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Articolo 21 - Editoriali
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di Fernando Cancedda*

C'è o non c'è un limite deontologico alla (non)libertà d'informazione nell'Italia di oggi? E se c'è,  chi lo fa rispettare? Due domande retoriche. Il limite sappiamo che c'è, stabilito per legge (art.2 della legge professionale): tutela della “personalità altrui”, “rispetto della verità sostanziale dei fatti”, “i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”. Quanto alla seconda domanda, stando a quello che si legge, si vede e si ascolta sulla carta stampata o sul teleschermo, la risposta è altrettanto facile: quei limiti non li fa rispettare nessuno.

Non mi riferisco, badate, alle notizie “vere”, al racconto anche spregiudicato dei fatti. Questi ultimi anzi vengono spesso ignorati, sottaciuti o colpevolmente censurati. Mi riferisco all'arrogante tranquillità con cui i fatti vengono deformati, stravolti e strumentalizzati, nella certezza dell'impunità e comunque nella consapevolezza che  il rischio effettivo di essere  smentiti davanti al proprio pubblico è davvero minimo.

Con una differenza però. Se accade facilmente che un pubblico di sinistra sia informato da un telegiornale di destra, è assai raro che un pubblico di destra si informi con un tg che non si ispira alla sua parte politica. Ci invita a fare i conti un  illustre collega  che se ne intende, Sergio Lepri, per decenni direttore dell'ANSA. “ I cosiddetti “talk show” non berlusconiani del Servizio pubblico – scrive - raccolgono (salvo eccezioni; come la sera di Santoro con la D’Addario) due milioni circa di telespettatori; sono più o meno gli stessi ogni volta e quasi tutti di centro sinistra; più o meno sono gli stessi che leggono “Repubblica” o gli altri giornali di sinistra”.

Io aggiungo che non c'è solo questo. Parliamo pure di questi talk show del servizio pubblico, dove comunque il tempo dedicato a una documentazione dei fatti è minimo rispetto a quello dedicato allo scontro dei punti di vista. La faziosità  ha raggiunto un tale livello  che alcuni  politici presenti – e quali siano ognuno lo può constatare - sembrano più interessati ad impedire l'ascolto degli argomenti avversari che all'esposizione dei propri. Una tecnica oggettivamente sleale che sollecita nello spettatore il tifo molto più che la riflessione.
Ma sembra che gli applausi da stadio e perfino la sovrapposizione delle voci contribuiscano a tenere alto, insieme a quello dei decibel, il livello degli indici di ascolto. Così i conduttori non si danno mai troppo da fare per moderare la rissa, quando non preferiscono aizzarla con qualche provocazione. Un po' per accontentare i partiti, un po' per non annoiare il pubblico più sprovveduto, si invitano abitualmente  personaggi politici ormai specializzati in questa battaglia di galli. E una  ricerca ossessiva della “par condicio”, moltiplicando gli scontri, non si risolve di certo a vantaggio della comprensione.

Il risultato di tutto questo? Secondo un recente sondaggio “Ipsos”, illustrato da Pagnoncelli proprio durante una di queste trasmissioni, a “Ballarò”,  l'Italia risulta irrimediabilmente spaccata di fronte a qualsivoglia quesito. Certo, non dipende soltanto dai  talk show,  dato che questo tipo di trasmissioni è di fatto riservato a chi ha qualche interesse politico. La maggior parte degli italiani si limita a seguire distrattamente i telegiornali, nei quali domina la propaganda e l'approfondimento critico delle notizie praticamente non esiste. A maggior ragione, si può  capire perché il cittadino medio, che ne sia consapevole  o meno, si troverà sempre più indifeso davanti alle menzogne dei potenti.

L'ultimo, vergognoso esempio di questa involuzione in atto nell'informazione ci viene da quanto trasmesso l'altra mattina su “Canale 5”, col “pestaggio mediatico”  del giudice Raimondo Mesiano, lo stesso che aveva appena condannato, in sede civile, l'azienda proprietaria del canale medesimo per la vicenda di corruzione legata al lodo Mondadori. “Uno schiaffo su commissione – l'ha definito perfino l'ex direttore del TG 5 Enrico Mentana – un'azione che serviva a offendere una persona che si era resa nemica dell'azienda per la quale si lavora”. A quante altre miserie di questo tipo dovremo assistere, prima che le autorità garanti e  un Ordine dei giornalisti redivivo provvedano a porvi rimedio?

www.nandokan.it

 

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