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Articolo 21 - Editoriali
Dopo-elezioni. E ora che fare? Il PD, i riformisti e il disincanto per Berlusconi.
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di Gianni Rossi

Il plebiscito al 75% per Berlusconi non c’è stato: ha ottenuto solo 2,7 milioni di preferenze in cinque circoscrizioni (540 mila in media per collegio), meno dei 2,9 milioni e passa ottenute nelle europee del 1994 e 1999, il 25% della lista PDL. Insomma, il “prestigiatore-incantatore” di Arcore ha perso la sua personale battaglia per farsi piacere da tutti, come invece andava ripetendo fin dentro al seggio elettorale. Le bugie hanno le gambe corte…e a furia di propagarle via etere, Berlusconi si sta inimicando anche il suo elettorato meno supino, come gli elettori di AN e il pubblico conservatore legato a valori morali cattolici.

Anche il PDL si è fermato al 35% e non ha “sfondato” la soglia del 40-45%, come vaticinato dal premier. Gli italiani sono stati presi dal disincanto, dunque, ma non è ancora iniziata l’inversione di tendenza. Si è solo arrestata la deriva populista e reazionaria! 

La destra si è ripresa una rivincita immediata nelle elezioni provinciali e comunali, complice una sinistra, guidata dal PD, in molti casi sradicata dal territorio, priva di qualsiasi appeal, orfana di progetti distinti e alternativi alla destra in piena crisi economica e spesso autoreferenziale, con la scelta di gruppi dirigenti e candidati scelti più per il “giovanilismo” che per l’esperienza politica e il collegamento con le realtà sociali.

Il PD non è franato, si è stabilizzato al 26%, perdendo rispetto alle politiche, anche per la fuoriuscita dei radicali, oltre che per il richiamo dell’antiberlusconismo propagandato da Di Pietro con la sua Italia dei Valori.

E ora che fare?

Sul nostro sito già due convincenti interventi del portavoce Giulietti e di Tania Passa hanno tracciato analisi condivisibili e aperti ad altri contributi proprio per aiutare i democratici, i riformisti, la sinistra dentro e fuori il PD, ma anche tutti quei liberal-democratici che vogliono cambiare gli assetti potere nel nostro paese.

Due sono stati i fattori che hanno determinato lo stop alla deriva berlusconiana: la questione morale e l’occultamento della crisi economica e sociale. Il divorzio annunciato dalla moglie Veronica Lario e la sua denuncia pubblica dei “vizi privati”, la pruriginosa storia con Noemi, le veline promesse alla politica e l’uso dei voli di stato per passaggi aerei ad amici, orchestrali, ballerine e cortigiani vari, hanno contribuito ad un certo astensionismo e a svelare la faccia “padronale e da satrapo” che ha prodotto una disaffezione nell’elettorato conservatore e moralista di destra. Dall’altra parte, l’aver cercato mediaticamente di nascondere la grave crisi economica e l’inefficacia degli strumenti adottati a fronteggiare la crisi sociale ed occupazionale, ha spinto un elettorale popolare a riversarsi verso la Lega o ad astenersi.

In altri tempi di sarebbe detto che “il re è nudo”!

E certo a Villa Certosa, in Costa Smeralda, di nudi ne sono circolati parecchi, stando alle foto pubblicate dal quotidiano spagnolo El Pais.

Un’altra lezione è stata fornita da queste elezioni. Nell’opinione pubblica esistono due grandi tendenze ideali: la sinistra e la destra, entrambe variegate, con elementi di radicalità nei due campi e con posizioni moderate, che possono anche dialogare ma su posizioni distinte. Non esiste più la categoria del “Centro”, come nel Novecento veniva definita quell’area spesso determinante per le alleanze variabili dai politologi e dai sociologi. Oggi, in piena globalizzazione e nell’era della “comunicazione veloce”, internettiana, questa “categoria politica dello spirito” non funziona più.

L’elettorato è “fluido”, si sposta da destra a sinistra e viceversa secondo obiettivi pragmatici , interessi concreti, e sempre più anche per scelte comportamentali, etiche, culturali e messaggi mediatici.

E’ questo elettorato dinamico che bisogna intercettare, conquistare, stabilizzare con comportamenti coerenti, morali, con l’esempio di correttezza pubblica e privata, con progetti realmente alternativi alla parte avversa.

E’ un po’ come il Codice binario su cui viaggiano i computer: Non significa che esistono solo il bianco e il nero, ma che questi due colori fondamentali si possono intrecciare, diventare in una zona mediana grigio, come nel simbolo dello jin e jang: il bianco al centro contiene un punto nero e il nero al suo centro ha un punto bianco. Sovrano per il cambiamento e motore del gioco è il movimento. Così l’opinione pubblica si sposta da una parte all’altra, avendo al suo interno, a destra come a sinistra, elementi della parte contraria.

