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Articolo 21 - Editoriali
Giuseppe Giulietti: "Una Costituzione sempre più oltraggiata"
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di Barbara Battaglia*

«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Queste sono le prime parole dell’Articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana: siamo di fronte a un diritto costituzionale in pericolo? Si interroga oggi su questo tema, la libertà d’informazione nel nostro paese, il Comitato per la difesa della Costituzione di Como, che ha organizzato un incontro alla Biblioteca comunale. Relatore è stato Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, deputato del gruppo misto (ex Italia dei Valori), giornalista attivo da anni nella difesa di un’informazione libera e plurale.
«La Costituzione – dichiara il portavoce di Articolo 21 – è sempre più oltraggiata, sempre più assaltata, umiliata. Come dimostra l’incredibile dibattito che si è aperto nel centro destra sulle parole di Gianfranco Fini: in qualsiasi altro paese europeo le dichiarazioni del presidente della Camera sul fatto che chi ha la maggioranza non può fare quello che vuole sarebbero state considerate un’ovvietà, proprie di qualunque leader di centrodestra. In Italia invece sono state addirittura chieste le dimissioni di Fini. È evidente che le sue considerazioni sono ritenute gravissime da Berlusconi, significa che il Presidente del Consiglio ha in qualche modo in mente il superamento di un principio costituzionale».

Ma qual è la percezione del problema da parte dell’opinione pubblica? I cittadini “sentono” la libertà dell’informazione come una priorità?
«Credo che il tema sia più sentito oggi che in passato. Certamente – continua Giulietti - la percezione di tale emergenza è stata a lungo molto bassa e la responsabilità è anche dell’opposizione: il conflitto d’interessi non affrontato dal centrosinistra, lasciato in appalto a Berlusconi, con un’azione di contrasto blanda, si rivela oggi la vera metastasi italiana. Ciò detto, ho la sensazione che tra i cittadini, nella società civile, tra i manifestanti e nella rete, dunque dal basso, stia crescendo la consapevolezza che un sistema mediatico oscurante è pericoloso per le libertà dei cittadini stessi».

E da internet è nato appunto l’appello per il No Berlusconi day: cosa può fare allora la piazza per la libertà d’informazione?
«Più che di piazza dobbiamo chiederci cosa possono fare milioni e milioni di cittadini insieme. Io ho partecipato alla mobilitazione ma sia chiaro che non per me non è stato un referendum interno al centrosinistra, quanto piuttosto un evento libero e autonomo promosso da ragazzi e ragazze. In questo senso dobbiamo essere ovunque ci sono persone che manifestano il loro amore per la legalità e la Costituzione. Dopo il No B day chiederemo a tutte le associazioni che hanno promosso il 3 ottobre di lanciare mille iniziative in tutti i Comuni – è quanto chiederò anche a Como oggi -, per arrivare poi ad un’altra grande manifestazione unitaria che riunisca tutti i cittadini, indipendentemente dal voto che hanno espresso alle elezioni. Vedo come data ideale per questa mobilitazione conclusiva l’inizio dell’iter finale alla Camera e al Senato del ddl sulle intercettazioni e sul processo breve: in quel momento bisognerà andare in piazza in milioni, senza bandiere, né gelosie o protagonismi.
Non a caso il Presidente Ciampi ha invitato alla sorveglianza democratica; ritengo che il suo appello – che non è certamente quello di un estremista – non sia stato compreso fino in fondo».

Quanto alla Rai, per Giulietti il servizio pubblico radiotelevisivo «è in una pessima situazione,  ridotto ad essere un satellite di Mediaset, con scarsa autonomia industriale ed editoriale; non era mai accaduto che dieci testate giornalistiche su undici fossero controllate dall’attuale maggioranza».
Dunque il “caso” del direttore di RaiTre Paolo Ruffini, sostituito in corsa nonostante gli ottimi risultati ottenuti, è ancora una volta emblematico di certe dinamiche tutte italiane: «è stato cacciato perché Berlusconi ne ha chiesto la testa da oltre un anno, così come vuole la testa di altre trasmissioni come Report e Anno Zero. Nutro grande stima per il nuovo direttore Di Bella, ma se fossi in lui mi metterei da parte tutte le proteste per l’espulsione di Ruffini, incluse quelle di Articolo 21, dovrà affrontarle…E il centrosinistra in questa situazione gravissima non trova di meglio che celebrare Ruffini, non vedo cosa ci sia da festeggiare: è la solita sindrome degli sconfittisti».

*ecoinformazioni

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