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Articolo 21 - Editoriali
Silvio Berlsuconi vuole strozzare la piovra sbagliata
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di Reporters sans frontières

"Le parole sono pietre e se vengono lanciate addosso a chi è già vittima di minacce di morte da parte della criminalità organizzata, possono apparire come un suggerimento", ha spiegato a Reporters sans frontières il giornalista palermitano Lirio Abbate, inviato de L'Espresso e uno dei maggiori esperti italiani di criminalità organizzata, dopo le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sulla mafia.
Reporters sans frontières è scandalizzata dalle parole del premier Berlusconi che ha minacciato, lo scorso sabato 28 novembre, di "strozzare" gli autori di film e libri su Cosa Nostra poiché darebbero una brutta immagine dell'Italia nel mondo.
"Se trovo l'autore de 'La Piovra' e chi scrive libri sulla mafia, giuro che lo strozzo", ha dichiarato Silvio Berlusconi a Olbia. Per reagire contro la violenza di tali dichiarazioni, RSF ha contattato Lirio Abbate.

«Ancora oggi circa dieci giornalisti italiani sono costretti a vivere sotto scorta per le loro inchieste sulla mafia. Per questo motivo, le parole di Silvio Berlusconi sono più che inopportune. E' inammissibile che un capo di governo europeo invii un segnale di questo tipo alla criminalità organizzata. Scrivere e parlare di mafia è oggi più che mai necessario, in particolare per analizzare e denunciare il grado di penetrazione delle attività mafiose nell'universo economico e politico nazionale. I giornalisti che prendono il rischio di informare l'opinione pubblica al riguardo devono imperativamente essere sostenuti, aiutati e non minacciati di morte o costretti al silenzio», ha precisato Reporters sans frontières.

RSF ha raccolto la testimonianza di Lirio Abbate, l'unico giornalista ad essere stato presente al momento della cattura del capomafia Bernando Provenzano, e il primo ad aver dato la notizia del blitz della polizia per l'Agenzia Ansa. Lirio Abbate ha seguito le inchieste e i processi più importanti sulla criminalità organizzata, mafia siciliana, camorra, e 'ndrangheta. E' l'autore, con il giornalista Peter Gomez, del saggio I complici, che approfondisce e analizza le relazioni di collusione tra la mafia e il mondo politico italiano. Nel settembre 2007, gli agenti di polizia responsabili della sua protezione hanno sventato un attentato organizzato davanti alla sua abitazione palermitana. Nel mese di ottobre dello stesso anno, il boss mafioso Leoluca Bagarella ha lanciato pubblicamente un avvertimento intimidatorio al giornalista.

Visto che le minacce di cui è vittima non si sono attenuate, Lirio Abbate vive ancora sotto scorta, fuori dalla Sicilia.
"Il capo di un governo che ipotizza, anche se metaforicamente, l'uccisione di un autore solo perché scrive libri sulla mafia, incautamente appoggia l'idea di gruppi criminali che meditano già di eseguire quella condanna a morte. La mafia c'è, esiste, ed è necessario che se ne parli. Che si denunci. Non parlarne non significa risolvere il problema come vorrebbe il premier Silvio Berlusconi. Coprire la criminalità organizzata con il silenzio - perché possa meglio agire in sordina - è la tesi degli ultimi boss ancora latitanti che ci sono in Sicilia. E la dichiarazione di Berlusconi, fatta per scherzo o sul serio poco importa, utilizza però lo stesso linguaggio di criminali che hanno ucciso cittadini e uomini dello Stato. Per fortuna in questo Paese c'è ancora chi racconta la mafia, ne denuncia i crimini e le collusioni con i poteri forti, e così facendo impedisce il silenzio e l'oblio. Ma purtroppo non sempre è così facile farlo. Si va incontro a rischi per la propria vita, anche se il lavoro di un giornalista, di un saggista, non dovrebbe mettere – almeno in un Paese occidentale - in pericolo l'incolumità di chi scrive. In Italia accade. E per questo dovrebbe essere appoggiato e sostenuto dalla società. Cosa che in gran parte avviene. Ma quando il lavoro degli autori va ad intaccare, come sempre più spesso si verifica nel nostro Paese, l'interesse dei mafiosi che fanno business andando a braccetto con i politici, ecco che arriva il black-out informativo.. Ed è proprio allora che sull'argomento cala l'oblio. Mentre la tensione sale contro il protagonista della denuncia, basta solo che il capo del governo lanci una dichiarazione contro di loro per farli diventare un obiettivo ancora più a rischio. E per i giornalisti che da anni sono sotto scorta a causa delle condanne a morte deliberate dalla mafia perché non vuole apparire, o dei loro complici che non vogliono essere rivelati pubblicamente, significa metterli sotto una cattiva luce. Le parole sono pietre e se vengono lanciate addosso a chi è già vittima di minacce di morte da parte della criminalità organizzata, possono apparire come un suggerimento. Forse a qualcuno che ha voglia di togliere la sicura alle armi. Per questo motivo mi auguro, prima che possa essere troppo tardi, che il capo del governo faccia un passo indietro e si schieri pubblicamente al fianco di chi scrive contro la mafia e le sue complicità politiche." Lirio Abbate

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