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Articolo 21 - Editoriali
Professiamo il giornalismo delle domande
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di Pietro Nardiello

Prosegue il dibattito ed infiammano le polemiche su quotidiani, talk show televisivi e in occasione di qualsiasi raduno politico, la libertà di stampa e, per alcuni, addirittura di pensiero l’oggetto scottante della discussione. Nel mezzo, poi, i continui attacchi del Premier Silvio Berlusconi che, dopo aver querelato le redazioni de La Repubblica e de L’Unità, continua a vedere cospirazioni della Sinistra e delle penne rosse nei suoi confronti. Ad aggiungersi, poi, lo tsunami venuto fuori in occasione dello scontro tra Il Giornale e l’ Avvenire con le ormai note dimissioni del direttore Boffo. Le arringhe degli uni e poi il contrattacco degli altri ed infine, come al solito, tanta aria fritta. Nell’immediato futuro comunque la manifestazione promossa dalla FNSI e da Articolo 21, a Roma il 19 settembre, per difendere la libertà di informazione. Bene ha fatto, però, dalle pagine del quotidiano “Terra” Vincenzo Mulè a lanciare un invito alla riflessione affinché “questa kermesse non si trasformi in un evento auto referenziale”. Il giornalismo è oramai molto lontano dalle vere esigenze del lettore che non viene più informato né tantomeno invogliato al ragionamento. Nel frattempo si prosegue ad infarcire le pagine di quotidiani ed i tanti rotocalchi televisivi con solo gossip politico e con tanta inutile cronaca da parrucchiere. I problemi di questo Paese si riducono alle “incomprensioni” sorte tra Fini e Berlusconi, se sia giusto inserire tra le materie di insegnamento lo studio del dialetto oppure se Tonino (Di Pietro) rappresenta o meno la vera opposizione nell’arco parlamentare. Intanto le mafie  producono un terzo del PIL del Paese ma a nessuno sembra interessar. In Campania chi ancora governa, Antonio Bassolino e chi si prepara  a spodestarlo dal trono, Cosentino e Landolfi, devono rispondere alla giustizia. I beni confiscati alla camorra, anche quelli ristrutturati con ingente quantità di denaro pubblico rimangono, inspiegabilmente, inutilizzati. I rifiuti, spostati dalle strade di Napoli giacciono nelle periferie dove vengono sistematicamente bruciati con metodologia camorristica o riversati tal quale nelle discariche. Le acque marine utilizzate come sversatoi di liquami. Mentre nei comuni del casertano proseguono le assegnazioni di appalti, anche molto importanti, a ditte i cui rappresentanti hanno subito condanne per concorso in associazione mafiosa. Come se non bastasse la camorra si è infiltrata anche nel Terzo Settore e gli ultimi ritiri di certificati antimafia perpetrati a danno di cooperative e consorzi ne sono una oggettiva dimostrazione. Tanti fatti ma nessuna domanda. Nessuno si incuriosisce chiedendosi come mai avviene tutto questo dandone conto a chi legge. In realtà dal taccuino del giornalista è scomparsa proprio la quinta W, il perché. Ovvio e giustificata, quindi, la manifesta incapacità orami diffusa di domandarsi come mai continuiamo a mandare in Parlamento persone condannate con sentenza passata in giudicato. Questo giornalismo puzza di cipria e non di fango calpestato da scarpe curiose. Certo, perché il giornalismo lo si fa soprattutto con i piedi conoscendo i territori mentre gli editori lo preferiscono patinato e servizievole, senza domande ma con tanto rossetto e colori carnevaleschi. Se siamo consapevoli di tutto questo l’appuntamento di Roma potrebbe rappresentare un nuovo punto di partenza per una professione che non risponde più a quei principi deontologici che l’hanno generata e che adesso, quotidianamente, si prosegue a delegittimare per confondere ulteriormente le idee impedendo così che si raccontino i fatti, si scrivano nomi si indichino i responsabili. Perseguire questi obiettivi significa difendersi anche da chi vuole imbavagliare l’informazione facendone un uso padronale e ad personam.

 

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