diffusione del segnale, una attività prevalente di servizio pubblico?

In conclusione, sia dal lato dei costi sia da quello dei ricavi, la separazione contabile non può che avere un valore indicativo. Ed il risultato di esercizio? L??utile o la perdita non può che derivare dal raffronto del totale dei costi e dei ricavi: sarebbe inimmaginabile che una società quotata in Borsa presenti due bilanci con due differenti risultati di esercizio!

Immaginiamo ora cosa potrebbe accadere, in estrema sintesi, con la ??privatizzazione? alla Gasparri. I nuovi azionisti privati farebbero ovviamente di tutto per incrementare la resa del loro investimento. Sarebbero privilegiate le iniziative commerciali, mentre sarebbero sottodimensionate quelle tipiche del servizio pubblico. Poniamo poi che alla fine dell??anno, la ??nuova? RAI faccia registrare un consistente utile pari a 200 milioni di Euro, utile che garantirebbe un bel rendimento di circa il 7% ad i nuovi azionisti (abbiamo ipotizzato una situazione patrimoniale simile fra RAI e Mediaset). Ma  gli abbonati RAI, che sostengono gran parte delle finanze della società, resterebbero davvero sbigottiti nello scoprire di aver avvantaggiato i ??nuovi padroni privati?.

Difatti, all??inizio dell??anno avrebbero versato un canone di abbonamento di circa 100 euro, per avere un servizio pubblico; mentre alla fine dell??anno scoprirebbero che circa 8 Euro del loro canone sarebbero andati nelle tasche, come dividendo, di chi ha comprato le azioni della nuova RAI privatizzata. Davvero un  bell??intreccio fiscale!

Viviamo in un??epoca dove accade di tutto, ma il fatto che una parte di un??imposta si trasformi in un dividendo non si era ancora visto ?e speriamo di non vederlo!

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