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Articolo 21 - Editoriali
L'Autorità di Cheli finisce alla sbarra
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di Francesco Lener da .Com

La Margherita organizza un convegno-processo dedicato all'Agcom in scadenza. E le accuse piovono

Più che un convegno, un autentico processo. L'Authority di Enzo Cheli è finita alla sbarra di fronte al fuoco di fila di politici, tecnici e operatori della comunicazione, riuniti ieri nella sede nazionale della Margherita per fare un consuntivo dei primi sette anni di vita dell'Agcom. L'appuntamento, organizzato con cinica perfezione da Paolo Gentiloni, era stato evidentemente calendarizzato ben prima della pubblicazione dell'indagine conoscitiva dell'Antitrust sul mercato pubblicitario in tv, ma lo spregiudicato atto d'accusa sfornato la scorsa settimana da Giuseppe Tesauro al duopolio televisivo non ha fatto altro che aizzare gli animi in chiave ipercritica all'indirizzo dei garanti delle Comunicazioni, assai più prudenti, esitanti, balbettanti, a volte contraddittori nel giudicare la scandalosa "anomalia italiana" del conflitto d'interessi del premier.

E così, proprio come in un'Aula di Tribunale, l'accusa ha messo agli atti un corposo materiale probatorio (nella fattispecie il "Libro Bianco sull'Autorità delle Comunicazioni" firmato dalla Margherita), ha fatto sfilare una lunga litania di testimoni, ha puntato il dito contro l'intera squadra dei commissari napoletani in scadenza di mandato (incautamente presenti all'appuntamento), dando facoltà all'imputato di un'ultima, estrema arringa difensiva. La sentenza? Assoluzione per ciò che riguarda la regolamentazione dell'universo telecomunicazioni, condanna pesante sul fronte dell'audiovisivo, specie in materia di vigilanza e sanzioni.

Qualche voce. Gentiloni: «Lâ??Autorità ha deluso le aspettative sul punto più delicato per i suoi riflessi politico-istituzionali: il duopolio televisivo non è stato messo in discussione, anzi gode di ottima salute. Un'anomalia-record che si concretizzerà, tra poche settimane, nellâ??indicazione da parte del governo Berlusconi del nuovo presidente dellâ??Autorità, che dovrebbe regolare le aziende di cui Berlusconi è proprietario. Sarà una sorta di epifania del conflitto d'interessi». Sebastiano Sortino (Fieg): «La legge Maccanico fissava al 30% il tetto per la raccolta di risorse nel sistema. Nessuno contesta che quella norma sia stata violata da Rai e Mediaset, ma allora perché non accade nulla? O ci sono i provvedimenti o l'Autorità non ha fatto ciò che doveva». Enzo Carra: «Tesauro è stato chiaro.

Non c'è quasi nulla su cui le due Autorità giudichino in modo organico. Non si capisce il motivo di una tale disparità di vedute». Roberto Zaccaria: «L'Agcom non ha tutelato il cittadino su diversi fronti, né può giustificare la mancanza d'intervento con carenze legislative». Luigi Zanda (riferendosi al commissario Pilati, ritenuto grande tessitore della legge Gasparri): «Cheli dovrebbe evitare che ci siano componenti dell'Autorità che collaborano alla formazione delle leggi del Governo». Tullio Camiglieri (Sky): «Qualche giorno fa, nella sua indagine conoscitiva sulla tv, lâ??Antitrust ha sottolineato che incentivare esclusivamente i decoder per il digitale terrestre altera il mercato: su questo punto, invece, lâ??Autorità per le Comunicazioni non si è espressa».
Basta!! Così deve aver pensato Enzo Cheli chiedendo la parola, pur non essendo esplicitamente previsto dal programma un suo intervento. Ne è uscita una sorta di autodifesa, scivolata rapidamente verso l'autocritica, prima di trasformarsi in uno scaricabarile.

Ecco i passaggi clou: «La valutazione del nostro operato deve essere complessiva, non potete farci a pezzetti. Non ci si può criticare perché le regole sugli spot nelle partite non sono rispettate. Questa Autorità ha vigilato poco, anche per mancanza di risorse, ha irrogato sanzioni poco efficaci, a causa di un meccanismo da rivedere. Sulle posizioni dominanti stavamo per arrivare alla sanzione quando il potere politico ci ha "sfilato" la decisione, cambiando le regole. E' stato più facile trovare soluzioni laddove gli interessi da regolare erano economici e di dimensione sovranazionale, mentre laddove erano in gioco interessi nazionali, più legati alla sfera politica, câ??è stata maggiore resistenza allâ??applicazione delle regole». Cioè, praticamente, è tutta colpa delle berlusconiche pressioni. Ma ci si consoli. Concludendo l'assise, Francesco Rutelli ha dato la sua parola: «Quando saremo al governo, cambieremo strada». C'è da toccare ferro.

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