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Articolo 21 - Editoriali
Le risposte di Di Pietro e Pardi alle dieci domande di MicroMega
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di Micromega*

Micromega.net pubblica oggi le ampie risposte del segretario dell'Italia dei valori Antonio Di Pietro e del senatore Pancho Pardi alle dieci domande rivolte nei giorni scorsi da Salvatore Bosellino e Andrea Scanzi ai parlamentari Idv.
 
Le 5 domande di Salvatore Borsellino:

1) Di Pietro ha detto in una intervista che nelle liste di Idv non c'è un solo caso di incandidabilità, di immoralità e che tutti gli eletti e i candidati hanno il certificato penale al seguito, precisando che si intende per "immoralità" l'essere condannato con sentenza definitiva. Si rende conto l’Idv che, secondo questa lettura, un personaggio come Marcello Dell'Utri, non ancora condannato in via definitiva, sarebbe da ritenersi candidabile?

DI PIETRO - Innanzitutto voglio ringraziare dal più profondo del cuore l’amico Salvatore Borsellino che – con le sue domande – mi onora di interloquire con Lui e con Micromega. Egli e tutti gli amici delle “agende rosse” sanno come noi di Idv teniamo in considerazione e difendiamo a spada tratta la loro ricerca di verità in merito all’omicidio del giudice Paolo Borsellino ed alla malefica trattativa che lo Stato ha portato avanti in quel periodo con la Mafia.
Quanto al merito della domanda, preciso subito che la “sintesi giornalistica” mi attribuisce affermazioni che in verità non corrispondono al mio pensiero e mi scuso se in precedenza non sono stato sufficientemente chiaro. Ribadisco, allora, che una cosa è l’incandidabilità tecnica, altra l’immoralità acquisita di talune candidature.
Non tutti i reati possono essere considerati ostativi per una candidatura: così ad esempio, in caso di condanna per reati di opinione (es. diffamazione, vilipendio) bisogna vedere caso per caso altrimenti finiremmo un domani di non poter candidare neanche coloro che oggi fanno feroce opposizione al Governo Berlusconi (tu stesso Salvatore, me stesso, Travaglio, De Magistris e così via ma penso anche a Gioacchino Genchi che considero un leale servitore dello Stato). Viceversa non si può limitare l’incandidabilità solo alle persone condannate in via definitiva altrimenti dovremmo ammettere le candidature non solo di Dell’Utri (condannato “solo” in primo grado per Mafia) ma anche del sottosegretario Cosentino del PDL o del sen. Tedesco del PD), il che francamente mi sembra francamente inopportuno e fuori luogo. In verità, ci sono alcuni personaggi che – pur avendo essi la “fedina penale” totalmente pulita – io non li candiderei lo stesso sotto il simbolo dell’Italia dei Valori (iscritti alla P2, faccendieri del sottobosco politico, estremisti della violenza, “utilizzatori finali” e così via).
Ho sempre cercato in questi anni di tradurre i predetti concetti in azione concreta per quanto riguarda il partito Italia dei Valori e - se qualche volta non ci sono riuscito, come in effetti pure mi è capitato - non è né per malafede né per cattiva volontà, ma semplicemente perché, come tutti, capita anche a me di sbagliare (ed a volte mi sono sbagliato proprio, come per il caso De Gregorio).
Proprio per questa ragione ho accolto e accolgo sempre con favore le segnalazioni che mi vengono fatte – tipo quelle pubblicate da Micromega – in quanto mi permettono di valutare (e rivalutare) meglio la situazione all’interno del partito. L’importante, caro Salvatore, non è pretendere di non sbagliare mai ma di non perseverare nell’errore. Questo principio, ovviamente, vale per me ma deve valere anche per coloro che “fanno le pulci” a Idv, giacchè alcune critiche che sono rimbalzate sulle cronache giornalistiche in questo periodo sono davvero frutto di disinformazione, rancori personali, vittimismo, disfattismo o malcelata voglia di ricerca di visibilità a buon mercato.

PARDI - Uso con disagio i termini moralità e immoralità. Introducono un elemento soggettivo in un contesto in cui dovrebbe prevalere la dimensione oggettiva. Si può immaginare senza difficoltà (il pensiero politico ha in questo lunga tradizione) un uomo politico perfetto immoralista nella vita privata e allo stesso tempo capace di condurre nella vita pubblica una coerente azione nell’interesse generale. Al politico si deve chiedere di saper distinguere tra interesse privato e interesse pubblico. Perciò più che di moralità e immoralità parlerei di conflitti d’interesse e conseguenti incompatibilità. In concreto mi sembra anche più facile stabilire se in una qualsiasi ipotetica situazione c’è un conflitto d’interesse, mentre mi troverei in difficoltà a giudicare la moralità di un’azione.
Per decidere sull’ammissibilità di una candidatura la condanna definitiva è elemento solo in apparenza indiscutibile. Senza considerare la possibilità dell’errore giudiziario (anche qui c’è lunga tradizione) resta sempre il fatto che si deve poter distinguere tra le condanne. Reati d’opinione, reati derivati dallo scontro sociale non possono essere addotti come motivo di incandidabilità. Anzi, in certi casi potrebbero addirittura dare forza simbolica alla candidatura.
Né l’assenza di condanna definitiva può giustificare la candidatura di soggetti che per altri motivi, non necessariamente giudiziari, sono incompatibili con l’azione del partito. Nella vita pubblica conta non solo la verità giudiziaria accertata ma anche il giudizio sull’azione degli uomini e sulle loro relazioni abituali: non si può candidare uno speculatore edilizio né un amico di mafiosi.
Oggi va di moda candidare imprenditori. Non si può impedire loro l’esercizio dell’attività politica ma è importante che tutti, essi stessi compresi, sappiano che è più facile che possano trovarsi prima o poi in conflitto d’interessi. Ovviamente un piccolo imprenditore attivo in un settore economico limitato corre meno rischi di un grande imprenditore presente in vasti rami dell’economia. Basta saperlo e trarne le necessarie conseguenze.
Infine un partito che si vuole nuovo e innovatore dovrebbe avere la forza di convincere i suoi parlamentari a rinunciare a candidare parenti e amici stretti. Un eletto in famiglia può bastare. Uno di più sarebbe di troppo.

2) Nella stessa intervista Di Pietro ha affermato che Orazio Schiavone non è "neanche più condannato" perché il suo reato, secondo la "normativa successiva non è più neanche reato". Lei ritiene che l’Idv possa candidare persone che hanno commesso reati che tuttavia, grazie alle depenalizzazioni del governo Berlusconi – ad esempio il falso in bilancio – "non sono più neanche reati"? Per quanto riguarda Porfidia, Di Pietro dice che non è vero che è indagato per il 416 bis, ma per un "banalissimo abuso d'ufficio" di quando era sindaco. Non pensa che la base di Idv, soprattutto i giovani, vogliano essere rappresentati da persone che non abbiano commesso neanche dei "banalissimi abusi"?

