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Articolo 21 - Editoriali
La Rai ha bisogno di noi
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di Giovanna Melandri

da L'Unità

Il sistema televisivo in Italia oggi è fortemente alterato dalla presenza sul mercato delle risorse pubblicitarie di un operatore, Mediaset, che agisce in condizione di semi-monopolio. La legge Gasparri, con l'introduzione del Sistema Integrato delle Comunicazioni (Sic) ha consentito di fatto l'incremento di questa concentrazione che non ha riscontro in nessun altro paese Europeo. Mediaset con quasi il 70% del mercato ha superato, infatti, persino i limiti della Gasparri. Alla Rai, invece, viene impedita per legge la crescita sul mercato attraverso il tetto alla raccolta.
L'anomalia che vede il Presidente del Consiglio controllare tanto il principale operatore privato quanto la Rai, servizio pubblico radiotelevisivo nazionale, ha creato una â??paludeâ? che blocca la concorrenza ed ostacola il pluralismo e la crescita dell'intero sistema della comunicazione. A questa situazione va aggiunta nella fase attuale una imprecisa definizione editoriale della Rai e l'avvio di un processo di privatizzazione dell'azienda il cui obiettivo non dichiarato è quello di stabilizzare ulteriormente l'anomalia italiana.
Tale progetto è improponibile tanto nei suoi presupposti politici quanto nelle sue conseguenze sul mercato: esattamente come tutti gli altri interventi operati nel settore dal Governo è stato concepito a beneficio di Mediaset e - lo ha ricordato l'Autorità Antitrust - intende risolvere mediante una parcellizzazione azionaria di uno dei due principali operatori, la Rai, un problema che, al contrario, è di liberalizzazione del mercato.
I vertici dell'azienda, pur sfiduciati dalla Commissione di Vigilanza con i voti di parte della maggioranza, hanno imposto ai bilanci tagli drastici per creare utili destinati a far crescere la quotazione in Borsa. Questo â??maquillageâ? dei conti si sta traducendo in un depauperamento delle risorse destinate al prodotto, contribuendo così ad impedire al servizio pubblico di esercitare in pieno le sue funzioni. Va ricordato, inoltre, che il ricavato della collocazione in Borsa non verrà reinvestito nel prodotto o nell'azienda ma andrà al 70% per il ripianamento del debito pubblico e per il restante 30% per gli incentivi all'acquisto dei decoder digitali.
Se questo è il quadro attuale, compito dei Ds e del centrosinistra è far comprendere che il Sistema della comunicazione italiano ha bisogno di altro. Che la Rai ha bisogno di altro. Regolamentare questo mercato, garantire più libertà, più concorrenza e allo stesso tempo più cultura e più servizio pubblico, infatti, non è solo un'urgenza democratica â??difensivaâ? davanti alla spavalderia proprietaria con cui il Governo Berlusconi si muove. Ã? molto di più. Ã? il terreno su cui lavorare per offrire all'Italia una reale prospettiva di crescita economica, produttiva, occupazionale ma anche culturale, morale, civile. Nella passata legislatura il centrosinistra ha mancato la riforma del sistema radiotelevisivo. Le ragioni di questo deficit riformatore sono state esplorate a lungo ed oggi ci interessa evitare che vengano compiuti ulteriori errori.
Il Sistema televisivo ha bisogno di reale trasparenza e concorrenza. Ha bisogno che la disciplina antitrust sia riscritta, rompa per davvero le incrostazioni dell'attuale duopolio e favorisca l'ingresso di nuovi operatori tanto nel mercato della tv generalista quanto in quello della offerta a pagamento. Così come nell'intero sistema della comunicazione si deve impedire che chi detiene posizioni dominanti in un mercato possa usarle come leva per acquisire un ruolo dominante nei mercati limitrofi.