E’ caduto insieme al Muro di Berlino e delle ideologie, nate alla fine dell’Ottocento, anche il concetto di classe: non c’è più una classe proletaria detentrice della “verità rivoluzionaria”, motore dei cambiamenti pacifici o violenti, ma categorie sociali come gli occupati in maniera precaria o definitiva, disoccupati a tempo, cassintegrati, pensionati, giovani studenti e in cerca di prima occupazione, donne che lavorano in casa o che sono occupate e discriminate nei luoghi di lavoro. Ma anche professionisti autonomi, piccoli e medi imprenditori, che operano alla luce del sole e credono al sistema di regole di uno stato liberale e ad un’economia tutelata dalla concorrenza leale. Esiste ancora, è vero, un’area vasta del cosiddetto “sottoproletariato urbano”, espressione però di strati sociali sottacculturati, emarginati che vivono di espedienti, masse di emigranti non regolarizzati e a volte violenti. E poi, per l’Italia, c’è una vasta zona grigia di chi non paga le tasse o le elude, che cerca e trova tutti gli espedienti per dichiarare  poco e pagare ancora di meno le tasse.

E’ questo panorama fluido, in continuo movimento, dunque, nel quale un moderno partito progressista deve fare i conti e adeguare la sua linea politica, la sua strategia e le sue tattiche per sconfiggere la destra e conquistare il governo della nazione in maniera stabile.

Va quindi realizzata una politica di alleanze sociali e tra i partiti e i movimenti che si basi su idee-progetto che sappiano legare nuovi ideali (libertà dei media e tutela del libero accesso via Internet, difesa dei principi fondamentali dello stato liberale, come la separazione dei poteri, l’abolizione di qualsiasi conflitto di interessi in tutti i settori “sensibili”) a concetti ormai irrinunciabili per una società avanzata: welfare state capillare, pubblica amministrazione efficiente e telematica, presenza dello stato come regolatore del mercato e non come possessore di aziende a qualsiasi livello nazionale e locale, sostegno dell’iniziativa privata nei nuovi campi di ricerca e sviluppo sostenibile, liberalizzazione dei servizi ma controllo non gestionale delle grandi reti energetiche (gas, acqua, elettricità, telecomunicazioni, trasporti) attraverso forme parasociali, l’antitrust e la “moral suasion”, l’estensione di Autorità garanti in più settori sociali ed economici.

Un moderno partito democratico e progressista, quindi, non può solo fare affidamento sul rinnovamento continuo, sul “giovanilismo”, come se l’organizzazione interna e la scelta dei vertici si basasse su concetti di marketing o di pubblicità consumistica. Questa linea farebbe solo implodere il partito, trasformandolo in un insieme di correnti camuffate da associazioni correntizie, da gruppi interni di potere slegati da qualsiasi forma di “obbedienza gerarchica”. E gli eventi degli ultimi anni hanno dimostrato quale forza suicida abbia minato le fondamenta del PD e dell’Ulivo!

In un recente intervento il professor Prodi ha riproposto la sua visione di rinnovamento giovanilista del PD. Non è questa la strada da imboccare. Ottimo professore di economia industriale, grande manager pubblico quando fu presidente dell’IRI, Prodi, nonostante le due vittorie con al sua coalizione contro Berlusconi, si è poi rivelato come un debole e infruttuoso uomo di governo, troppo sensibile ai ricatti delle ali estreme e troppo legato ai concetti neoliberisti, monetaristi e privatizzatori in politica economica.

I giovani senza esperienza politica pratica e radicamento nelle realtà territoriali  creano danni irreparabili, come le elezioni provinciali e comunali hanno dimostrato. E il richiamo dello stesso Veltroni al ricambiamento giovanile non convince più di tanto!

L’esempio della nuova amministrazione americana è fondamentale. Barack Obama, tra i più giovani presidenti Usa, è comunque affiancato da uno staff di ministri e consulenti con una lunga esperienza specifica con età che supera di ben oltre i 50 anni. Paul Volcker, già presidente della Federal Reserve ai tempi di Carter e Reagan,  ha 82 anni ed a capo dello speciale ufficio che sovrintende gli interventi speciali dello stato nei settori economici in crisi, come l’auto, l’Economic Recovery Advisory Board. La Hillary Clinton, segretario di stato, in pratica la seconda carica dopo l presidente, ha 62 anni; mentre il vice di Obama, John Biden, ne ha 67. Esperienza, lunga militanza parlamentare, personalità aperti alla modernità  e agli scenari futuri!

La scelta della classe dirigente dovrebbe proprio su questi esempi basarsi sul metodo delle primarie a tutti i livelli, come forma innovativa di democrazia partecipativa, non esistendo più i partiti di massa a “centralismo democratico”, eredità del Novecento.

Il PD, dunque, che è al centro delle alleanze future per creare una coalizione in grado di scalzare il centrodestra deve senz’altro guardare sia alla sua sinistra, lanciando un ponte federativo con la sinistra radicale rimasta fuori dal Parlamento italiano e da quello europeo, come anche verso quelle forze più moderate come l’IDV di Di Pietro(oggi ancora troppo demagogico e solo antiberlusconiano) e quella parte dell’UDC di Casini meno sensibile ai richiami di Berlusconi, come i vari Tabacci e altri ledaer che si riconoscono nella CISL.

La strada è ardua e tortuosa, ma un nuovo gruppo dirigente, che uscirà dal confronto congressuale, non potrà non tenere conto di questo panorama in movimento. Soprattutto, dovrà gettarsi umilmente tra la società civile che chiede progettualità, idealità e valori etici al passo coi tempi della globalizzazione. Altro che scarnificarsi al proprio interno, suddividendosi tra ex-PCI-PDS, da una parte, ed ex-DC-Margherita, dall'altra!

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