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Articolo 21 - Editoriali
L'amico di Gheddafi
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di Nicola Tranfaglia*

L’esibizione a Tripoli ieri delle Frecce Tricolori conclude, in maniera provvisoria, un capitolo della politica estera di
Silvio Berlusconi di cui è difficile non vergognarsi nell’Italia di oggi.
L’attuale presidente del Consiglio ha firmato un trattato di amicizia tra la Libia e l’Italia che si fonda sul versamento di 5 miliardi di euro da parte del nostro paese a titolo di risarcimento per il dominio coloniale che l’Italia fascista esercitò a lungo in Africa ma soprattutto per ottenere dal dittatore Gheddafi la promessa di non inviare immigrati libici in Italia e accettare che questi siano respinti ancor prima di essere identificati e giudicati o non meritevoli di asilo politico.
Questo avviene in una situazione nella quale lo stesso Gheddafi ha carceri e luoghi di confino coatto nei quali i diritti umani proclamati dalle Nazioni Unite fin dal 1948 e dall’Unione Europea con la dichiarazione di Nizza dei diritti umani nel 2000 non sono previsti né rispettati.
Insomma il nostro paese accetta una chiara violazione dei diritti fondamentali  per i cittadini libici e paga la Libia di Gheddafi purchè non invii o si riprenda i propri disperati emigranti verso l’Italia.
In aggiunta Berlusconi ottiene, oltre al petrolio (ottocentomila barili al giorno in base all’accordo con l’Eni di Scaroni) commesse per i suoi amici imprenditori per costruire strade, case e altre opere pubbliche utilizzando quelle stesse imprese italiane che negli anni scorsi si sono segnalate per inefficienza e malaffare come la nota Impregilo, tuttora  coinvolta nel processo penale  in atto contro gli speculatori politici ed economici dei rifiuti campani.
Né la memoria delle attività terroristiche svolte in maniera diretta o indiretta da Gheddafi e dai suoi seguaci (fino alle feste per il ritorno in patria del terrorista Abdel al Baset al- Megrahi, autore dell’attentato di Lockerbie nel 1988) ha impedito a Berlusconi di essere almeno più cauto di fronte alle profferte interessate del dittatore libico.
Se i nostri mezzi di comunicazione, a cominciare dalle televisioni pubbliche e private e dai quotidiani più diffusi, facessero bene il loro mestiere questi elementi di fondo dell’accordo Italia-Libia e dell’amicizia tra Gheddafi e Berlusconi sarebbero emersi con chiarezza e gli italiani sarebbero stati in grado di esprimere un’opinione informata sulla politica estera italiana.
Rendersi conto, cioè, che il presidente del Consiglio ha scelto l’amicizia con la Libia di Gheddafi e la politica della Lega Nord sull’immigrazione e il reato di clandestinità e attacca invece  l’Unione Europea perché la commissione ci ricorda, con i suoi legittimi  portavoce, che abbiamo firmato la Convenzione di Ginevra del 1951 che non prevede respingimenti come quelli praticati da un anno a questa parte.
Questo purtroppo non succede per assenza di informazione  e il rischio che le pochissime voci difformi come ad esempio  “la Repubblica” di Ezio Mauro e  il TG3 di Antonio Di Bella  vengano messe a tacere è assai forte di fronte all’imminente varo del disegno di legge Alfano sulle intercettazioni telefoniche e sulla conseguente soppressione della cronaca giudiziaria.
Sicchè l’Italia è sempre più un paese privo di informazione degna di questo nome e molto lontana da tutte le democrazie dell’Occidente, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania che ogni giorno ci ricordano con i loro maggiori  quotidiani di destra e di sinistra il precipitare costante del nostro paese verso un regime autoritario,.
Un regime che noi chiamano populismo autoritario e che si differenzia dal fascismo mussoliniano più nelle forme esterne  che nella sostanza.
Togliere a una democrazia  moderna la libertà di informazione e dare all’esecutivo un potere debordante rispetto al parlamento sono elementi già acquisiti in questo primo anno di governo e altri sono previsti per impedire nei prossimi mesi e anni ai magistrati di indagare e ai giornalisti di scrivere.
A questo punto i casi sono due: o un numero ampio di italiani e particolarmente di giornalisti si mobiliteranno per reagire al degrado civile  che sta avanzando o Berlusconi attuerà fino in fondo  il piano della P2, spegnendo qualsiasi velleità dell’opposizione parlamentare e civile.
Non c’è molto tempo ancora  per reagire e ci auguriamo che la manifestazione pubblica della Federazione Nazionale della Stampa abbia il peso e il rilievo necessario a smuovere le coscienze di tutti i democratici di qualsiasi partito o associazione della società civile.

*www.nicolatranfaglia.com

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