Il passaggio del sistema dall'analogico al digitale terrestre va senz'altro incoraggiato ma calibrato nella sua tempistica - come sta avvenendo negli altri Paesi europei - evitando le forzature oggi in atto che rischiano di tradursi in un â??trasferimentoâ? nei nuovi mercati dei vecchi monopoli. Anche gli incentivi all'acquisto dei decoder, senz'altro utili, vanno ripensati (sono previsti altri 110 milioni di Euro in Finanziaria) in una fase come quella attuale nella quale ben altre sono le priorità delle famiglie. E, soprattutto, devono essere destinati in maniera neutrale a tutte le modalità di trasmissione del digitale non solo ad alcune come prevede la Gasparri.
E la Rai? In tutta Europa la riflessione politica sul ruolo dei servizi pubblici televisivi - che da noi è stata rilanciata autorevolmente pochi giorni fa dal Presidente Ciampi - sta producendo esiti e risultati che vanno nella direzione totalmente opposta rispetto al processo di privatizzazione avviato nel nostro Paese. Il rapporto Clément in Francia, il dibattito avviato intorno al rinnovo della Convenzione tra Governo inglese e BBC, il destino della tv spagnola ruotano intorno alla definizione delle nuove priorità e della nuova missione dei servizi pubblici radiotelevisivi nei nuovi scenari della digitalizzazione e della moltiplicazione dei canali di trasmissione.
A mio avviso in un quadro di reale liberalizzazione del mercato radiotelevisivo l'obiettivo strategico dell'azionista pubblico della Rai deve essere quello di accreditarne e rafforzarne il ruolo di principale impresa culturale del Paese, non tagliando risorse destinate alla creazione di programmi o avviando privatizzazioni sbagliate ma sviluppandone al contrario il ruolo di produttore di contenuti di qualità nel mercato audiovisivo. La Rai, infatti, non è una â??azienda qualsiasiâ? come ha detto pochi giorni fa il suo Direttore Generale Cattaneo: il compito storico principale dei servizi pubblici radiotelevisivi è stato sempre quello di informare, educare ed intrattenere. Per questo l'azienda per riaffermare la sua missione di servizio pubblico deve focalizzare le scelte prioritarie sulla produzione e questo va fatto in molti modi diversi. Va invertita la tendenza ad appaltare a strutture di produzione esterna la realizzazione di programmi che sempre di più si configurano come infiniti cloni di format televisivi standardizzati e dal discutibile valore educativo. Vanno rafforzate le strutture interne di produzione e valorizzate le professionalità esistenti all'interno dell'azienda, investendo risorse nel talento creativo degli autori, dei programmisti, dei tecnici della Rai. Va rafforzata la presenza attiva sul mercato internazionale e nei circuiti di distribuzione non solo come compratore ma, soprattutto, come venditore. Vanno stipulate Convenzioni incentivanti con i centri di formazione delle discipline Arte-Musica-Spettacolo che portino le migliori creatività formate dai nostri atenei a cimentarsi nelle factory della Rai: incentivi alla creazione di reali posti di lavoro per futuri autori, registi, professionisti dell'audiovisivo.
In questo quadro di definizione di una nuova missione per il servizio pubblico è necessario rispettare una netta separazione di funzioni e risorse: ciò che è servizio pubblico deve essere finanziato da canone, ciò che non lo è da risorse pubblicitarie. Anche per questo va ribadita la centralità del sistema di finanziamento pubblico attraverso il canone.
Difendere la natura pubblica della Rai oggi non è una semplice difesa dello status quo: significa comprendere che la riqualificazione del suo ruolo di operatore dell'intera filiera dei contenuti audiovisivi rappresenta un'opportunità strategica non solo per l'azienda ma per l'intero Paese che oggi è alla ricerca di una nuova collocazione nei mercati globali. Una vera e propria questione di interesse nazionale. Il centrosinistra faccia della battaglia contro il processo di privatizzazione che si sta compiendo uno dei principali impegni dell'opposizione. Solo quando avremo saputo affrontare e risolvere prioritariamente il nodo dei contenuti come vera carta di identità di un servizio pubblico radiotelevisivo moderno allora, in un futuro che ci auguriamo prossimo, saremo in grado di affrontare con serenità e senza tabù il tema degli assetti proprietari della Rai.

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