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Articolo 21 - Editoriali
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di Simone Luciani

Gira gira, c’è il rischio che l’introduzione della pillola abortiva si trasformi in un boomerang. Da quello che capita di leggere in questi giorni, pare proprio che in un modo o in un altro il governo e parte della maggioranza vogliano mettere mano alla legge 194. Linee guida, atti di indirizzo, tagliandi e tagliandini, dibattiti parlamentari sulla sicurezza della pillola (proposti dal noto farmacologo Maurizio Gasparri)… ne abbiamo lette parecchie, e tutte suonano male. Vedremo. Intanto, però, diversi spunti di riflessione ce li offre Severino Poletto, arcivescovo di Torino. Fra comunicati, interviste e interventi vari deve aver passato l’intera giornata di ieri in compagnia dei giornalisti. Le dichiarazioni più interessanti le ha rilasciate a Repubblica.
Poletto muove da due presupposti. Da un lato ribadisce che l’aborto è un omicidio. Dall’altro che ciò che porta a scegliere l’interruzione di gravidanza sono “modelli di comportamento sessuale sbagliati”. Ci permettiamo di volgarizzare, con tutto il rispetto per il pensiero di Poletto: la donna che abortisce è e rimane per la Chiesa, come rinfacciavano a ragione le femministe, una “puttana assassina”. Da un lato questi chiarimenti ci sollevano. Per settimane, infatti, abbiamo ascoltato preoccupati allarmi, da parte delle gerarchie vaticane e del mondo cattolico integralista, sui presunti rischi per la salute delle donne che scelgono l’aborto farmacologico. Finalmente, la maschera è gettata e la commedia è finita: il problema non è la salute della donna (cui pure Poletto non rinuncia a fare accenno) ma l’aborto. “Si è parlato molto delle donne e poco dei bambini che quella pillola uccide”. Per bambini, evidentemente, Poletto intende gli embrioni e i feti, ma non vogliamo cavillare sulle dispute bioetiche. Perché, tra le righe, termina un’ulteriore farsa: per Poletto, e per i tanti o i pochi che la pensino come lui, il primo problema non è la tutela del feto o dell’embrione, ma il “modello di comportamento sessuale sbagliato”. Finalmente arriva l’ammissione: sì, l’aborto è un problema, ma secondario rispetto a ciò che precede l’aborto. Facendo poi il collage con quanto detto dallo stesso Poletto a La Stampa, il panorama è sempre più chiaro. Alla domanda del vaticanista Giacomo Galeazzi se la Chiesa auspichi un intervento governativo, il cardinale premette che non sta a lui (bontà sua) indicare lo strumento tecnico, ma che è “utile e auspicabile tutto ciò che serva a fermare questa scandalosa soppressione di vite innocenti”. E, in chiusura, a completamento del quadro, arriviamo all’inevitabile pedaggio richiesto alla politica: “Mi preoccupa l’afasia dei cattolici impegnati in politica […] Eppure dovrebbero essere lì in rappresentanza dei valori cattolici”. Non quelli della Costituzione, della Repubblica, della democrazia, di una parte politica. Di una Chiesa.
Ecco perché, se da un lato le dichiarazioni di Poletto ci sollevano, dall’altro ci inquietano. Perché la richiesta è pesante: è quella, infiocchettata in un’abile opera di packaging, di imporre i valori della Chiesa, e possibilmente i “modelli di comportamento sessuale” che il Vaticano ritiene giusti. Di imporre, insomma, i valori espressi da Poletto in questa intervista, che mostrano, però, un terrificante deserto: quello della sensibilità umana e della carità cristiana.

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