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Articolo 21 - Editoriali
Zavoli come Torquemada? Ma per favore...
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di Ottavio Olita

"Non avremmo mai immaginato di vedere Sergio Zavoli diventare il capo degli inquisitori, con l’abito austero dei padri domenicani, e sottoporre Minzolini ad un serrato interrogatorio”. Così disse Fabrizio Cicchitto, presidente del gruppo PdL alla camera dei deputati, secondo l’Agi (n. 2144 delle 11.00 del 15 ottobre). Questa dichiarazione ha scatenato risposte indignate, puntualizzazioni, puntigliose prese di posizione e di distanza di altri parlamentari che della Commissione Parlamentare di Vigilanza sulla Rai fanno parte, compreso il collega di partito di Cicchitto e capogruppo PdL in Vigilanza, Alessio Butti. Cicchitto ha visto Zavoli trasformarsi in Torquemada e Minzolini in un povero fraticello accusato di eresia o stregoneria. L’unica eresia che Minzolini sa praticare fa riferimento ad un’informazione autonoma, completa, indipendente. E nemmeno gliene può fregare di meno, viste le risposte date ai commissari. Quanto a Zavoli novello Torquemada….mah?!
 Ma Cicchitto ha mai visto, sintonizzandosi magari sullo splendido canale che è Rai Storia, come Zavoli conduceva, ad esempio, quel geniale programma, da lui stesso ideato, che era “Processo alla tappa”, al seguito del Giro d’Italia di ciclismo? Trattava con il massimo, signorile rispetto, anche il più analfabeta dei pedalatori massacrati dalla fatica di centinaia di chilometri. Domande serene, educate, gentili che servivano a farci capire il mondo culturale, la storia, l’economia dei ciclisti e delle loro regioni d’origine.
 Oppure, ha mai visto come Zavoli ha affrontato gli anni di piombo nella sua memorabile trasmissione “La notte della Repubblica”? Un confronto difficile, eppure rigoroso, della massima serietà, con alcuni spietati assassini che si erano colorati del sangue delle loro vittime, ma che dichiaravano che quel colore era ideologico. Ora, è probabile che Cicchitto, ignorando una così importante parte della storia della Rai e della televisione, facendo riferimento probabilmente a quelli che lui crede i massimi modelli contemporanei, pensi che i giornalisti debbano fregarsi le mani e sorridere accondiscendenti solo nei confronti dei potenti. Ma tanta ignoranza non può autorizzarlo a dire una tale scemenza nei confronti di un signore colto, gentile, competente che non ha certo bisogno di metodi inquisitori per porre domande pregnanti, specifiche, profonde. E il suo padre-padrone non avrebbe certo scelto per l’incarico della più importante testata giornalistica italiana un fraticello eretico o stregone. Allora perché Cicchitto, del quale si possono dare tutte le definizioni che si vogliono, tranne quella di sprovveduto, ha caricato il bazooka per sparare su una farfalla? Perché probabilmente l’obiettivo vero è la funzione di controllo del Parlamento sulla Rai. E’ il fastidio dato dal fatto che la democrazia vigili sul servizio pubblico radiotelevisivo; è la rabbia che la Rai  – così come vorrebbe il Presidente del Consiglio – non svolga soltanto la funzione di decantare le magnifiche imprese del signore primus super pares e di ignorare le sue cadute di stile, i suoi coinvolgimenti in tante vicende mai ben chiarite, i suoi furiosi attacchi alla Carta Costituzionale, per descriverlo invece solo come ‘il capo voluto dal popolo’, o ‘l’unto del Signore’. Togliere la Rai al controllo del Parlamento per farla finire sotto l’Esecutivo, questo è il vero obiettivo, che si sta manifestando anche sotto forma di un altro progetto: quello di stravolgere le regole della ‘par condicio’, peraltro già abbondantemente violate senza alcuna sanzione. Forse è nell’indicare un falso obiettivo lo scopo vero della bordata di Cicchitto contro una persona perbene e un professionista straordinario come Sergio Zavoli. Le forze politiche democratiche farebbero bene, oltre a difendere il Presidente della Commissione di Vigilanza, a riaffermare l’assoluta necessità di una vera riforma del sistema radiotelevisivo e in particolare della Rai, dalla governance alla completa autonomia dei direttori, dei conduttori e degli autori dei programmi. Rinunciare definitivamente all’insulsa idea della lottizzazione per scommettere sulle capacità e professionalità interne che sono tantissime, spesso sacrificate sull’altare dell’appartenenza a questa o a quella forza politica. Certo per riuscirci ci vorrebbe il consenso di tutti. A cominciare dal titolare del più mastodontico conflitto d’interessi delle repubbliche democratiche. Con l’ossessivo narcisismo di questi ultimi tempi è impossibile immaginare che sia disponibile a tenersi solo il suo network e a liberare la Rai. E in attesa di una tardiva legge, se mai si farà, per dare anche a lui delle norme da rispettare rigorosamente, l’unica cosa che resta da fare è vigilare che quei pochi spazi rimasti non vengano anch’essi sottratti.

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