DI PIETRO - No, non ritengo affatto che “che Idv possa candidare persone che hanno commesso reati che grazie alle depenalizzazioni del Governo Berlusconi, come il falso in bilancio, non sono neanche più reati”! Ma questo non è il caso di Orazio Schiavone. Egli non è stato affatto condannato per un reato poi depenalizzato “dal Governo Berlusconi” (ed in verità non è nemmeno mai stato condannato in via definitiva essendo il procedimento ancora in corso). E’ semplicemente successo che con l’avvento dell’Unione Europea, si riscontrò una differenza fra la legislazione europea e quella italiana in merito all’abilitazione professionale ad esercitare l’attività di dentista da parte dei medici chirurghi. Il dr. Schiavone è un medico chirurgo (iscritto all’Ordine dei medici di Avellino dal 1993 al n.ro 3164) ed ha anche la specializzazione di odontoiatra (essendo iscritto all’Albo degli odontoiatri di Avellino al n.ro 241). Quindi egli poteva e può esercitare legittimamente tale professione (tanto è vero che tiene attualmente anche una rubrica di informazione medica su un qualificato periodico di settore). All’epoca dei fatti, però, in Italia vigeva una legge che prevedeva come necessaria una abilitazione specifica per i medici chirurghi che volessero fare anche i dentisti. Cosa che invece le regole della Comunità europea hanno poi escluso. Oggi la questione è stata superata giacchè la nostra legislazione ha recepito – e non poteva fare altrimenti – quella comunitaria europea. Sono però rimaste in sospeso le posizioni processuali di tutti quei medici – e sono oltre 3.000 (diconsi tremila si badi bene), tra cui Schiavone – che all’epoca vennero denunciate sulla base della legge italiana e senza tener conto della sopravvenuta normativa europea. La questione è comunque superata per il dr. Schiavone che, come detto, avendo egli anche l’abilitazione di odontoiatra, non potrà che essere assolto nel merito. Come si vede la vicenda del dr. Schiavone non c’entra nulla con le “depenalizzazioni del Governo Berlusconi” e non può comportare l’esclusione dal diritto costituzionale di un individuo ad esercitare l’elettorato attivo e passivo, anche perché trattasi di fatti non previsti dalla legge come reati e che comunque il dr. Schiavone non risulta aver commesso.
Quanto alla posizione processuale dell’on.le Amerigo Porfidia, ribadisco innanzitutto che non è vero che egli sia mai stato processato e nemmeno indagato per associazione mafiosa ex art. 416 c.p. Tale affermazione è un’autentica falsità pubblicata a suo tempo da alcuni organi di informazione a cui l’on.le Porfidia ha immediatamente e tempestivamente risposto anche querelando e citando in giudizio per diffamazione gli autori.
L’on.le Porfidia non è nemmeno mai stato indagato – e men che meno condannato – per “abuso d’ufficio” né per alcun altro reato commesso nella sua funzione di Sindaco o Pubblico amministratore. Vi è solo stato, anni addietro, una lite privata per motivi di lavoro con un suo socio sfociato in reciproche denunce, per cui oggi egli si ritrova – a distanza di tanti anni e per inerzia della giustizia – ancora sotto indagine (ripeto, sotto indagini preliminari e mai nemmeno rinviato a giudizio) per il reato di violenza privata ex art. 610 c.p. (così come risulta dal suo certificato dei carichi pendenti).
Ciò nonostante – e proprio per evitare strumentalizzazioni e incomprensioni - l’on.le Porfidia, non appena usciti gli articoli del Corriere della Sera che nel gennaio del 2009 parlavano della sua posizione processuale (posizione che, ripetesi, nemmeno lui conosceva per non aver mai ricevuto nemmeno mai alcun avviso di garanzia), si è correttamente sospeso dal partito ed è immediatamente uscito dal gruppo parlamentare. Quindi egli, a tutt’oggi, non fa parte di Idv e potrà tonare in squadra solo dopo aver risolto i suoi problemi con la giustizia.
In conclusione né io né Idv né lo stesso on.le Porfidia riteniamo che “i giovani vogliano essere rappresentati da persone che “abbiano commesso banalissimi abusi”. Nel caso di specie però non vi è stata alcuna “condanna” (e nemmeno un avviso di garanzia) e non trattavasi di “abusi di ufficio” e men che meno di associazione mafiosa ed inoltre l’on.le Porfidia è ora sospeso dal partito perché riteniamo che – anche se si tratta di una privatissima vicenda – egli debba prima aspettare il responso dell’Autorità giudiziaria. Sfido qualunque altro partito e qualunque altro parlamentare ad avere la stessa attenzione e sensibilità che abbiamo avuto noi di Idv e lo stesso on.le Porfidia.

PARDI - Non sono informato sui fatti specifici. Quanto all’interrogativo finale penso di aver già risposto sopra.

3) Di Pietro ha affermato che su 2500 eletti nell'Idv ci sono appena 32 persone che provengono da esperienze politiche precedenti. La cifra sembra molto bassa, ma se anche fosse, non pensa che sia un problema che queste persone abbiano in parecchi casi una storia caratterizzata da disinvolti salti da uno schieramento all'altro che dimostrano, se non altro, una spiccata tendenza all'opportunismo e al trasformismo?

DI PIETRO - Questa è davvero una domanda che mi sono fatto molte volte ed a cui non è facile dare una risposta. Certo, la questione si potrebbe essere risolta semplicemente e semplicisticamente negando l’iscrizione al partito ed escludendo la candidatura a qualsiasi persona abbia mai fatto politica in precedenza. Ma così facendo faremmo due sbagli.
In primo luogo, metteremmo tutti i politici sullo stesso piano ed invece non è così in quanto ci sono politici che – pur avendo fatto esperienze in altri partiti - sono delle bravissime persone che hanno fatto bene il loro dovere e sono rimaste con le mani pulite pur operando in partiti e territori poco raccomandabili. Anzi, proprio per questo loro diverso modo di essere e di fare, spesso sono state messe all’angolo dai partiti di provenienza e hanno chiesto a noi ospitalità per continuare ad operare nel loro territorio. Disperdere le loro energie ed escluderli sarebbe un atto di arroganza e di violazione della deontologia politica che un “partito di massa” – come Idv vuole essere – non può commettere.
In secondo luogo, non è affatto vero che qualsiasi persona che non proviene da precedenti esperienze politiche sia sempre meglio di chi ha già fatto politica. Ancora una volta bisogna distinguere da caso a caso, valorizzando le tante professionalità e persone per bene che vogliono affacciarsi per la prima volta alla politica mosse da autentici sentimenti di partecipazione democratica (e tu Salvatore ne saresti un fulgido esempio) e ci sono autentici arrivisti e disfattisti che si spacciano per “migliori” e sono a loro volta solo deprecabili approfittatori e truffatori.
Ciò premesso, è vero: in tutti questi anni di attività politica di Idv, è capitato che sono entrati nel partito persone provenienti da precedenti esperienze politiche e persone che si sono affacciate alla politica per la prima volta. In entrambi i casi, molte volte sono state delle scelte azzeccatissime , alcune altre meno ed alcune pessime.
Così ad esempio Massimo Donadi e Luigi De Magistris, tanto per citare solo alcuni nomi, sono personalità che prima non avevano fatto mai politica e che oggi sono fiori nell’occhiello della politica italiana e punto di riferimento dell’azione politica di Idv. Parimenti, personalità politiche di lungo corso come Leoluca Orlando e Gianni Vattimo - pur provenienti da altri partiti - rappresentano un’importante impalcatura di credibilità del nostro partito. Allo stesso modo potrei dire di tanti altri.
Viceversa, abbiamo avuto sia collaudati personaggi politici che neofiti della politica che – a loro volta – ci hanno fatto rimpiangere amaramente di aver dato loro spazio (il caso De Gregorio docet).
Come e cosa fare allora? Non è facile riuscire sempre a far “quadrare il cerchio” ma ci sto faticosamente provando. So che probabilmente mi troverò ancora a sbagliare ma sono convinto della necessità – per la sviluppo e la migliore azione politica di Idv – che è necessario realizzare un “miracoloso mix” tra “vecchi e nuovi” della politica (purchè tutte persone per bene) in modo che esperienza ed innovazione possano creare lo stimolo e le condizioni adatte a raggiungere il risultato.
Accetto quindi le critiche ma invito anche in questo caso a “ricapare il grano dal lollio”, vale a dire a differenziare le critiche positive da quelle solo disfattiste e umorali. Le “critiche positive” (come quelle di Micromega) per me rappresentano uno stimolo a stare ancora più attenti a chi viene imbarcato nella caravella di Idv (e prometto che lo farò con ancor più determinazione già dalle prossime elezioni regionali). Le “critiche negative” sono quelle strumentali avanzate da persone – per lo più sempre le stesse – che, pur di apparire, denigrano gli altri (un po’ come gli spettatori allo stadio che si sentono tutti arbitri della situazione anche quando non capiscono nulla di calcio). Penso, per intenderci, a coloro che reclamano maggiore democrazia e partecipazione all’interno di Idv e poi nemmeno si iscrivono né partecipano alla fase congressuale in atto (come se il partito dovesse riservare loro qualche strapuntino di visibilità solo perché esistono e contestano e non perchè fanno realmente qualcosa di utile per il paese e per il partito).

