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Articolo 21 - Editoriali
Paolo Rossi, la censura non è grammaticale
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di Giuseppe Giulietti

da L'Unità

 

La censura inflitta dalla Rai di Cattaneo a Paolo Rossi non è solo la ripetizione del rito della lista di proscrizione, ben descritto su questo giornale con il consueto rigore da Marco Travaglio, ma è anche lâ??annuncio di quanto accadrà da qui alle prossime elezioni amministrative, speriamo non oltre... Da settimane e settimane il presidente del Consiglio-editore sta annunciando, infatti, la prossima cancellazione, a colpi di maggioranza, della legge elettorale e di quel poco che ancora resta della par-condicio. I cosiddetti moderati del centrodestra se ne faranno una ragione. Il loro stomaco è ormai abituato a digerire anche i sassi, e non solo. In questo contesto appaiono più chiare e leggibili anche le scelte dei presidenti delle Camere in relazione alle recenti nomine della autorità anti-trust, con le indicazioni di due fedelissimi.

Il presidente del Consiglio, alla vigilia di una difficile sfida elettorale, non tollera né arbitri, né controlli. Le autorità di garanzia dovranno essere o silenti o complici. A loro spetterà il compito di tutelare le fortune patrimoniali del partito-azienda e le fortune politiche del presidente-proprietario. La Rai di Cattaneo, pur sfiduciata dalla maggioranza del Parlamento, è lo specchio fedele del tentativo di occupare tutte le piazze mediatiche per puntellare un consenso sempre più traballante. Riuscirà questa spregiudicata operazione politica? Non è affatto detto che essa possa essere coronata da successo, ma sarebbe tuttavia un gravissimo errore sottovalutarla.

La vicenda di Paolo Rossi, se inserita in questo ambito, diventa così ancora più istruttiva. Le ragioni addotte per chiudere la seconda puntata del Moliere di Paolo Rossi sono un capolavoro di ipocrisia, di arroganza, di ignoranza; di tartufismo, per restare in tema.

Lâ??ex presidente leghista della provincia di Varese, Ferrario, direttore pro-tempore di Raidue, ha messo insieme in questa occasione una autentica collezione di perle. Paolo Rossi non sarebbe stato chiuso per ragioni politiche, ma perché il suo linguaggio sarebbe risultato incompatibile con quello di Raidue. Saremmo dunque in presenza di una censura grammaticale. Paolo Rossi sarebbe incompatibile con la lingua parlata da Raidue. Qui il mistero si infittisce: Paolo Rossi, come noto, è «padano» e, come tale, dovrebbe essere logicamente compatibile con il linguaggio della rete «padana». Paolo Rossi «dice qualche parolaccia», ma i programmi che vanno abitualmente in onda su Raidue e sugli altri ristoranti di Raiuno, a tutte le ore, sono ormai inzeppati di oscenità e di volgarità assolutamente sconosciute al più spregiudicato comico italiano. Lâ??ostilità, dunque, potrebbe derivare dalla scelta di rappresentare Moliere, autore non italiano e talvolta irrispettoso delle autorità, ma allora perché trasmettere la prima parte del programma? La realtà è assai più semplice. Qualcuno di potente non ha gradito la prima puntata, e soprattutto non ha gradito il grande successo di ascolti, e ha così chiesto di sopprimere la seconda. Esattamente come è accaduto per Sabina Guzzanti. La Rai di Berlusconi e di Cattaneo ha immediatamente dato esecuzione allâ??ordine, come già aveva fatto con la richiesta di espellere Enzo Biagi, Michele Santoro, Carlo Freccero, Daniele Luttazzi... Così come eseguirà i comandi relativi alla prossima campagna elettorale e alla consultazione referendaria. Lâ??anomalia rappresentata dallâ??attuale governo monocolore del servizio pubblico, che non ha precedenti, è unâ??autentica indecenza istituzionale, una vera e propria violazione delle regole del gioco e del principio delle pari opportunità, più volte invocato con grande passione civile dallo stesso presidente Ciampi.

Metà della pubblica opinione, dopo la espulsione di Lucia Annunziata, non è più rappresentata nellâ??organismo di garanzia che dovrebbe governare la Rai. La questione, dunque, riguarda la politica in prima persona e deve essere assunta in modo formale dalla guida dello schieramento di centrosinistra e da chiunque abbia a cuore, anche in campo avverso, le sorti dellâ??articolo 21 della Costituzione. Lâ??attuale gruppo dirigente della Rai va rimosso ed è necessario che questo tema diventi lâ??essenza di una grande campagna politica. Lâ??indignazione, pur legittima e sacrosanta, deve ora intrecciarsi con lâ??azione politica, senza scartare alcuna ipotesi. Ci sono, per esempio, associazioni e movimenti che propongono di «congelare» il canone (non di evaderlo!) sino a quando la legalità non sarà stata ripristinata. Altri chiedono di poter devolvere il corrispettivo del canone di abbonamento solo a quelle reti o a quelle emittenti, pubbliche o private, che ancora assicurino un reale diritto di scelta ai cittadini. Altri ancora propongono di non partecipare più a quelle trasmissioni dove non è assicurata una piena agibilità democratica. Câ??è chi sostiene, lo ha fatto Giovanni Valentini dalle colonne di Repubblica, lâ??opportunità di «congelare» la presenza delle opposizioni in commissione parlamentare di vigilanza e di sollevare la questione nelle aule parlamentari costringendo i presidenti delle Camere ad una assunzione di responsabilità politica e allâ??apertura di una discussione capace di indicare i criteri per la nomina di nuovi arbitri nel settore dei media: le autorità di garanzia e il nuovo consiglio della Rai. Spetterà alla guida della coalizione indicare la via migliore, ma lâ??importante è che la decisione, qualunque essa sia, sia assunta in forma unitaria, tempestiva e soprattutto adeguata alla gravissima situazione che rischia di dar luogo ad un vero e proprio broglio mediatico, possibile premessa di brogli ben più rischiosi per la comunità nazionale.
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