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Articolo 21 - Editoriali
Babbo Natale ed il canone di abbonamento
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di Salamandra

Lâ??articolo 18 della legge â??Gasparriâ? al comma 3 recita che â??entro il mese di novembre di ciascun anno, il Ministro delle comunicazioni con proprio decreto stabilisce lâ??ammontare del canone di abbonamento in vigore dal 1° gennaio dellâ??anno successivoâ?¦â?. Il Ministro delle comunicazioni, smentendo se stesso, ha aspettato lâ??ultima settimana di dicembre per dar corso a quanto disposto dalla â??suaâ? legge. Per inciso, si ricorda che il mese di anticipo serve alla Rai per predisporre in tempo la campagna promozionale per il rinnovo dellâ??abbonamento, per predisporre i bollettini da inviare agli uffici postali ed indicare lâ??importo esatto ai tanti (sì, sembra incredibile ma sono proprio tanti milioni!) che pagano lâ??abbonamento addirittura a dicembre: quindi, già questo ritardo determina un danno per lâ??azienda piuttosto rilevante. Dai vertici aziendali, proni solo al potere, nessuna lamentela e nessuna richiesta ufficiale di rispettare la legge, a dimostrazione di come hanno a cuore gli interessi dellâ??azienda che dovrebbero governare!
Il Ministro delle comunicazioni, nelle ultime settimane, aveva quasi quotidianamente preannunciato i suoi propositi che, guarda caso, la commissione mista RAI â?? Ministero delle Comunicazioni ha rispettato in pieno: nessun aumento del canone. La Rai, insomma, secondo il più berlusconiano dei colonnelli di AN non ha bisogno di aumenti né di iniezioni di danaro fresco, perché ( è sempre il â??principe tutoreâ? del DG Cattaneo che parla): â?? Questo consiglio è legittimamente nel pieno dei suoi poteri, ha fatto benissimo, ha aumentato gli ascolti, ha sconfitto Medaiset (SIC!) e ha i conti a posto, altro che la RAI governata dal centrosinistra!â?. 
Dâ??altronde, non bisogna anche dimenticare che fu lo stesso Direttore generale della Rai sciaguratamente a sostenere, ad inizio dellâ??anno, che la Rai non aveva bisogno di nessun aumento: dichiarazione assurda per un manager che rinuncia già così anticipatamente ad aumentare le entrate della sua azienda. E tutto questo alla vigilia di una sciagurata privatizzazione che per il 70 per cento porterà soldi al Tesoro, nel Fondo di ammortamento del Debito pubblico, e per un bel 25 per cento  (udite, udite!) servirà a finanziare il sostegno governativo per la vendita dei Decoder , allo scopo di farr decollare il digitale terrestre ( ne beneficeranno così, oltre alla RAI, Mediaset, La 7 e il gruppo amico di Berlusconi, il network che fa capo allâ??arabo Tarek Ben Ammar).
Comunque, i propositi del Ministro hanno un loro fondamento. Siamo infatti nel pieno di una campagna pubblicitaria del governo tesa ad esaltare la (presunta) riduzione delle tasse, introdotta con la recente finanziaria, e lâ??aumento del canone sarebbe apparso come una clamorosa smentita Dâ??altronde lâ??equazione berlusconiana (sicuramente condivisibile in linea di principio) â??meno sprechi = meno tasseâ? si attaglia benissimo alla situazione, in quanto la Rai è sempre stata raffigurata, da alcune frange della maggioranza, come una sorta di â??carrozzone romanoâ? (sul quale peraltro Lega ed An sono saliti con inusitata voracità). Il Governo non concedendo un aumento al canone ottiene così un doppio vantaggio: conferma il proposito delle riduzioni delle tasse e contemporaneamente colpisce unâ??azienda â??parassitaâ?.
Ma qui entra in gioco il famoso conflitto di interesse che potrebbe incrinare il proposito di cui sopra. Mediaset è lâ??azienda del premier ed a Mediaset vengono indirizzati le attenzioni maggiori del Governo. E quali sono gli interessi di Mediaset in questo quadro? Ã? indubbio che Mediaset trae vantaggio se la Rai ha maggiori risorse da canone in quanto ciò permette di attenuare la sua presenza sul mercato pubblicitario televisivo, prerogativa della stessa Mediaset (la quale detiene il 62% del mercato televisivo ed il 34% dellâ??intero mercato pubblicitario, più di tutti i quotidiani e di tutti i periodici insieme). Non bisogna essere degli esperti per intuire che ad ogni euro aggiuntivo di pubblicità della Rai corrisponde un euro in meno per Mediaset.
Il canone di abbonamento non è aumentato solo nel 1992, in una situazione politica particolarmente tesa. Ad onor del ver, va ricordato che anche il governo dellâ??Ulivo pensò bene a colpire la Rai abolendo nel 1998 il canone autoradio, che determinò un perdita di circa 80 milioni di Euro.
Il canone di abbonamento è la risorsa televisiva meno dinamica. Dal 1990 al 2004 il canone unitario è aumentato di +3,2% in media annua, mentre nello stesso periodo il costo della vita è aumentato di +3,5% ed il Pil di +5,0%. Quindi si è avuto un decremento in termini reali. Se poi si considerano lâ??aumento dellâ??evasione ed il contenimento dei nuclei famigliari, a seguito anche delle convivenze, si ha la conferma di quanto la Rai abbia perso quote significative proprio nella sua risorsa principale.
Questo ha agevolato ovviamente la crescita di Mediaset, la quale si alimenta con la risorsa più dinamica, la pubblicità, mentre la Rai su quella stessa risorsa è limitata dagli indici di affollamento molto più contenuti. Si crea così una sorta di doppia velocità fra le due aziende, con Mediaset nettamente privilegiata. Sempre dal 1990 al 2004, le risorse pubblicitarie di Mediaset sono aumentate di + 7,1% in media annue, mentre le risorse di Rai, canone più pubblicità, di + 4,3. Un distacco di 2,8 punti percentuali in media ogni annuo! Circa 40-60 milioni di euro lâ??anno,a prescindere dai risultati di ascolto!
Ã? Natale e tutti i bimbi ricevono doni, oltre ai parenti e agli amici. E così anche  il â??Re Magioâ? Gasparri ha portato un altro dono nella mangiatoia di Arcore. Ma anziché al bambinello Gesù, lâ??oro lo ha portato in dono a Sua Emittenza  Silvio Secondo.
Agli altri ( abbonati â??in prima filaâ? e dipendenti RAI) come sempre, tanto, ma tanto carboneâ?¦E che la privatizzazione vi colpisca sulla via di Damasco!

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