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Articolo 21 - Editoriali
Da Prato parte il treno del razzismo
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di Gaetano Alessi

Prato. Mattina di metà agosto. Stazione centrale sommersa di passeggeri in attesa di rientrare o andare in vacanza. Percezione cromatica eccezionale scandita da dialetti tanto diversi quanto, nella loro melodia, bellissimi. In fondo la cittadina toscana è il crocevia di chi si vuole recare in Versilia o scegliere mete come Bologna o Milano. Cosa risaputa da tutti. Tranne, sembra, dal Governo in carica. Quando si arriva la prima cosa che si nota in mezzo ai binari sono due ragazzoni nerboruti vestiti di tutto punto, nonostante un´afa bestiale, con il pantalone della divisa ben dentro gli anfibi. "Drop armata" si chiama in gergo. Eccoli sono proprio loro, i prodi soldati dell´esercito italiano mandati a presidiare i luoghi "caldi" delle nostre città. Pensare che una stazione ferroviaria toscana alle 10 di mattina sia un luogo "a rischio" lascia perplessi, ma cosi è. Nulla di strano se si pensa che Prato, dopo sessanta anni di giunte "rosse", è passata al centro destra e quindi l´amministrazione attuale applica le politiche che il governo impone, o consiglia. I due militari, muniti di un manganello lungo mezza gamba e di una “beretta” portata con nessuna grazia al fianco, sono accompagnati da una poliziotta cinta in abiti cosi succinti da far mancare l´aria solo al guardarla. Il che fa sorgere una domanda spontanea: ma perché in Italia anche le poliziotte devono essere vestite da veline? La cosa che stona è vedere su chi si posa l´attenzione dei tre rappresentanti dell´ordine pubblico: asiatici, magrebini, uomini e donne dell´est europeo. In una parola "stranieri", basta che siano stranieri. Non importa che tu sia giallo, nero, bianchissimo, basta che tu non abbia l´accento italiano ed ecco che parte il controllo. Se non sai parlare l´italiano perdi anche il treno, come accaduto ad un turista asiatico che, contravvenendo alle precise disposizioni leghiste d´imparare il dialetto della zona che si va a visitare, ha avuto l´ardire di arrivare in Italia senza conoscere l´Italiano. Sicuramente non sbaglierà una seconda volta. I tempi cambiano, una volta bastava avere i capelli lunghi e qualche orecchino per avere le attenzione degli agenti indipendentemente a quale ceppo di provenienza appartenevi, ora basta essere "Forestiero", magari anche nella patria che hai scelto come seconda casa. I capelloni se ne facciano una ragione, sono fuori moda per il Governo. Ora porta più voti il gioco "rimbalza il clandestino". Ma nella terra di "Papi" non tutti gli stranieri sono uguali. Basta notare lo sguardo fisso dei militari in un punto particolare aldilà dei binari. Seduto a terra appoggiato ad un palo c´è un ragazzo: barba, orecchini, legge Repubblica. I due continuano a guardarlo insistentemente, si scambiano battute. Sorge il dubbio: chiederanno i documenti anche ad un Italiano? Ad un tratto una mossa inequivocabile della mano lascia cadere ogni speranza. Nello stesso cono visivo del giovane barbuto vi è una ragazza con una scollatura generosa valorizzata da un tatuaggio tribale, i tratti dell´est europeo, gli sguardi dei tutori in uniforme sono meno cattivi rispetto a quelli lanciati al cingalese di cui stanno controllando i permessi (regolari). La considerazione finale è che in Italia essere "bona" se non ti porta a Villa Certosa almeno ti salva anche dai controlli della Polizia. I treni nel loro via vai portano via gli avventori, immobili restano solo i tre militari. Immobili come il nostro paese. Da Prato, Toscana, zona "calda" per il governo italiano sembra sia partito anche l´ultimo treno... quello della decenza.

http://gaetanoalessi.blogspot.com/

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