PARDI - Il trasformismo è tradizione costante della politica italiana. Per certi suoi periodi la storiografia ne ha fatto una categoria interpretativa (a cavallo tra otto e novecento c’è perfino un’età del trasformismo).
Di solito i campioni del salto da un partito all’altro giustificano la propria scelta con una ragione di coerenza: è il mondo che è cambiato mentre loro sono rimasti gli stessi. La politica nazionale fornisce un largo repertorio. Rutelli ne è un esempio illuminante. E ci sono socialisti che vantano la loro coerenza di sinistra mentre sostengono Berlusconi. Ma c’è anche un diffuso trasformismo nei comuni, in cui non è difficile trovare anche alleanze impossibili sul piano nazionale (destra e sinistra unite contro il centro).
Più rari sono i casi di chi ammette di aver cambiato idea. Qui di solito interviene la logica opposta: chi non cambia idea dimostra di non saper affrontare il mutamento con la necessaria plasticità. Difficile stabilire a priori se cambiare partito possa essere di per sé un fatto negativo o positivo. Solo la verifica dell’azione successiva di chi ha fatto il salto può dare qualche risposta. Ma mi rendo conto che il rinvio metodico al futuro può apparire evasivo. Quindi per evitare ambiguità sostengo che bisognerebbe evitare di accogliere chi ha fatto molti salti precedenti o chi ne ha fatto anche uno solo passando di colpo da un estremo all’altro degli schieramenti politici, oppure dal partito degli affari al partito senza affari. Chi riuscisse a farsi accogliere dovrebbe dedicare energie al partito senza pretendere cariche per un certo periodo, almeno un anno, e dimostrare con l’azione un esplicito ravvedimento operoso.

4) Nel raduno di Vasto sono intervenuto dicendo che per la prima volta avevo accettato di partecipare ad un raduno nazionale di un partito perché in quel partito mi sentivo a casa mia e con me si sentivano “a casa” i tanti giovani che si riconoscono nel movimento delle "Agende Rosse". Dissi anche che mi sarei sentito a casa mia fino a quando anche quei giovani si fossero sentiti a casa loro. Possiamo sperare, sia io che questi giovani, che il processo in atto per fare veramente diventare Idv il partito della Giustizia, della Legalità, della Società Civile prosegua ed arrivi a compimento in maniera da farci sentire "definitivamente" a casa nostra?

DI PIETRO - E’ un mio impegno preciso e deciso e – se dovessi fallire – sarò io stesso a togliere le tende e tornarmene al mio paesello. Già le candidature alle ultime elezioni al Parlamento italiano e soprattutto a quelle al Parlamento europeo ed alle recenti elezioni amministrative lo possono dimostrare. Mi creda, caro Borsellino, non c’è un solo partito che più di noi ha aperto le sue liste alla società civile, ove addirittura abbiamo raccolto centinaia e centinaia di curriculum di onorabilissime persone che per la prima volta si affacciavano alla politica e che hanno accettato di candidarsi con noi ed anche di assumere ruoli istituzionali di primissimo piano in pochissimo tempo (come per esempio a Firenze l’assessore Cristina Scaletti, tanto per citarne una per tutte).
Per i giovani, poi, abbiamo previsto un percorso congressuale specifico ed agevolato per entrare a far parte – a tutti i livelli - della “squadra” del partito e dei ruoli politici all’interno delle istituzioni. Come noto, Idv è in piena fase congressuale per il rinnovo della propria classe dirigente (sul nostro sito internet www.italiadeivalori.it sono riportate tutte le modalità di adesione, partecipazione e candidature) ed i giovani sotto i 35 anni è stato riservato un percorso specifico per ritrovarsi tutti all’interno del Dipartimento “Giovani Idv”, con un proprio Coordinatore nazionale (che entrerà di diritto nell’Esecutivo nazionale di Idv) ed altrettanti territoriali (che pure entreranno di diritto negli Esecutivi regionali e locali del partito). Ad essi sarà pure riservata – a tutti i livelli - una quota di candidature che loro stessi si sceglieranno.
Insomma, Idv è una casa aperta per i giovani e per la società civile che vogliono affacciarsi alla politica. Anzi è la loro casa. Ovviamente ci vuole anche da parte loro buona volontà, senza arroccarsi su verità precostituite e senza sedersi subito sugli allori, respingendo gli altri solo per non vedersi invaso il proprio terreno di visibilità.

PARDI - La quarta e la quinta domanda mi appaiono come varianti (la prima più generica, la seconda più specifica) di uno stesso interrogativo. Anzi, rispondere alla seconda soddisfa secondo me anche la prima.
Posso testimoniare per esperienza personale che il fenomeno descritto nella domanda è reale. E’ vero che molti nuovi aderenti vengono scoraggiati dalla rigidità dei vertici locali. E talvolta proprio essere bravi e creativi è motivo che facilita l’esclusione. Il risultato finale di questa prassi è che spesso il partito locale non corrisponde a ciò che il partito nazionale rappresenta. Come si pone rimedio a questa situazione?
Ci sono almeno due vie. La più diretta è l’iscrizione di cospicui gruppi di giovani in grado di incidere nelle votazioni interne ed eventualmente rovesciare le maggioranze preesistenti. E’ il più elementare gioco democratico. Ma se ciò risultasse impossibile per qualche motivo (insufficienza numerica dei gruppi, viscosità delle procedure, ostacoli alla pratica del voto…) c’è sempre la via indiretta: costituire circoli aperti di Idv svincolati dall’autorità dei dirigenti locali, impegnarsi in iniziative di rilievo pubblico e di largo interesse sociale. In questo modo i gruppi attivi potrebbero mostrare una capacità d’azione efficace e convincere il partito nel suo insieme a cambiare strada. Da parte sua, anche i pezzi di partito meno disponibili all’apertura saranno presto costretti a riconoscere che la via del successo elettorale passa soprattutto attraverso la candidatura di giovani (donne e uomini) capaci e costruttivi.

