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Articolo 21 - Editoriali
OBAMA, NUOVO INIZIO CON L'ISLAM
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di Redazione

Barack Obama offre "un nuovo inizio" nei
rapporti tra Stati Uniti e mondo musulmano per spezzare il
circolo vizioso di "sospetti e contrasti" seguito all'11
settembre. Nello storico discorso pronunciato all'Universita'
del Cairo, il presidente americano ha chiesto di superare gli
stereotipi e di garantire la liberta' religiosa. "Sono venuto
qui", ha dichiarato Obama, accolto da una standing ovation,
"per chiedere un nuovo inizio tra gli Stati Uniti e i musulmani
nel mondo basato sugli interessi e sul rispetto reciproci e
sulla verita' che America e Islam non devono essere in
competizione". L'impegno e' a combattere gli stereotipi
negativi sull'Islam, ovunque affiorino" nella consapevolezza
che "l'Islam e' parte dell'America".
    "L'America non e' in guerra con l'Islam", ha assicurato il
presidente, ma "le novita' portate dalla globalizzazione hanno
portato molti musulmanmi a percepire l'Occidente come ostile
alle tradizioni dell'Islam".
    Il capo della Casa Bianca ha parlato di diritti delle donne
("rispetto le donne che scelgono di vivere le loro vite nei
ruoli tradizionali, ma deve essere una loro scelta") e della
liberta' religiosa che e' "centrale per la possibilita' dei
popoli di vivere insieme". Poi Obama ha rivolto lo sguardo al
conflitto israelo-palestinese, per il quale ha ribadito che due
Stati per due popoli e' "l'unica soluzione". "Mi impegnero'
personalmente per questo risultato", ha promesso, "e con tutta
la pazienza che questo compito richiede". Il presidente
americano ha assicurato che "l'America non tornera' indietro
sulla legittima aspirazione dei palestinesi alla dignita', alle
opportunita' e a uno Stato". Quanto a Israele, legato
all'America da "un rapporto incrollabile", Obama ha riaffermato
che "gli Stati Uniti non accettano la legittimita' degli
insediamenti in costruzione" che "devono essere fermati". Poi
l'autocritica sulle degenerazioni nella lotta al terrorismo:
"la paura e la rabbia" per l'11 settembre, ha osservato, "ci
hanno portato ad agire in modo contrario ai nostri ideali". Il
presidente americano ha avvertito che la crisi nucleare con
l'Iran e' arrivata "a un punto decisivo". "A nessuna nazione -
ha affermato il presidente americano - deve essere concesso di
avere armi nucleari e ogni nazione, come l'Iran, dovrebbe avere
il diritto di accesso al nucleare per scopi pacifici". Obama ha
assicurato che gli Usa non mirano a una presenza a lungo
termine in Afghanistan. "Non vi sbagliate, noi non vogliamo
mantenere le nostre truppe in Afghanistan, non puntiamo ad
avere basi li'", ha affermato. La guerra in Iraq, ha aggiunto
con velata critica all'Amministrazione Bush, ha "ricordato
all'America la necessita' di usare la diplomazia e ricercare un
consenso internazionale per risolvere i nostri problemi ogni
volta che e' possibile".

Tutti noi dobbiamo lavorare per
il giorno in cui Gerusalemme "sara' il luogo dove tutti i figli di
Abramo potranno mescolarsi in pace". E' questo l'esortazione che il
presidente americano Barack Obama ha lanciato nel suo discorso al
Cairo durante l'ampia parte dedicata al conflitto israelo-palestinese.
Un discorso nel quale ai toni ispirati del suo messaggio si sono
mescolati precise richieste politiche alle parti per giungere
all'auspicata soluzione con due stati. Un discorso nel quale Obama non
ha esitato a ricordare gli orrori dell'Olocausto degli ebrei, ma anche
come l'attuale situazione del popolo palestinese sia "intollerabile".

