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Articolo 21 - Editoriali
D'Amati: "Alle richieste di risarcimenti si può reagire contrattaccando"
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di redazione

Si può reagire, controattaccando, alle pesanti richieste di risarcimento avanzate davanti ai giudici civili da potentati di varia natura nei confronti dei giornalisti che informano il pubblico sui loro comportamenti, criticandoli con il necessario impegno.
Questa è l’indicazione data dall’intervento svolto dall’avvocato Domenico d’Amati in rappresentanza di Articolo21 nel gruppo di lavoro “Per un dovere di informazione” di Contromafie.
Quando è evidente la strumentalizzazione dell’azione giudiziaria in funzione intimidatoria – ha detto il legale – i giornalisti devono a loro volta chiedere al giudice la condanna di chi li ha ingiustamente attaccati al risarcimento del danno; una recente modifica del codice di procedura civile ha ampliato questa possibilità.
Un altro modo di reagire è quello di rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo quando la giustizia italiana si dimostri più sensibile alla richiesta di tutela avanzata dal potente che all’esigenza di assicurare alla libertà di informazione sulle vicende di pubblico interesse.
Esemplare è stata la vicenda di Claudio Riolo, uno studioso siciliano che – per aver posto in luce, sul periodico Narcomafie, commentandolo criticamente, il conflitto di interessi manifestatosi del 1994, per il politico Francesco Musotto, in quanto presidente della Provincia di Palermo, danneggiata dalle stragi mafiose, e nel contempo difensore di uno degli imputati nel processo per l’uccisione di Falcone e della sua scorta a Capaci – è stato condannato dal Tribunale di Palermo a risarcire il danno in misura di lire 100 milioni al politico siciliano e si è visto confermare la condanna sia dalla Corte d’Appello che dalla Cassazione.
La Corte Europea ha ritenuto che lo Stato italiano con questa condanna abbia violato l’art. 10 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo che tutela la libertà di espressione e lo ha condannato a rimborsare a Claudio Riolo la somma di lire 100 milioni da lui versata a Francesco Musotto oltre che a pagargli le spese.
Questa strada deve essere seguita ogni qual volta la giustizia italiana mostri di non comprendere che i giornali – come ha affermato la Corte Europea – sono i cani da guardia della democrazia e come tali a volte devono mordere.
Per fortuna nel panorama giurisprudenziale italiano la tendenza ad applicare i principi della Convenzione Europea si sta gradualmente affermando.
Con una recente sentenza la Cassazione ha inviato ai potenti un preciso messaggio: alle critiche non si reagisce con le querele, ma con i comportamenti.
Occorre tuttavia – ha concluso d’Amati, ricordando anche la sconfitta subita dalla Mediaset davanti al Tribunale di Roma nella causa multimilionaria promossa contro Sabina Guzzanti per la trasmissione Raiot – mantenere vivo il dibattito culturale su questi temi, al fine di far comprendere che la libertà di informazione non interessa soltanto i giornalisti, ma tutta la collettività, perché costituisce una fondamentale garanzia del corretto funzionamento delle istituzioni democratiche.
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