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di Vincenzo Vita
E' una vicenda lunga quanto l'attuale legislatura.
Il "fattaccio" risale al decreto Tremonti (diventato l. 133. art. 44) di tagliare di netto il Fondo dell'editoria, la cui lunga trama comincia nell'agosto del 1990, con la l. 250. Sopravvissuto, ma ora utile più che mai, nell'era cross-mediale con (momentanea?) crisi, della carta stampata; eliminato il diritto soggettivo delle testate ad avere i contributi dopo i provvedimenti della destra - televisiva, autoritaria, populista -; si era finora ottenuto di salvare l'annata trascorsa (le risorse arrivano ovviamente l'anno successivo) e nient'altro.
La piccola "svolta"? Con il ddl 1195 sulle attività produttive si è riaperto il tema, con successo. Dopo un lungo confronto nella commissione competente per materia e in quella di bilancio si è arrivati all'art. 32 bis, dedicato proprio all'editoria. Insieme al collega Lusi del PD, a Butti del PDL e a Mura della Lega Nord si era presentato un testo finalizzato a ripristinare per il periodo 2009-2010 i fondi per l'editoria sulla base di 70 milioni l'anno. L'esito favorevole del voto ha sanato finalmente la gravissima ferita inferta dai tagli del decreto Tremonti e lo stesso articolato approvato nell'ambito del ddl sullo sviluppo aveva in precedenza avuto un iter parlamentare faticosissimo. E' previsto anche il rimborso a Poste italiane per la spedizione di periodici pari alla tariffa dei migliori clienti.
Dobbiamo dare atto al vasto movimento di editori, giornalisti e lavoratori dell'informazione di aver ottenuto un risultato di un'unità d'intenti tra le forze politiche.
Si salveranno per due anni, quindi, non solo i giornali di partito, bensì, tanti fondamentali fogli cooperativi e non profit, locali e per gli italiani all'estero o delle minoranze linguistiche, tra cui: Il Manifesto, Il Corriere Mercantile, La Voce di Mantova, Liberazione, Il Secolo, La Padania, L'Avvenire e numerosi altri. Almeno 29.
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