Dopo il terrorismo, "la seconda maggiore fonte di tensione che
dobbiamo discutere" e' quella del conflitto israelo-palestinese, ha
spiegato Obama. Il presidente ha ricordato il legame "inscindibile"
che unisce Israele e gli Stati Uniti e, facendo riferimento alla sua
visita di domani nel lager nazista di Buchenwald, ha definito
"ignorante e odiosa" ogni negazione dell'Olocausto. "Minacciare
Israele di distruzione, o ripetere vili stereotipi sugli ebrei, e'
profondamente sbagliato" ed impedisce la realizzazione della pace, ha
proseguito, in un riferimento alle parole del presidente iraniano
Mahmoud Ahmadinejad. "Ma e' anche innegabile che il popolo palestinese, musulmani e
cristiani, abbia sofferto nella ricerca di una patria", ha rimarcato
Obama, facendo riferimento "alle piccole e grandi umiliazioni
quotidiane" dell'occupazione. "Per questo -ha detto- non vi e' dubbio:
la situazione per il popolo palestinese e' intollerabile. L'America
non volgera' le spalle alle legittime aspirazioni palestinesi alla
dignita' e ad un proprio stato". Obama ha parlato di "due popoli con legittime
aspirazioni, ciascuno con una dolorosa storia che rende il compromesso
difficile da raggiungere". "E' facile puntare il dito" contro l'altro,
"ma se vedremo il conflitto solo da una parte, rimarremo ciechi
davanti alla verita': l'unica soluzione per le aspirazioni delle due
parti risiede nei due stati", ha affermato il capo della Casa Bianca,
sottolineando che tale soluzione e' "nell'interesse" d'Israele, la
Palestina, l'America e il mondo. "Per questo -ha promesso- intendo
personalmente perseguire questo risultato con tutta la pazienza
necessaria". Obama ha quindi invitato le parti a rispettare gli obblighi
della Road map. "I palestinesi devono abbandonare la violenza. La
resistenza con la violenza e l'omicidio e' sbagliata e non ha
successo", ha incalzato il presidente, richiamandosi all'esempio della
lotta pacifica dei neri d'America contro la segregazione. "E' tempo
che i palestinesi si concentrino su quello che possono costruire -ha
affermato- l'Autorita' palestinese deve sviluppare la sua capacita' di
governare, con istituzioni che servano ai bisogni del suo popolo.
Hamas e' sostenuto da alcuni palestinesi, ma ha anche delle
responsabilita'. ... Hamas deve porre fine alla violenza, riconoscere
i passati accordi e riconoscere il diritto all'esistenza d'Israele".

"Piu' di sette anni fa gli Stati
Uniti hanno dato la caccia ai Talebani ed Al Qaeda con un grosso
sostegno internazionale. Non siamo andati per scelta, siamo andati per
necessita'". A ricordare l'inizio dell'intervento in Afghanistan
all'indomani della strage dell'11 settembre e' stato il presidente
americano Barack Obama, sottolineando nel discorso pronunciato al
Cairo, come "Al Qaeda abbia ucciso quasi tremila persone quel giorno",
"donne, uomini e bambini innocenti, americani e di molti altri paesi
che non avevano fatto nulla per nuocere ad alcuno. E Al Qaeda ha
scelto di ucciderli spietatamente, ha rivendicato l'attacco e tuttora
afferma la propria determinazione ad uccidere su ampia scala".

"Non vi ingannate", ha proseguito Obama. "Non vogliamo tenere le
nostre truppe in Afghanistan. Non vogliamo basi militari li'.
"Ritireremmo volentieri ognuno dei nostri soldati se potessimo avere
fiducia nel fatto che non vi sono estremisti violenti in Afghanistan e
Pakistan determinati ad uccidere il piu' alto numero possibile di
americani. Ma non e' cosi'". Per questo, malgrado i costi altissimi,
l'impegno americano non verra' meno, ha assicurato Obama. "Nessuno di
noi deve tollerare questi estremisti. Hanno ucciso in molti paesi.
Hanno ucciso persone di fedi diverse, piu' di ogni altro hanno ucciso
musulmani". ha ancora ricordato Obama - ho
lasciato chiaramente intendere che l'America non e' e non sara' in
guerra con l'Islam. Ma continueremo instancabilmente ad affrontare gli
estremisti violenti che rappresentano una grave minaccia per la nostra
sicurezza. Perche' respingiamo la stessa cosa che i fedeli di tutte le
religioni respingono: l'uccisione di uomini, donne e bambini
innocenti. Ed ' il mio primo dovere di presidente proteggere i
cittadini americani". Obama ha infine sottolineato come la forza militare non possa da
sola risolvere i problemi in Afghanistan e Pakistan. "Per questo
abbiamo in mente di investire 1,5 miliardi di dollari ogni anno per i
prossimi cinque anni per associarci ai pachistani nella costruzione di
scuole, ospedali, strade ed imprese e centinaia di milioni per aiutare
gli sfollati. Ed e' per questo che stiamo fornendo oltre 2,8 miliardi
di dollari per aiutare gli afgani a sviluppare la loro economia ed
assicurare i servizi da cui dipende la popolazione".

     

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