5) Non pensa che sarebbe necessario dare una ulteriore spinta alla "democratizzazione" interna arrivando a pensare ad un segretario eletto dalla base attraverso delle "primarie"? Negli incontri che faccio in tutte le regioni d'Italia, per la maggior parte organizzati da giovani, raccolgo un diffuso senso di disagio: molti sono entrati con entusiasmo in Idv ma oggi si sentono scoraggiati perchè non hanno la possibilità, a causa degli ostacoli posti dai dirigenti locali del partito, di tradurre in attività concreta la loro adesione. Non crede che questa situazione possa portare questi giovani ad un passo indietro rispetto alla loro militanza in Idv, e a frenare l’ingresso di tanti altri giovani che potrebbero essere una iniezione di forze nuove, attive e spesso entusiaste?

DI PIETRO - Non solo penso che sia giunto il tempo di “democratizzare” il partito ma lo sto già realizzando. Come in tutte le cose, c’è sempre qualcuno che all’inizio di tutto mette la prima pietra. Così ho fatto io. In questi anni – dal 2001 ad oggi – ho cercato di costruire una casa ampia ed aperta a tutti. E’ ovvio che all’inizio non bastano coloro che portano le pietre, c’è bisogno pure di chi li mette in ordine per fare in modo che non crolla tutto. Ho mantenuto perciò la direzione dei lavori nella convinzione che a questo ruolo non potevo sottrarmi visto che ero stato io l’ideatore della casa comune. Oggi posso orgogliosamente dire che siamo al tetto e che la casa è quasi pronta. Sono ben felice quindi che a scegliere l’amministratore siano direttamente i condomini della casa. Abbiamo avviato perciò sin dall’inizio di quest’anno il tesseramento e abbiamo già fissato sia il Congresso nazionale (6 e 7 febbraio 2010 a Roma) che quelli regionali e territoriali (da realizzarsi tutti entro i primi mesi dell’anno prossimo).
Ritengo fondamentale che - per partecipare alla vita del partito e far sentire la propria voce - bisogna iscriversi al partito e quindi partecipare alla fase congressuale, proprio come accade in qualsiasi comunità plurale. Se invece si preferisce dar vita ad un adesione più mediata ci si può limitare a votare per la forza politica che propone il programma e l’azione che si ritiene più vicino ai propri ideali. Non ritengo ancora maturo – invece – data la giovane età di Idv e la ancora gracile struttura organizzativa – ricorrere ad indistinte ed informi primarie, con il rischio che strutture organizzate (ad esempio del PDL, della Lega ma anche organizzazioni destabilizzanti create appositamente ad hoc da chi ci vuole male) possano infiltrarsi nelle urne e decidere la distruzione del partito.
Per il resto, hai ancora una volta ragione tu, Salvatore: anche io ho notato che nel territorio ci sono giovani che si avvicinano ad Idv (e di questo ne sono felice) ma a volte trovano ostacoli posti da taluni dirigenti locali del partito (e questo voglio assolutamente evitare). Dobbiamo insieme contrastare queste chiusure preconcette e retrograde prima che creino sfiducia nei giovani. Proprio per questo abbiamo previsto gli appositi Dipartimenti nazionale e territoriali “Giovani Idv”: per far in modo che costoro possano avere direttamente accesso alle strutture del partito e decidere autonomamente il loro futuro politico e le loro attività nel territorio, senza dover sottostare obbligatoriamente ai diktat locali. Ovviamente – e spero tu vorrai convenire con me – anche i Giovani Idv devono rispettare le regole del partito e misurarsi democraticamente con gli altri accettando poi la volontà della maggioranza come si usa in qualsiasi democrazia (perché, non so se te ne sei accorto pure tu Salvatore, ma troppo spesso accade che chi perde o non è soddisfatto finisce sempre per dare la colpa agli altri rifiutandosi di prendersi le proprie).
Comunque, appena completeremo la fase congressuale avremo un Dipartimento Giovani Idv eletto direttamente da tutti i minori di 35 anni che si sono iscritti al partito e da quel momento attiveremo anche un “centralino di pronto intervento Giovani Idv” (telefono, fax email, facebook) in modo da permettere a tutti i Giovani Idv di interloquire direttamente fra loro e di segnalare in tempo reale le cose positive e negative che avvengono nel territorio.

PARDI - Vedi risposta alla domanda precedente.

Le 5 domande di Andrea Scanzi:

6) L’Italia dei Valori è diventato il privilegiato approdo di molti delusi da sinistra, più per demeriti altrui che per meriti propri. E’ un partito che usufruisce di voti fluttuanti, radicalizzati ma non radicati. Un voto “in assenza di”: non un’adesione pienamente convinta. Quando scatterà – se scatterà – l’appartenenza?

