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Articolo 21 - Editoriali
A volte i fatti gridano vendetta.
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di Carlo Rognoni

I fatti. A volte i fatti gridano vendetta. Comunicano stupidità, arroganza, irresponsabilità. Sono più eloquenti di un’opinione. Il semplice elenco degli ultimi fatti che hanno investito la Rai ci fa capire in che mani siamo: un premier senza pudore e senza vergogna che usa il servizio pubblico per asservirlo ai suoi interessi e a quelli dei suoi alleati.

Già la prima scelta, quella del direttore generale, la dice lunga: non un manager, non un grande esperto di televisione, bensì un dirigente di palazzo Chigi più aduso a tessere rapporti con il potere che a governare palinsesti e reti televisive.

Se prima bastava un vice direttore generale, adesso ne servono quattro. E l’assalto alla diligenza ha preso il via. Tra i quattro vice si è deciso di dare l’incarico più delicato ad Antonio Marano: a lui, infatti, il compito di supervisionare i contenuti, tutto quello che la tv manda in onda. Forse perché Marano ha lo spessore culturale, la competenza, per svecchiare l’offerta, per dare una risposta alla domanda di maggiore qualità? Di sicuro c’è solo che Marano in  quel posto lo ha voluto la Lega Nord.

E alla guida del Tg1, il più seguito e il più prestigioso, la macchina dell’informazione Rai che ha più di cento giornalisti? Minzolini è un cronista, un esperto in retroscena, in gossip, che non ha mai diretto altri che se stesso. Il suo esordio? Nascondere le notizie sulle escort e sugli eccessi sessuali del Capo.

E dire che un bravo direttore di destra alla Rai c’era! Mazza di An ha tenuto per anni le redini del Tg2. Ebbene a lui è toccata Raiuno. Che ne sa di spettacoli di intrattenimento, di programmi per l’access time, di come far lavorare Celentano, Fiorello, la Clerici, Paolo Conti? Imparerà.

E il Tg2? A Orfeo, un  professionista della carta stampata, catapultato dalla direzione de Il Mattino di Napoli a Saxa Rubra. Conosce il mestiere della tv? Beh, è stato spesso ospite di Bruno Vespa nella trasmissione “Porta a porta”. Auguri! E’ comunque davvero scandaloso che per trovare un direttore di un tg la Rai debba guardare fuori quando in casa ha la bellezza di mille seicento giornalisti, di cui almeno una trentina sono direttori o vice e più di 250 sono capi redattori.

Completa il quadretto la scelta di Liofredi a Rai due. Ma non doveva essere la rete federalista? E poi qual è il mandato assegnato a Liofredi? La seconda rete è quella che più di tutte ha bisogno di darsi una identità, è quella che oggi sente e soffre di più la concorrenza di Italia 1, alla ricerca come è di un pubblico giovane.

C’è un tasso di improvvisazione e di superficialità che lascia sbalorditi. L’unica logica che si capisce è quella della spartizione… fra Pdl – ma ancora conta l’appartenenza a Forza Italia e ad An – e Lega Nord. E il direttore generale in questa fase assomiglia tanto a un apprendista stregone! Che mescola tuttavia solo pozioni indigeste e avvelenate.

Che c’è di vero poi nella proposta di “spacchettamento” della radio? Per far fuori Caprarica che oggi ha la responsabilità di tutta l’informazione radiofonica, ci si sta per inventare una radio divisa in tre. Per una coalizione fatta di più partiti e con tanti amici da sistemare è meglio avere tre direttori piuttosto che uno solo, o no!

E ne vedremo ancora delle belle. Difficile immaginare che il posto a RaiNews 24 di Corradino Mineo, che è bravo e sta facendo bene, non faccia gola a qualche altro. E Rai Italia? Vuoi che il premier non voglia mettere le mani su quello che la Rai trasmette all’estero?

Anche così si uccide un servizio pubblico.

Finora si sono salvati da questo giro di poltrone solo Ruffini di Raitre e Di Bella del Tg3. Ma perché sono bravi e riconosciuti come tali? Sono sicuramente bravi. Ma forse che è quello che conta? Perfino il neo presidente Garimberti si è lasciato contagiare dal clima. Ha dato una spiegazione sconcertante al suo voto favorevole a Liofredi. Una scelta di eccellenza? No, di certo. Ma comunque meglio lui, visto che altri candidati proposti erano peggio. E poi ha fatto capire che votando Liofredi ha ottenuto –come gli avrebbe chiesto Franceschini – di non toccare Ruffini e Di Bella. Eh si, perché nella logica della più brutale spartizione, su questi due posti della terza rete è il Pd che avrebbe qualcosa da dire. E che si fa? Si aspetta di vedere chi vince il Congresso e solo dopo si mettono le mani sulla terza rete? Povera Rai! Ma anche, povero Pd! Chissà se al Congresso ci sarà il coraggio di denunciare con forza l’attuale sistema e dare battaglia in parlamento sulla legge Gasparri! O anche nel Pd si continua a pensare che tanto la Rai non è un’azienda ma una preda che spetta al vincitore?

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