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Articolo 21 - Editoriali
I Pupi che raccontano Peppino Impastato
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di Gaetano Alessi

 Se vivessimo in un paese “facile” il significato del termine “memoria condivisa” avrebbe una definizione semplice: patrimonio collettivo di una nazione, di una comunità, che in essa si rivede, si unisce, trova aneliti di vita per andare avanti.In Italia però niente è di facile definizione. La “memoria” viene utilizzata per ricordare tragedie, per commemorare eventi infausti che hanno attraversato trasversalmente la storia di un paese “strano”, mai pacificato. La stretta di mano tra la moglie del commissario Calabresi e la vedova dell’anarchico Pinelli allevia due tragedie personali ma non onora, perché non analizza, la memoria collettiva d’anni di cui ancora oggi non abbiamo percezione. In Italia “memoria”, purtroppo, fa rima con “commemorazione”. Così il ricordo di Peppino Impastato si confonde con la campagna elettorale in corso e dura lo spazio di poche decine di ore: alcuni link su Facebook o la stanca riproposizione del film di Marco Tullio Giordana “I cento passi”. Poi il silenzio, per altri 365 giorni mentre gli amici di sempre, giù a Cinisi, continuano ad annaspare alla ricerca di fondi che permettano di continuare a conservarne la “memoria”. Ma anche in questo paese dalle mille contraddizioni, dove il premier dopo quattordici anni una mattina d’aprile si sveglia e si riscopre antifascista, c’è la faccia non oscura della Luna. Quella che sorride ai pazzi, ai coraggiosi. Quella che guarda al futuro ma che ricorda e crea “memoria condivisa”. Succede in un piccolo paese del palermitano, Caltavuturo, dove grazie alla passione di Angelo Sicilia è nato Il Museo dell’Opera dei Pupi Siciliani delle Madonie, dove la tradizione e la memoria siciliana si sposano con l’impegno civile. Lo fanno tramite i “Pupi”. Marionette di legno sospese da fili invisibili, che raccontano storie, che intrecciano, come un'invisibile sutura, sogni di ieri e speranze di domani. Tradizioni e memoria che viaggiano su binari gemelli, facendo nascere dalle parole “fiamme e serpenti”. Siciliani che ricordano, portano avanti la “memoria” di una terra martoriata, ma dove, come diceva Pippo Fava,: “non c’è popolo (i siciliani) che abbia tanto orgoglio e tanto amore per la vita”. Il 16 di maggio alle 21, i Pupi, in occasione della notte europea dei musei, daranno voce a Peppino Impastato, al suo grido: “La mafia è una montagna di merda”. Daranno carne e sangue ad un ragazzo che diceva quello che pensava e che usava l’ironia come lancia della sua furibonda richiesta di normalità…di libertà. Badalamenti, nell’arroganza del “potere” pensò che pochi grammi di tritolo potessero cancellarne non solo il corpo, ma anche il pensiero, la storia, il ricordo. Sbagliava. Peppino Impastato torna perché semplice ma coerente era il suo pensiero; torna perché per qualcuno, anche negli anni del silenzio dei media, non è mai andato via; torna per la forza di una madre per cui Peppino era il sogno, la speranza, il canto; torna perché per ricordare, per aver “memoria”, non si deve narrare di com’è morto un uomo ma, come fanno i Pupi di Caltavuturo, di com’è vissuto.

http://www.gaetanoalessi.blogspot.com/

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