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Articolo 21 - Editoriali
Torniamo a Piazza San Giovanni
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di Antonio Padellaro

Ã? tempo che lâ??opposizione tutta torni a piazza San Giovanni. Ã? un appello che lâ??Unità rivolge ai partiti del centrosinistra, ai sindacati, ai movimenti della società civile, a Prodi, a Fassino, a Rutelli, a Bertinotti, ai leader dellâ??Alleanza perché annuncino al più presto una grande, forte, orgogliosa, vibrante manifestazione di popolo. Pensiamo che sia giunto il momento di farlo perché ce lo ripetono in tanti che adesso basta, che qualcosa bisogna fare, che non ci si può rassegnare a unâ??illegalità così minacciosa e tronfia. Sono le tante persone normali che non ce la fanno più a guardare il mondo capovolto dove il ladro minaccia il giudice e il prepotente imperversa. Non ce la fanno più a subire la legge del disonesto.

Non ce la fanno più a vedere sul grande televisore unico la menzogna ridicola continuamente spacciata per verità. La Costituzione fatta a pezzi, la giustizia sotto attacco, mafiosi, usurai e criminali comuni prossimamente prosciolti per consentire lâ??impunità ai migliori amici del padrone, Previti e Dellâ??Utri (condannati per reati gravissimi con sentenze dei tribunali della Repubblica).
Ma anche se alla stampa internazionale più autorevole certe implicazioni del premier «fanno rizzare i capelli» (Lâ??Economist), forse tutto questo non sarebbe bastato, la misura non sarebbe stata colma, la pazienza avrebbe atteso ancora un poâ?? prima di farsi collera, se quelli non avessero esagerato; se chi abitualmente si serve di governo e parlamento per gli affari suoi non avesse esibito una tale intollerabile, spudorata tracotanza. Tre immagini che abbiamo visto tutti.

Il presidente del Consiglio, prescritto per la corruzione di un giudice che brinda a unâ??innocenza inesistente, circondato da festosi plauditores. Lâ??avvocato-imputato Previti che, alla Camera, nel momento dellâ??approvazione della norma detta salva-Previti, alza le braccia e stringe i pugni «come se avesse fatto gol» ( La Stampa), congratulato da una processione esultante di clienti. Il ministro della Giustizia Castelli che ringrazia Ciampi per avere buttato nel cestino la legge Castelli e si dichiara pienamente soddisfatto.
Con tutta evidenza Berlusconi, Previti e Castelli si prendono gioco del capo dello Stato e del popolo italiano. Si considerano invulnerabili, intoccabili, al di sopra della legge che è uguale per tutti tranne che per loro. Sfottono perfino. Sbagliano forse a festeggiare, a ridere a congratularsi lâ??uno con lâ??altro? No, che non sbagliano. Berlusconi è il premier più prescritto del mondo, ma lâ??ha fatta franca. Previti la farà franca. Quanto a Castelli, sa che la sua legge tornerà. Sbrindellata, rattoppata ma tornerà: è solo questione di tempo. Del resto, non si fermano davanti a nulla. Come il senatore di An Luigi Bobbio che a â??Omnibusâ? si permette di insolentire il presidente della Repubblica accusandolo di conflitto di interessi con il Csm. Davanti a personaggi di tale fatta si può restare a guardare? Si può tacere?

Diciamo piazza San Giovanni pensando a un sabato indimenticabile. Era il 14 settembre 2002, e a Roma, in un luogo di fede, di festa e di passione si radunò quella che lâ??Unità ebbe a definire «unâ??immensa forza tranquilla per la libertà e la giustizia». Berlusconi governava da un anno e mezzo e già se ne vedevano i segni. Parlò Nanni Moretti: tutti insieme per battere la destra. Parlò Vittorio Foa: oggi qui vedo il futuro. Insieme a Fassino câ??erano Cofferati e Rutelli. Il segretario dei Ds affermò che da quella piazza il nuovo Ulivo si sarebbe messo in marcia per vincere. Unâ??affermazione che sembrò azzardata e che invece ha portato bene: da quel momento e fino a ieri, Ulivo e centrosinistra hanno vinto tutte le elezioni. Quel sabato San Giovanni era colma di gente diversa: classe operaia e classe media, borghesia e ceti riflessivi, pensionati e gente di cinema, casalinghe e studenti, tutti richiamati da unâ??identica repulsione contro le liste di proscrizione Rai e le calunnie sparse a piene mani contro sindacato e girotondi, raffigurati come mandanti morali del terrorismo. Fu una grande giornata di speranza per lâ??opposizione, eppure qualcuno storse il naso e qualcun altro elaborò la dottrina del non basta dire no.

Ci furono altri cortei e altre piazze furono gremite. Ma poi quella voglia di protestare e di esserci è andata come tramontando nei cuori delle persone. Stanchezza? Disillusione? Rassegnazione? Non serve parlarne adesso anche perché câ??è un risveglio che va raccolto. Lâ??altra sera a piazza Navona con Moretti e Pardi erano in trecento a testimoniare contro il finto «pacchetto anticrimine». Ancora pochi ma forse sei mesi fa sarebbero stati pochissimi.
Ã? come se nel popolo dellâ??opposizione si stessero di nuovo accumulando energie e tensione politica. Uno stato dâ??animo collettivo che i leader del centrosinistra devono raccogliere presto e bene. Anche perché rispetto al settembre 2002 a protestare contro Berlusconi ci sono anche gli ex elettori di Berlusconi che hanno lasciato in massa la Casa delle libertà.

Il senso comune che unisce la sinistra che sâ??indigna e la destra che ha creduto in buona fede allâ??uomo dei sogni lo ha descritto bene su queste pagine Mario Segni, che uomo di sinistra non è, quando ha osservato che un Paese non rimane civile «se non ha un minimo di passione per la vita pubblica, se perde completamente il senso del giusto e dellâ??ingiusto, del lecito e dellâ??illecito». Può darsi che una parte di questa destra tradita aspetti un gesto, un invito dal centrosinistra. Una ragione in più per tornare a piazza San Giovanni. Lâ??Unità sta già lì e mette a disposizione di chi vorrà esserci le sue pagine.

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