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Articolo 21 - Editoriali
Sogno una Rai capace di divertire, coinvolgere ed edificare
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di On. Salvatore Cardinale

Non è un caso che le sagge parole del Presidente della Repubblica abbiano aperto la più suggestiva delle dispute semantiche intorno a quel che si intenda per servizio pubblico radiotelevisivo. Un tema che rischia di scivolare nellâ??angelismo, nella ricerca delle essenze, in pura metafisica, se non si percepisce châ??esso incrocia la questione degli assetti, la natura della privatizzazione, il profilo generale di una produzione châ??è destinata, comâ??è stato scritto, non solo ai consumatori ma ai cittadini.
Dice il Capo dello Stato che, al di là dellâ??assetto aziendale, la televisione pubblica â??deve conservare, rafforzare, migliorare la sua attività di servizio pubblicoâ?. E indubbiamente coglie nel segno soprattutto quando, rilevandone le anemie con il richiamo al â??rafforzare e migliorareâ?, di fatto apre la caccia allâ?? â??espritâ? del servizio pubblico, alla sua anfibia natura, alla sua fuggente consistenza.
Ciò spiega il particolare interesse con cui si è riaperta la disputa su come perseguire e con quali parametri valutare lâ??effettività di un servizio che sia capace di portare insieme  valori e ascolti: insomma la pietra filosofale e lo snodo di una â??riforma moraleâ? capace di coinvolgere informazione, intrattenimento e cultura civile di un Paese.
Chiunque si sia cimentato, come a me è accaduto, con i profili e le esigenze della riforma di un ircocervo qual è la Rai e con i temi complessivi della comunicazione televisiva in Italia, ha finito con lâ??acquisire la convinzione che il ruolo del servizio pubblico va al di la della missione devoluta alla Rai e impegna quindi tutta lâ??area delle risorse televisive pubbliche e private, con la pretesa esigente di un modello valoriale sintonizzato con il sentire profondo del Paese e con le sue domande di qualità civile. E tuttavia, la Rai non può essere il tassello insignificante e precario di un meccano che tende alla virtù ma che, per le debolezze della carne, non riesce ad interpretarle e a proporle che mediante il folklore sociale e il brodino dei buoni sentimenti.
La Rai quindi non potrebbe che agire da leva strategica di unâ??idea generale del pubblico, assolvendo con tutte le sue reti, quindi come dorsale immaginativa e produttiva, alle finalità proprie di un servizio civile, alimentando una cultura, dando spazio ad una narrazione, delineando un percorso di lettura libero ed eticamente forte della vicenda nazionale non meno che delle storie di cui è ricca la provincia italiana, con uno sforzo di inquadrarle dentro lâ??orizzonte della vicenda globale. Più provincia, più Italia, più mondo legati da una sequenza in grado di dare sempre il segno di una coesione civile, di unâ??identità ricca e forte, della coscienza di appartenere alla storia di tutti.
Ecco un saggio di come è facile descrivere le essenze e di quanto è difficile introdurle nelle prose di una legge che si rivolge più alle regole che allo spirito dei tempi.
Tuttavia lâ??idea di una Rai, con una rete centrata sulla narrazione della storia civile del Paese, sul pluralismo informativo, sui grandi temi dellâ??Italia che cambia, una rete orientata al mondo e alla grande mutazione che coinvolge i sistemi, le società e le civiltà, e unâ??altra federale, calata   nella realtà di localismi, dialetti  e verità che sono il mosaico di unâ??Italia viscerale e autentica, lâ??idea di una Rai così articolata è quella che più si presta  ad essere attraversata, al di la delle alchimie azionarie, da una filosofia positiva del pubblico e da un profilo complessivo di servizio tali da connotarla come il traino di una più larga e diffusa pedagogia civile: capace di divertire, coinvolgere ed edificare.
Mi pare che di più non si possa dire. Se non che, come spesso accade, occorre essere grati a Ciampi per i richiami che saggiamente rivolge  ai nostri doveri di cittadini di un Paese che sembra non avere tempo per ripiegarsi sul senso vero dei suoi interessi.

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