DI PIETRO - In verità l’Italia dei Valori sta diventando un approdo per molti elettori, a prescindere dalla loro iniziale provenienza ideologica. Inoltre in molti e sempre più frequenti casi, Idv rappresenta il “primo approdo” per persone che per la prima volta si affacciano alla politica. Mi riferisco ai giovani di oggi che non hanno vissuto le esperienze politiche e le contrapposizioni ideologiche degli anni 70. Limitare, quindi, i nostri elettori ai soli “delusi da sinistra” rischia di essere una valutazione restrittiva e limitativa.
E poi francamente questa distinzione tra “voto radicato” e “voto fluttuante” va precisato nel suo contenuto. Noi rifiutiamo l’idea che dal cittadino si debba pretendere un “voto a prescindere” a favore di questo o quel partito (nel senso che tutti i comunisti debbano votare Rifondazione e tutti i cattolici l’UDC), senza doversi interrogare prima se le singole persone che sono chiamate a votare meritino il loro voto o meno. Per intenderci, non credo che il Direttore di Micromega – solo perché ideologicamente di sinistra e riformista – debba essere costretto a votare per forza il Partito democratico (ed infatti dubito che l’abbia fatto alle ultime elezioni europee).
Non intendevo - e non intendo - realizzare un partito ideologizzato, fine a se stesso, ma un “partito valoriale”. Non ritengo necessario cioè che debba nascere un nuovo partito, portatore di ideologie diverse e contrapposte alle culture liberali, repubblicane, solidali e riformiste esistenti. Vogliamo invece che queste culture – e, soprattutto, gli impegni programmatici e di governo che ne derivano – siano sotto la guida di “persone affidabili”, di persone, cioè, di cui potersi fidare quando l’elettore consegna loro le chiavi della cosa pubblica, persone che stanno al Governo non per farsi gli affari propri o per gestire lobbisticamente il bene pubblico ma per gestire correttamente il programma per cui sono stati votati e le risorse disponibili.
Per “partito valoriale”, quale vuole essere Idv, intendo riferirmi ad un partito che rilancia nell’agone politico alcuni “valori” fondamentali persi di vista dai partiti tradizionali, a cui deve attenersi qualsiasi “public servant”, a prescindere dalla formazione politica di appartenenza. Tra questi valori, abbiamo messo al primo posto la “legalità”, in quanto la riteniamo il presupposto per l’attuazione sostanziale del “principio di uguaglianza”: senza legalità, non c’è libero mercato, né libera concorrenza, né pari dignità individuale, né pari opportunità, né uguaglianza tra le persone e soprattutto non c’è solidarietà (principio, questo, che accomuna tutte le moderne culture democratiche (da quella socialista a quella cristiana).
Insomma, per me l’Italia dei Valori è stato ed è un partito di cui in questo momento storico c’è bisogno per scuotere le coscienze ed invogliare i cittadini a fare “massa critica”, a fare cioè squadra comune a prescindere dalle ideologie di appartenenze per individuare modalità migliori per la scelta della propria classe dirigente, giacchè quella attuale (ed intendo dire non solo quella della Prima Repubblica smascherata da Tangentopoli, ma anche quella successiva ed odierna, che ne è figlia incestuosa) ha stravolto tutti i canoni classici del proprio ruolo, diventando da struttura di servizio per la collettività a strumento di potere per sé e per la propria casta piduista.
Fatte queste premesse, ritengo che il voto all’Italia dei Valori possa ora essere un rassicurante approdo non solo per coloro che finora ci hanno dato “un voto in assenza di” (come con arguzia fa rilevare il dr. Scanzi) ma anche per coloro che vogliono esprimere un vero e proprio “voto di appartenenza”, giacchè ora - dopo l’iniziale fisiologica fase di assestamento strutturale e programmatico – il nostro partito si è avviato verso una fase congressuale democratica, inserendo nel proprio programma di “alternativa di governo” a quello delle destre berlusconiane un chiaro riferimento di collocazione politica riformista, solidale, repubblicana, laica.

PARDI - E’ vero che una parte dell’elettorato di centrosinistra e di sinistra ha votato Idv. Anche l’osservatore più neutro dovrebbe ammettere che Idv si è meritata quei voti con la fermezza l'intransigenza di fronte all’anomalia italiana. Ma ciò non ha posto riparo al disastro della coalizione. Ha solo contenuto i danni. In effetti la classe dirigente della sinistra ha enfatizzato gli effetti della pessima legge elettorale e ha buttato al macero circa due milioni di voti. A questi va aggiunto circa un altro milione di voti mancanti per l’astensionismo del ceto medio riflessivo deluso dal PD.
Tuttavia un impegno programmatico di Idv, come quello che verrà affermato nel prossimo congresso di febbraio, rivolto con la massima attenzione ai temi sociali più incombenti (lavoro, precarietà, beni comuni, ambiente, energie rinnovabili, scuola, ricerca) potrà modificare indurre l'elettorato orfano a un voto su cui è stato finora dubbioso.
Quanto al voto fluttuante penso che potrebbe essere una tendenza generale forse irreversibile. Se sarà così è meglio accettare l’idea che nel futuro il senso di appartenenza tenda ad affievolirsi per tutti. Ciò significa che a ogni scadenza elettorale Idv dovrà dare il meglio di sé per convincere di volta in volta il maggior numero di cittadini. Sotto questo profilo, serietà e coerenza nelle scelte, trasparenza e democrazia interna avranno importanza decisiva.

7) L’immagine attuale dell’Italia dei Valori è quella di un partito in cui le personalità maggiori coincidono con Di Pietro e De Magistris: due ex magistrati. E’ normale o piuttosto il segnale che il “giustizialismo” può diventare un assillo, quasi una devianza patologica?

DI PIETRO - Francamente ritengo improprio ed innaturale considerare una colpa l’essere o l’essere stati magistrati. Men che meno un esempio di “devianza patologica”. Semmai, in uno stato di diritto, non bisognerebbe prendere come esempio e punto di riferimento i delinquenti non quelli che li combattono.
Grazie comunque per la domanda, che mi permette di fare chiarezza su un altro luogo comune che di per sè vuol dire tutto e non significa nulla: il “giustizialismo”. Che vuol dire? A cosa si vuole alludere? Nel nostro paese tale terminologia viene oggi usata per indicare in modo spregiativo un presunto abuso di potere - da parte dell’Ordine giudiziario ed in particolare dei Pubblici Ministeri (quali appunto io e De Magistris eravamo) - al fine di distorcere il quadro politico uscito dalle urne. Ma ciò è, in termini di fatto, una falsità assoluta. Io non ho fatto né ho mai pensato di fare le indagini Mani Pulite per colpire questa o quella parte politica. Le ho fatte semplicemente perché avevo scoperto che alcune politici – peraltro, di ogni colore politico - commettevano dei riprovevoli reati comuni (soprattutto corruzione, concussione, peculato, illecito finanziamento) in concorso con imprenditori e faccendieri corruttori e falsificatori di bilanci. Che c’è di “politico” in questa azione giudiziaria non riesco proprio a capire. Anzi, sì, di politico c’è una cosa (e solo una): la professione ufficiale e di copertura di delinquenti comuni che si facevano chiamare “politici” per meglio nascondere e realizzare la loro attività criminale.
Reclamare, quindi, oggi a gran voce il rispetto della legalità nell’esercizio delle funzioni politiche non è un atto di becero giustizialismo, ma un principio etico e morale – ancor prima che giuridico – a cui tutti coloro che fanno politica devono essere tenuti.
E’ più che normale, poi, che tale richiamo possa provenire anche – ripeto, anche e non solo, perché la legalità è patrocinio di tutti – da due magistrati, come me e De Magistris che – avendo combattuto e contrastato in modo duro e fermo la criminalità presente nelle istituzioni politiche - sono stati proprio per questo fermati e bloccati nelle loro indagini. Entrambi abbiamo scelto allora di metterci noi stessi a fare politica per raccogliere intorno a noi il consenso di tutti quei cittadini che sono stanchi di subire soprusi e che non vogliono più stare a subire e nemmeno a guardare. Lo abbiamo fatto con assoluta trasparenza e determinazione, dimettendoci dalla Magistratura (anche se con la morte nel cuore, perché per entrambi l’attività di magistrato è stata una missione) ed affrontando l’agone politico con la forza delle nostre idee e la determinazione delle nostre azioni.
Fatte queste premesse, e ribadito che sono fiero di far parte di un partito che ha investito ed investe molte energie su temi come la legalità e la giustizia, oggi con lo stesso orgoglio posso dire che l’elaborazione politica dell’Idv è molto più ampia e di qualità sempre maggiore e spazia dalla tutela dei diritti dei lavoratori (e soprattutto dei disoccupati e dei meno abbienti) alla libertà di impresa trasparente, dall’impegno per la tutela dell’ambiente alla difesa della pluralità dell’informazione. Per una più circostanziata disamina della nostra azione politica rimando al “Programma politico” pubblicato sul mio blog www.antoniodipietro.it

