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Articolo 21 - Editoriali
Il 70° detenuto suicida è morto proclamandosi innocente… e se lo fosse stato davvero?
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di redazione*

Riceviamo e pubblichiamo di seguito il comunicato dell'Osservatorio permanente sulle morti in carcere.

Plinio Toniolo, 55 anni, artigiano, ex assessore del Comune di Nove (Vi) è il settantesimo detenuto che si toglie la vita dall’inizio dell’anno: si tratta del numero più alto di suicidi in carcere mai registrato in Italia.

Toniolo è il quarto detenuto che muore suicida nella Casa Circondariale di Vicenza negli ultimi 4 anni: il 24 novembre 2008 si uccise Abdelmijd Kachab, algerino di 22 anni;   il 12 aprile 2007 Carlo Maruzzo, di 38 anni e il 6 ottobre 2005 Simon Lleshaj, albanese di 36 anni.

L’uomo era stato arrestato domenica per un mandato di cattura europeo. Le autorità tedesche lo accusavano di fatti molti gravi: atti sessuali su minorenne. Ieri, dopo l'interrogatorio di garanzia, nel quale ha cercato strenuamente di spiegare che quelle accuse erano folli, perché lui di mani addosso a bambini e bambine non ne ha mai messe né aveva mai pensato di metterle, è rientrato in cella. E si è tolto la vita.

Il dramma è stato scoperto intorno alle 16.30. Le guardie penitenziarie hanno dato l'allarme al 118, ma all'arrivo dei sanitari del Suem non c'è stato più nulla da fare, Toniolo era già morto per soffocamento.

Toniolo era stimato sia come artigiano decoratore sia come uomo. Ex assessore del Comune, ha operato una vita nel settore del volontariato e delle opere sociali, a stretto contatto con la parrocchia. Una persona specchiata, viene descritta in paese, che si è sempre spesa per gli altri. Per questo l'artigiano non sarebbe riuscito a reggere quell'accusa infamante.

Da quanto è stato possibile ricostruire, i carabinieri della compagnia di Bassano avevano ricevuto il mandato di cattura europeo spiccato dal tribunale di Berlino. Non avevano potuto fare altro che arrestare Toniolo e accompagnarlo in carcere. Lui si era detto fin dal primo momento sconvolto dell'accusa. Lo stesso ha fatto ieri, quando è stato interrogato dal giudice della Corte d'Appello di Venezia, competente per i casi di arresto ordinato da altri paesi dell'Ue. Toniolo si è difeso, ma quando ha saputo che le manette a suo carico erano state convalidate non avrebbe retto ed avrebbe deciso di farla finita.

Non sapremo mai se Plinio Toniolo era davvero innocente, ma di certo sappiamo che ha usato il suo corpo, la sua vita, nell’estremo tentativo di essere ascoltato e creduto. Come Bruno Vidali, che si è ucciso il 14 novembre scorso nel carcere di Tolmezzo dopo aver inutilmente “gridato” per mesi la sua innocenza, e come tanti altri prima di loro.

Premettendo che ogni decesso dietro le sbarre rappresenta di per sé un fatto inaccettabile per la civiltà del paese e per le nostre coscienze, viene da chiedersi quanti dei detenuti che muoiono ogni anno avrebbero potuto essere fuori dal carcere e, probabilmente, essere ancora vivi.

La custodia cautelare in carcere dovrebbe rappresentare l’eccezione e non una sorta di “anticipazione della pena”, mentre i detenuti in attesa di giudizio sono più numerosi dei condannati (34mila circa contro 31mila).

Le morti sono più frequenti tra i carcerati in attesa di giudizio, rispetto ai condannati, in rapporto di circa 60/40: mediamente, ogni anno in carcere muoiono 90 persone ancora da giudicare con sentenza definitiva e le statistiche degli ultimi 20 anni ci dicono che 4 su 10 sarebbero stati destinati ad una assoluzione, se fossero sopravvissuti.

 

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