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Articolo 21 - Editoriali
Norberto Bobbio. Il passato, il presente, ma soprattutto il futuro che vogliamo essere
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di Nadia Redoglia*

«Dal Novecento al Duemila. Il futuro di Norberto Bobbio». Così il Comitato Nazionale per le celebrazioni del Centenario della nascita di Norberto Bobbio, su iniziativa del Centro studi Piero Gobetti di Torino, ha (magistralmente) titolato il convegno internazionale in onore, più che in ricordo, di una straordinaria figura intellettuale e morale tra le più significative d’Italia, e dunque d’Europa, del Novecento. Bobbio seppe consegnarci, spiegandoci i concetti con proverbiale chiarezza, la realtà del ventesimo secolo. Quei concetti sono profondamente vivi nella realtà del ventunesimo. E’ dimostrato dal bisogno di farci raccontare di lui che ben conosceva il modo per identificare i problemi e dunque raggiungerne la fonte. Come ben spiega, all’apertura del convegno, Michelangelo Bovero, la chiarezza del maestro non è soltanto uno stile, una dote di nitore nella scrittura. E’ l’effetto che questa riverbera sul pensiero di tutti noi che così possiamo penetrare nel suo modo di pensare consentendoci di affrontare i problemi andandovi al cuore, superando equivoci e confusioni, involontarie o interessate. E’ un effetto, e uno specchio, del suo rigore intellettuale e morale. E’illuminismo, nel significato più semplice ed essenziale della parola.

«Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze» disse il maestro della filosofia del diritto.
Negli uomini di buona volontà seminare dubbi significa porsi e porre domande senza stancarsi mai di cercare risposte tra gli altri e negli altri. Di qui l’accettazione e il rispetto per il dialogo. In esso  si materializza la ragione -la natura dell’essere- della libertà, dell’uguaglianza, della giustizia sociale, della pace. Bobbio, centrando l’esistenza della logica d’insieme di norme universali (dunque concepite all’unanimità e perciò identificabili con la natura delle cose, costituita dall’umano pensiero), ha saputo anche dimostrarci la spontanea conseguenza -la giustificazione- del perché i diritti dell’uomo sono ( e non: possono essere) inviolabili. La democrazia consiste non già nella staticità delle certezze date dall’individualità maggioritaria di chi al momento detiene il potere, bensì dalla consapevolezza che ben prima dell’individualità maggioritaria sussiste l’insieme di tutti gli individui che, per propria natura, hanno fornito gli impulsi perché la democrazia potesse prendere forma. Nella storia dell’uomo la democrazia rappresenta un fenomeno straordinario in quanto è la prima introduzione del metodo non violento. Il posto di Bobbio nella nostra contemporaneità, ma ancor più nella nostra continuità, sta nell’esempio della sua passione civile, nella sua umile determinazione a rinnovare, rispettando i tempi e gli spazi dell’individuo, il significante e il significato di “passione” e di “civiltà”.
In questo momento della nostra democrazia, per usare le parole di Mercedes Bresso, Bobbio sarebbe un po’ triste nel vedere l’Italia, stante i toni delle parole usate come armi, sull’orlo di una sorta di guerra civile, quasi che le istituzioni di garanzia di cui disponiamo non fossero sufficienti a garantire la libertà di tutti, maggioranza e opposizione. Il presidente della Repubblica non può essere coinvolto in dispute di parte di cui lui non si sente né origine, né destinatario. E il capo dello Stato, presente a Torino, portando la sua testimonianza in onore di Norberto Bobbio, affettuoso amico e compagno della sua storia, così si è espresso «…L’approccio partigiano naturale in chi fa politica è qualcosa di cui ci si spoglia in nome di una visione più ampia. Tutti i miei predecessori, a cominciare nel primo settennato da Luigi Einaudi, avevano ciascuno la propria storia politica. Sapevano, venendo eletti capo dello Stato, di doverla e poterla non nasconderla, ma trascenderla… Quella del capo dello Stato, potere neutro al di sopra della parti fuori della mischia politica, non è una finzione: è la garanzia di moderazione di unità nazionale posta consapevolmente nella nostra Costituzione come in altre dell’occidente democratico. Per quanto tensioni e difficoltà comportino adempiere un simile mandato proseguirò nell’esercizio sereno e fermo dei miei doveri e delle mie prerogative costituzionali e sono qui oggi anche per dirvi  quanto siano state e siano per me preziose l’ispirazione civile e morale e la lezione di saggezza che ho tratto dal rapporto con Norberto Bobbio. Gliene sono ancora grato» A queste parole, ma soprattutto alla determinazione del tono con cui sono state pronunciate, il pubblico si è alzato in piedi offrendo al nostro presidente della Repubblica oltre due minuti d’applausi. Era applauso rivolto a noi stessi, donne e uomini, giovani e meno giovani, perché noi stessi abbiamo voluto all’unanimità ciò che adesso Napolitano rappresenta e che, ieri a Torino, ci ha confermato.  

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