PARDI - Che le figure di maggiore spicco siano due ex magistrati è certo segno dei tempi. I magistrati abbondano anche negli altri partiti. Perfino nel centrodestra, dove, è ovvio, sono surclassati dagli avvocati. Segno che la politica classica riscuote scarsa fiducia. Ma la sottolineatura mediatica dei due ex magistrati non rende giustizia alle altre personalità presenti nel partito.
Non indulgerei alla vulgata del giustizialismo. Scanzi sa bene che è termine spurio e ambiguo, usato sempre in senso dispregiativo. Non mi ha mai convinto neanche la versione più oggettiva: che le insufficienze della politica avrebbero lasciato spazio alla supplenza della magistratura. Punto di partenza questo per poi sostenere che ormai il potere giudiziario ha soppiantato la legittimità dei governi, come le facce di bronzo del centrodestra ripetono a macchinetta.
Di patologico in Italia c’è assai di più del “giustizialismo”: un monopolista televisivo al vertice del potere politico in grado di inventare a ripetizione leggi che lo salvano dai processi, incensurato a causa di sei successive prescrizioni che lo hanno salvato da condanne per delitti ignominiosi. So che ormai per buona parte della classe dirigente di centrosinistra l’anomalia di cui essa stessa è causa va considerata la normalità. Sarà un assillo ma molti cittadini, solo in parte rappresentati da Idv, non si rassegnano a questa falsa normalità.

8) La questione morale è centrale nell’Italia dei Valori. L’inchiesta di MicroMega sembra però avere infastidito la nomenclatura. Per chi fa politica come l’Idv sempre sull’orlo del populismo, è costante il rischio che a furia di fare i Robespierre prima o poi spunti un Saint-Just a rubarti scena (e testa). Non è per questo particolarmente sbagliato minimizzare i problemi interni (per quanto inferiori alla media)? Non avvertite l’esigenza di dimostrare che le Sonia Alfano e i Gianni Vattimo non erano specchietti per le allodole?

DI PIETRO - Siamo fieri che Sonia e Gianni facciano parte della squadra di Idv. Posso assicurare che né io né altri nel partito consideriamo semplici specchietti per le allodole chi, come Alfano, Vattimo e tutti gli altri - rappresentano Italia dei Valori al Parlamento europeo e partecipano attivamente alla vita del nostro partito.
Inoltre non ho mai minimizzato né intendo minimizzare i “problemi” interni al partito e ringrazio Micromega per averli segnalati. Non intendo, però, neanche fare di tutt’erba un fascio. Intendo distinguere, cioè, tra le giuste segnalazioni che provengono dal territorio da alcune critiche strumentali ed insensate che pure ci sono e che sono spesso portate avanti da persone che non sono in grado di farsi valere di per sé ed allora devono denigrare gli altri per sentirsi qualcuno.
Per questa ragione, ho avviato da tempo una profonda analisi della classe dirigente di Idv che si sta formando nel territorio e la fase congressuale che abbiamo avviato – sia a livello nazionale che territoriale – sarà l’occasione per riqualificare ulteriormente i ruoli e le funzioni. Abbiamo stabilito infatti, che – come primo atto – il prossimo Congresso nazionale Idv (5-6-7 febbraio 2010) approvi il seguente codice etico (che sarà il discrimine non solo per far parte di Italia dei Valori ma anche per essere candidato alle elezioni sia politiche che amministrative nelle nostre liste):

Il codice etico dell'Italia dei Valori, vincola tutti gli iscritti e aderenti non iscritti. Il codice etico vuole realizzare le condizioni di trasparenza, correttezza e lealtà che l'iscritto e l'aderente non iscritto, assumono nei confronti della collettività, del Partito, della politica e delle sua articolazioni elettive, di governo e di rappresentanza.

Non possono essere iscritti all'Italia dei Valori coloro che si trovino nelle condizioni di cui all'articolo 1 del codice di autoregolamentazione approvato dalla Commissione parlamentare Antimafia nella seduta del 3 aprile 2007 (trasmessa alle presidenze delle Camere il 3 aprile 2007), cui si rinvia espressamente. Non possono altresì essere iscritti, coloro che si trovino nelle condizioni di cui al comma che precede anche relativamente ai reati contro l'amministrazione della giustizia, contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro la vita e l'incolumità personale a titolo doloso, contro il patrimonio, per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3 quater e 3 quinquies del codice di procedura penale, per il delitto di associazione a delinquere, per il delitto di omicidio colposo con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Coloro che si trovino nelle condizioni di cui all'articolo 2, non possono essere candidati alle elezioni europee, nazionali, regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, se sussista la condizione suddetta alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, né possono assumere incarichi assessoriali.

Se la condizione di cui all'articolo 2, si verifica successivamente alla iscrizione all'Italia dei Valori, si decade automaticamente dalla stessa.

Se la condizione di cui all'articolo 2, si verifica successivamente alla elezione a componente di enti di cui all'articolo 3, l'eletto si impegna a rassegnare le dimissioni con immediatezza. Analogamente sarà tenuto alle dimissioni, il titolare di incarichi assessoriali.

La disciplina prevista negli articoli che precedono, si applica altresì a tutti gli incarichi, di nomina o designazione politica, ricoperti in enti pubblici o a partecipazione pubblica.

Gli iscritti che siano indagati per taluno dei reati di cui all'articolo 2 devono comunicare la loro condizione all'Ufficio di Presidenza e sono, con immediatezza, sospesi dalla iscrizione.

Gli eletti o designati in enti pubblici elettivi di cui all'articolo 3 nonché chi ricopra gli incarichi di cui all'articolo 6, devono, con immediatezza, comunicare all'Ufficio di Presidenza la loro condizione di indagati per i reati di cui all'articolo 2. L'Ufficio di Presidenza deciderà, insindacabilmente sulla decadenza, sospensione o revoca dell'incarico nonché sulle dimissioni, dandone comunicazione all'interessato perché proceda al compimento dell'atto di sua spettanza.

L'iscritto, l'eletto, l'incaricato o il designato, devono sottoscrivere, per conoscenza ed accettazione, il codice etico dell'Italia dei Valori, di cui è parte integrante il codice di autoregolamentazione approvato dalla Commissione Antimafia nella seduta del 3 aprile 2007.

Il codice etico dell'Italia dei Valori, è allegato allo Statuto Nazionale, ed è vincolante per gli iscritti e per gli aderenti, anche se non formalmente iscritti, al Partito.

Qualora l'iscritto o l'aderente non iscritto, non adempia alle dimissioni di cui agli articoli 5 e 6 o non provveda a comunicare la sua condizione ostativa all'assunzione di cariche elettive, incarichi per nomina o designazione (articoli 3, 5 e 6), l'Ufficio di Presidenza pronunzia l'espulsione, la decadenza o la sospensione, con provvedimento motivato che tenga conto della gravità della condotta. Il provvedimento è, con immediatezza, comunicato all'iscritto o all'aderente non iscritto.

