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Articolo 21 - Editoriali
La tragedia di Socrate (e Dellâ??Utri)
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di Gianfranco Capitta

Quella che si è svolta lunedì sera a Roma, al teatro Valle, potrebbe essere vista come una â??divertenteâ? serata da comica finale, di quelle che la memoria ginnasiale associa agli exploit futuristi di Martinetti e dei suoi amici. In platea un impettito pubblico assai omogeneo (tutto o quasi di Forza Italia), sulla scena una rappresentazione che viene improvvisamente a mancare perché lâ??attore non se la sente più di interpretare la sua parte, parapiglia, disdette, il pubblico in attesa che ostruisce la via davanti al teatro, soluzione di mediazione che rinuncia al â??recitalâ? sul tema della morte di Socrate nientemeno, drammaturgo il filosofo Platone, per passare allâ??atto successivo, ovvero il dibattito (incubo di Nanni Moretti) che verte sulla vicenda processuale del senatore Dellâ??Utri con alti rappresentanti istituzionali come lâ??avvocato Contestabile che a palazzo Madama presiede una commissione. Il solito anatema contro i giudici questa volta si scherma addirittura dietro il più razionale e radicale dei filosofi classici, e lâ??effetto mediatico è assicurato.
I giornali ieri hanno riportato la notizia con un misto di curiosità e riprovazione, ma anche con un senso di inevitabile â??resaâ?. Lâ??exploit filosofico di Dellâ??Utri  che sproloquia senza senso delle proporzioni sulla Apologia di Socrate e quindi â??naturalmenteâ? sul proprio caso, fresco della condanna a nove anni inflittagli due giorni fa dal tribunale di Palermo per â??concorso esterno in associazione mafiosaâ?, diventa notizia, per quanto critica. In realtà da tempo luoghi comunitari vengono occupati per personalissime autodifese senza contraddittorio da parte di condannati freschi per illeciti pubblici: il salotto di Bruno Vespa sâ??illumina dâ??immenso Previti che, condannato da un tribunale,  attaccare senza limiti e in tutti i modi chi ha osato condannarlo.
Lunedì sera però, lâ??occupazione di un bene pubblico a scopo privato è stata se possibile ancora più grave di quella abituale di Porta a Porta o di certi tg o di certi messaggi a reti unificate. Il Teatro Valle è un bene storico e culturale di tutta la comunità, prezioso, e che dal settecento ospita e veicola cultura. Non a caso lo stato, attraverso lâ??Ente teatrale italiano, ha preso molto tempo fa dal marchese Capranica del Grillo la gestione del complesso, proprio perché quella sala ha caratteristiche tali (dallâ??acustica al rapporto ideale tra la scena e lo spettatore), che ne fanno una delle più belle e perfette in Italia.
Il senatore Dellâ??Utri ha purtroppo un incomprimibile pallino per la cultura,  è più forte di lui. Oltre ai meriti nella organizzazione di Forza Italia a partire dalla discesa in campo e a tutti i favori e i consigli avanzati al suo leader nonché proprietario della Mondadori, è stato lui a consigliargli di associare alla memoria paterna il carisma filologico della Fondazione Lorenzo Valla, fino a creare in proprio poco tempo fa a Milano la Biblioteca di Via Senato, con annessi salotti e pubblicazioni. Lâ??unica delusione Dellâ??Utri lâ??ha avuta su un punto al cui smalto ha dovuto rinunciare: era quasi riuscito per complicate vie a dirigere il Lirico di Milano, succedendo di fatto al Piccolo di Strehler. Non câ??è riuscito, ma in compenso porta in tournée da tempo questa Apologia di Socrate che finiva ogni sera come â??Apologia di Marcelloâ?, nella fretta schematica dei suoi spettatori, professionisti e forzitalioti scelti che non andavano tanto per il sottile.
Lunedì sera il meccanismo si è inceppato, perché lâ??attore Carlo Rivolta, che pure ogni sera, a tappeto, per infinite sere, aveva messo in moto il meccanismo scenico (ancora due settimane fa in un rinomato teatro di Frascati), forse per la sentenza di Palermo, non se lâ??è più sentita. E il pubblico di selezionati invitati (tutti di Forza Italia o delle vicinanze, in ogni caso cultori di filosofia, dalla portavoce già-attrice Elisabetta Gardini al ministro Sirchia al già sottosegretario Sgarbi, chissà poi quanto platonici, neoplatonici, postplatonici?) ha dovuto rinunciare al racconto in prima persona della condanna dellâ??innocentissimo Socrate. Eâ?? stata loro ammannita solo quella del senatore Dellâ??Utri, anche lui condannato dal tribunale (per fortuna non alla cicuta), Palermo come Atene.
Peccato solo, ma è un â??neoâ? lieve come tutti i trucchi teatrali, che quellâ??adunanza sia avvenuta in un luogo pubblico dove tanti teatranti veri non riescono a mettere piede; che il nuovo direttore generale dellâ??Eti abbia appena affermato in giro di voler cambiare musica rispetto alle gestioni amicalfamiliste degli ultimi tempi nellâ??ente; e che lâ??attore dopo aver preparato tanti monologhi da dialoghi platonici, testi ebraici e perfino dal manifesto di Marx-Engels, conquisti la sua fama solo per il gran rifiuto, senza nemmeno essere la Callas con la Norma. Aridatece il marchese Capranica del Grillo.

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