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Articolo 21 - Editoriali
Le belle storie che non fanno notizia
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di Raffaella Romagnolo

«Credo che questa storia non abbia avuto il risalto che merita sui media». A dirlo è Vincenzo Cancemi, figlio del capitano del motopeschereccio «Twenty Two» che il 28 novembre scorso, al largo di Lampedusa, ha salvato più di trecento persone stipate in un barcone al largo di Lampedusa, affrontando condizione di mare difficilissime.

Vincenzo Cancemi è un giovane che vive a Firenze e studia Comunicazione. Ha una cortesia innata, e una timidezza che non sfugge a chi lo incontra, eppure, sul palco del Teatro Comunale di Ovada, davanti a trecento persone, ricevendo per conto dell’equipaggio del motopeschereccio capitanato dal padre il premio Testimone di Pace 2009, si fa coraggio e, sommessamente, mette sul piatto la sua osservazione.

Riassumiamo. Mazara del Vallo, ossia uno dei più grandi porti pescherecci del Mediterraneo. Sempre al centro dei riflettori, dunque. Una notte di tempesta. Le imbarcazioni che rientrano per le condizioni impossibili. La capitaneria riceve un SOS, ma non è in grado, con i propri mezzi, di affrontare la burrasca. E chiede aiuto, ma nessuno è obbligato ad accettare. Save Our Souls. Salvate le nostre anime, ma non a costo delle vostre. Nessuno è costretto a sacrificare l’imbarcazione che è vita e lavoro, eppure il «Twenty Two» riparte. E non solo il «Twenty Two». E dannandosi i pescatori mazaresi riescono a salvarli tutti e trecento. Lo riscrivo: trecento.

«Il mediterraneo è un cimitero» ha detto Padre Bruno Mioli della Fondazione Migrantes (CEI) durante la serata di premiazione. Più di quattordicimila affogati in vent’anni. E’ una stima, naturalmente, perché non si può contare chi non è registrato da nessuna parte. Il «Twenty Two» è intervenuto per questo. Per i morti che l’equipaggio vede con i propri occhi, anche se non sono "registrati", e per quelli che intuisce da quello che le reti, ogni giorno, tirano a bordo insieme alle acciughe.

Ora, non è una bella storia questa del "Twenty Two"? Non è "facile" da raccontare? Non ci sono tutti gli ingredienti "giusti"? Persino, volendo, un po’ di retorica sulla "legge del mare" che tanto funzionerebbe in qualunque fascia oraria e sulle pagine di cronaca dei quotidiani? Eppure, dice Vincenzo Cancemi, questa storia non ha avuto il risalto che merita. Ma bisognerebbe piuttosto dire che questa storia, se si eccettua qualche lodevole ma tardiva eccezione, non ha avuto nessun risalto. Perché? Perché una storia come questa non fa "notizia"? Riformulo: perché una bella storia, e secondo me una gran notizia, viene soffocata da considerazioni che fatico a definire ideologiche, rappresentando piuttosto interessi di bottega? Credo che in un momento così delicato per la riflessione sull’informazione nel nostro Paese dare una risposta a queste domande sia urgente. Che sia assolutamente necessario. E che – sarà una banalità - la risposta debbano darla i giornalisti.

 

 

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