L'Ufficio di Presidenza adotta il provvedimento di espulsione, decadenza o sospensione, in tutti gli ulteriori casi in cui ricorrono ragioni di opportunità che rendono evidente l'incompatibilità con l'adesione al Partito o di rappresentanza del Partito. Il provvedimento è, con immediatezza, comunicato all'iscritto o all'aderente non iscritto.

Il codice etico dell'Italia dei Valori, può essere integrato o modificato con provvedimento dell'Ufficio di Presidenza, comunicato all'Esecutivo Nazionale e pubblicato sul sito del Partito.

Qualsiasi controversia concernente l'applicazione del codice etico, è di competenza del Collegio Nazionale di Garanzia che procede secondo le norme dello Statuto Nazionale del Partito.
Ovviamente, essendo la suddetta stesura una bozza, prima di essere approvato dal Congresso di febbraio prossimo, può ( e deve) essere ancora migliorato ed anzi approfitto dell’occasione per chiedere se c’è qualcuno che abbia qualche altro valido consiglio da darmi. Altrettanto ovviamente, d’ora in poi e sin dalle prossime elezioni regionali mi atterrò – nella individuazione delle candidature – ai criteri ed ai principi previsti dal Codice etico, così come sarà approvato dal Congresso.

PARDI - E’ inutile negare che l’inchiesta di MicroMega ha infastidito qualcuno in Idv. Però tanti altri l’hanno accolta come una sollecitazione interessante a ragionare sulla democrazia interna. Come la domanda V di Borsellino rende evidente, la questione non può essere elusa. Non c'è solo il tema della rigidità nei confronti di chi si avvicina pronto a dedicare al partito la propria energia. C'è anche una viscosità della struttura verticale. Non pochi dirigenti ai vari livelli tendono a comportarsi come se il carisma si trasmettesse automaticamente per via gerarchica. Promanato dall'alto verso il basso esso dovrebbe di volta in volta mettere in soggezione i sottoposti e da essi discendere benevolmente a illuminare le basse sfere. Una simile concezione attribuisce a ogni livello gerarchico una sorta di potere incontrollabile sui livelli sottostanti. Il fatto che poi questo potere frazionato possa rivelarsi inesistente, o impotente, aggiunge alla vicenda un carattere di involontaria ironia.
Perciò sarebbe un grave errore se il partito invece di disporsi a un esame sereno delle proprie insufficienze si arroccasse in una difesa sterile della propria condizione attuale. Troncherebbe così i canali di comunicazione con la parte di società più interessata a Idv e a una sua evoluzione creatrice. La profonda serietà del recentissimo esecutivo nazionale fa sperare che si prenda la direzione giusta e in ogni caso non lascia spazio alcuno all’impossibile paragone con la rivoluzione che mangia i suoi figli.

9) Il momento più basso dell’Idv è stato il voto contrario alla Commissione d’Inchiesta sulle mattanze a Bolzaneto e Scuola Diaz, quando il vostro partito era al governo. E’ di queste settimane il calvario di Stefano Cucchi. L’impostazione “poliziottesca” dei quadri dirigenziali dell’Idv (emblematico il caso Giovanni Paladini) può portare a una sottovalutazione di vicende analoghe? La vostra attenzione alla legalità contempla anche il garantismo e il coraggio di non reputare intoccabili magistrati e forze dell’ordine?

DI PIETRO - Sono quattro domande in una che non possono essere mischiate e vanno affrontate singolarmente:

il voto di Idv alla Commissione di inchiesta per i fatti di Bolzaneto;
il calvario di Stefano Cucchi;
la vicinanza e l’affinità di Idv alle forze dell’ordine;
la posizione di Idv rispetto al ruolo dei magistrati
Quanto al primo punto, è davvero riduttivo affermare solo la contrarietà di Idv alla costituzione della Commissione. In realtà Idv non ha sostenuto che non bisognava nominare alcuna commissione ma che bisognava procedere non con una “Commissione parlamentare di inchiesta” ma con una “Commissione parlamentare di indagine”. La differenza è sostanziale: nel primo caso il Parlamento si sostituisce al giudice facendo direttamente l’inchiesta, gli interrogatori, gli accertamenti tecnici, assumendo le testimonianze ed infine emanando una decisione che avrebbe avuto tutti i requisiti sostanziali della “sentenza”. Nel secondo caso invece, il Parlamento sarebbe stato chiamato a dare una valutazione politica del risultato di indagini svolte da altri e significativamente dalla magistratura. Io personalmente preferisco che le indagini e le sentenze le facciano soggetti terzi – i giudici appunto - invece che affidarli a soggetti di parte (i politici) i quali – come la casistica di tutti i giorni dimostra - decidono più per partito preso che per riscontri probatori effettivi e certi. E la magistratura ha fatto il suo corso, individuando responsabilità anche ad alto livello e fornendo materiale e documentazione da cui oggi si può fondare un giudizio ben sapendo che trattasi di dati e riscontri acquisiti in modo indipendente. Oggi cioè - e solo ora che le indagini sono state completate e le decisioni della magistratura prese - è possibile aprire una Commissione di indagine (a cui, ripeto, sono favorevole) ed acquisire la documentazione e così dare – se si vuole - una valutazione politica sull’accaduto. Capisco che non tutti possono essere d’accordo su questa mia impostazione che, però segnalo, è di tipo garantista proprio come mi suggerisce di essere chi mi ha posto la domanda. Non voglio nemmeno sostenere che la mia proposta sia o sia stata migliore di altre ma sicuramente è stata dettata da buona fede e ferma volontà di conoscere la verità e quindi prego di rispettarla come io rispetto le proposte degli altri.
Quanto alla terribile morte di Stefano Cucchi, basta sfogliare le pagine di un qualsiasi giornale per prendere atto dell’attenzione da parte dell’Idv nei confronti del caso Cucchi. A memoria cito le iniziative adottate dal Senatore Pedica, gli autorevoli interventi di altri esponenti del nostro partito, i miei interventi parlamentari e quelle di Leoluca Orlando, ed anche la vicinanza dei nostri deputati e senatori alla famiglia Cucchi (la sorella ha potuto assistere personalmente al dibattito in aula al Senato, invitata espressamente da noi). Nel merito, poi, sono fermamente convinto che la morte di Cucchi non sia dipeso né dal caso né dal destino ma da una o più mani omicide (per giunta, appartenenti a persone delle istituzioni). Per questo, ritengo ancor più necessario ed urgente fare chiarezza e mi sembra che la magistratura la stia facendo con grande sollecitudine, se è vero come è vero che le indagini hanno già individuato possibili indagati e già si stanno dirigendo verso l’ipotesi dell’omicidio.
Terza questione, le forze dell’ordine. Sì è vero, Idv è vicino alle forze dell’ordine. Ma questo, in uno stato di diritto ed in un paese civile dovrebbe essere visto come un fiore all’occhiello e non come un “momento basso” dell’azione politica di un partito. Sia chiaro, noi non siamo “manganellari” e non vogliamo dei Rambo che si fanno giustizia da sé (anche per questo siamo contrari alle “ronde” di leghista memoria). Crediamo però che le forze dell’ordine debbano essere munite delle risorse necessarie e dei mezzi opportuni per contrastare al meglio la criminalità organizzata. Crediamo anche - e ci dispiace che siamo solo noi ad insistere al riguardo – che bisogna “demilitarizzare” - ovvero togliere le mostrine e il ruolo di “forza militare”– alla Polizia di Stato ed alla Guardia di Finanza. I militari servono per fare la guerra mentre le forze di polizia servono per assicurare giustizia e sicurezza ai cittadini. Soprattutto non devono servire per fare gli autisti e per portare le spigole ai loro generali in vacanza.
Infine la questione dei magistrati e della loro asserita intoccabilità. Non è affatto vero che Idv considera i magistrati “tutti” intoccabili. Io e De Magistris siamo stati “toccati” eccome e solo perché stavamo cercando di fare il nostro dovere contro i potenti di Stato. Non solo toccati ma “morti ammazzati” sono finiti tanti magistrati che hanno fatto il loro dovere.
Intoccabili sono invece coloro che sono contigui al potere (ed anche fra i magistrati ce ne sono, eccome) e soprattutto nessuno “tocca” quei magistrati scansafatiche e “scansa problemi” che per quieto vivere fanno i “notai” dei fascicoli giudiziari invece che i “radiologi” delle inchieste. Per intenderci, noi di Idv non professiamo la intoccabilità di tutti i magistrati in quanto tali, ma non possiamo accettare che eventuali colpe di qualcuno (es. la squallida vicenda del giudice finto malato che andava in barca a vela) vengano prese a pretesto per denigrare tutti, per bloccare la giustizia, per fare leggi ad personam, per assicurare impunità ai potenti etc). Si “tocchino” pure i magistrati che non fanno il loro dovere ma non si tocchi proprio, solo e sempre quelli che il loro dovere lo fanno eccome (anche se dall’altra parte della scrivania c’è un politico o un imprenditore d‘alto bordo). Le nostre battaglie, insomma, non le facciamo solo a difesa della magistratura ma della “giustizia” e non possiamo accettare che si screditino i magistrati solo per impedire che si faccia giustizia.

PARDI - Il voto contrario alla Commissione d’inchiesta su Scuola Diaz e Bolzaneto è stato un errore, dimostrato dai processi e dalle sentenze in merito. Ancora oggi i rimproveri dei giovani si fanno sentire. Ma anche senza sentenze basterebbero i denti lasciati in terra dalle studentesse tedesche a confermare il giudizio pubblico, anche in Europa.
Sul caso Cucchi non ci sono rischi di sorta. Il partito, con il senatore del Lazio Stefano Pedica, che del resto si considera un moderato, è stato in prima fila fin dall’inizio a sostenere tutte le azioni necessarie all’accertamento della verità. Non credo che d’ora in poi ci saranno sottovalutazioni. E certo il garantismo vero implica che si sappia considerare non intoccabili, quando è necessario, magistrati e forze dell’ordine.

10) L’Italia dei Valori prospera per la risibile debolezza del Pd e perché il bipolarismo italiano è drammaticamente atipico: non centrosinistra e centrodestra, ma berlusconiani e antiberlusconiani. Questa radicalizzazione avvantaggia un partito di lotta come l’Idv: di lotta, ma non di governo. Cosa farà l’Italia dei Valori quando Berlusconi non ci sarà più? Non è un partito che, paradossalmente, per prosperare ha bisogno anzitutto del Nemico?

DI PIETRO - L’Italia dei Valori non “prospera”, ma “opera”. Non si sta limitando a fare solo “opposizione”, ma si sta adoperando anche per costruire una “alternativa” di governo con un programma le cui linee essenziali possono essere esaminate sul nostro sito www.italiadeivalori.it e che sarà ulteriormente affinato in occasione del nostro Congresso rifondativo del prossimo mese di febbraio.
Siamo un partito d’ispirazione liberale, laica, riformista e repubblicana che ha ricevuto e riceve grande considerazione a livello europeo tanto che è di questi giorni la nomina del nostro on.le Leoluca Orlando a vicepresidente del partito liberaldemocratico europeo (e cioè della terza forza politica europea). Non mi risulta che altri partiti – sulla carta ed a parole molto più blasonati di noi – abbiano mai avuto un simile ruolo e riconoscimento tra le varie famiglie politiche europee.
Certo, oggi facciamo una forte opposizione a Berlusconi. Ne siamo fieri perché riteniamo quest’uomo e la sua politica (degli affari e degli interessi personali) un pericolo per il nostro paese e per la nostra democrazia. Ma siamo fortemente ancorati al sistema bipolare ed in tale ambito ci collochiamo convintamente nel settore di centrosinistra: ovviamente non a prescindere, laddove situazioni locali o personaggi di scarsa considerazione ci suggeriscono di non metterci la faccia.
Idv, peraltro, è già stato partito di governo, un ruolo che deve aver svolto al meglio visto che alle elezioni del 2008 è stata l’unica forza politica dell’ex Unione che ha raddoppiato i suoi voti, mentre gli altri partiti sono crollati. Ma l’Italia dei Valori si è già posta il problema del dopo, che consiste nell’offrire una credibile alternativa di governo. Sappiamo che non fa notizia, ma abbiamo da tempo costituito dei Dipartimenti tematici affidati a tecnici di altissima qualità e preparazione professionale, incaricati di elaborare politiche mirate per i settori fondamentali della società. Così, tanto e solo per citare alcuni esempi, ci siamo dotati di un solido programma economico al quale ha lavorato e continua a lavorare un professionista del calibro di Sandro Trento coordinando un equipe di altri eccellenti economisti; ci siamo appoggiati all’esperienza ed all’aiuto di Maurizio Zipponi per la interlocuzione e la tutela dei lavoratori e dei disoccupati; ci siamo affidati alla capacità elaborativa di Paolo Brutti per studiare le migliori strategie in materia ambientale e di difesa del suolo. E così via.
Insomma ed in conclusione: Idv è un partito che indubbiamente oggi si sente “al fronte”, come lo erano tutti coloro che ai tempi del fascismo facevano resistenza. Ma la nostra aspirazione è quella di ritornare a vivere in un “paese normale”: se ciò potesse accadere – ed un giorno non lontano accadrà - vorremmo essere ricordati fra coloro che non sono stati a guardare ma ne sono stati protagonisti.

PARDI - Non darei per scontato che la fine politica di Berlusconi sia imminente e inevitabile. Niente avviene senza impegno attivo. Quindi prima di tutto bisogna fare in modo che Berlusconi venga riconsegnato il prima possibile all’esclusivo godimento dei suoi miliardi. E questo è un compito dell’intera coalizione. In essa Idv può e deve avere la funzione inesauribile di stimolo e di indirizzo. Non solo lotta ma, come abbiamo già deciso a Vasto, costruzione di una reale alternativa di governo. Quando riusciremo nel compito penso che avremo il diritto di goderci il momento: la fine di un’anomalia ignota in tutte le democrazie conosciute.
Ma il centrodestra non scomparirà. Nella politica italiana ci saranno sempre due schieramenti opposti. Nel futuro centrosinistra Idv potrà svolgere il ruolo prezioso di partito riformatore orientato con la massima decisione all’attuazione effettiva degli essenziali principi costituzionali, primo fra tutti l’eguaglianza e le pari opportunità nella competizione sociale.

(23 novembre 2009)
www.micromega.net

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