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di EveryOne Group
Marsala, 18 gennaio 2010 - Denise Pipitone, la bambina più volte usata dai media, dagli intolleranti e dalle autorità per criminalizzare il popolo Rom fu rapita e verosimilmente uccisa in àmbito familiare. Il Gruppo EveryOne presentò due anni fa un dossier alla Procura di Marsala, con precise indicazioni da seguire per dare alle indagini un corso veritiero e cancellare la diceria razzista che, alimentata appunto da giornali e televisioni, trasformò il viso della bimba nel simbolo del più odioso dei pregiudizi: quello degli "zingari" rapitori di bambini. Dall'1 settembre 2004, quando fu rapita, Denise è stata "avvistata" decine di volte, sempre in compagnia di Rom. A causa di quella "leggenda metropolitana", diverse donne di etnia Rom sono state insultate e aggredite da intolleranti, arrestate e imprigionate dalle forze dell'ordine. Salvo poi risultare estranee al crimine. Ecco un passagio della lettera con cui EveryOne presentò le proprie ipotesi alla Procura di Marsala: "Il caso della sparizione di Denise Pipitone è troppo spesso strumentalizzato per alimentare razzismo e per criminalizzare il popolo Rom. Noi del Gruppo EveryOne abbiamo una notevole esperienza nell'analisi di casi di cronaca utilizzati da alcuni politici, autorità e stampa per gettare fango su un popolo già emarginato e oggetto di pregiudizi gravi. Analizzando il caso Pipitone in base alle informazioni divulgate dalla stampa locale e internazionale non è difficile formulare l'ipotesi più probabile: la sparizione della bambina è avvenuta in un'ambito a lei vicino (probabilmente molto vicino) e sicuramente fra parenti e conoscenti vi è chi conosce la verità. Non abbiamo mai letto smentite riguardanti alcune ipotesi che attribuiscono i fatti a persone del posto e credo che si tratti della pista che merita indagini approfondite. Ci auguriamo che la vostra Procura abbia il coraggio e l'obiettività per andare a fondo nelle indagini e far luce sull'evento. L'opinione pubblica, in tal modo, avrebbe un luogo comune in meno su cui basare la propria intolleranza, fomentata da giornali e TV. Perché l'accusa di ratto di minori è la più calunniosa, ma anche la più antica, che colpisca il popolo Rom in Italia e gli 'avvistamenti' di Denise proseguiranno e si verificheranno ogni volta che la TV presenterà le fotografie in cui appare il viso sorridente della piccola, ventilando - con un compiacimento intollerante - l'ipotesi che getta fango, ingiustamente, su tutto il popolo Rom. Grazie del vostro lavoro".
Oggi, 18 gennaio 2010, ci è giunta una notizia confortante: è stata rinviata a giudizio per il sequestro di Denise la sorellastra Jessica Pulizzi. E' la decisione del gup di Marsala Lucia Fontana. Rinviato a giudizio per false dichiarazioni al pm l'ex fidanzato della Pulizzi, Gaspare Ghaleb. E' la strada giusta, che farà giustizia di tanti pregiudizi, di tante sofferenze. Sull'onda della diceria legata a Denise, nel 2005 a Lecco vennero costrette a patteggiare un'ingiusta detenzione le Romnì Sopirla Copalea e Sineta Caldararu, accusate di tentato rapimento di minore, nonostante vi fossero sette testimoni che videro con i loro occhi i fatti: le donne avevano semplicemente accarezzato il piccolo sorridendogli. La loro vicinanza al bambino era stata sufficiente alla madre per gridare al rapimento e alle autorità per arrestarle e punirle. Roberto Malini del Gruppo EveryOne ha incontrato nel 2008 Sineta e tre dei testimoni che tentarono di scagionarle, verificando la loro innocenza e l'ennesimo abuso giudiziario contro persone Rom. Ora è tempo che si faccia giustizia anche riguardo ad Angelica, la ragazzina Rom condannata in primo grado e in appello per il "tentato rapimento di una bambina a Ponticelli", senza prove, in base alla sola testimonianza piena di contraddizioni della madre della piccola. Riguardo a questo caso, negativamente esemplare del malfunzionamento della giustizia in Italia e dei pregiudizi antizigani che condizionano autorità e magistrati, EveryOne ha trasmesso un dossier - in cui è dimostrata l'iniquità delle prime due sentenze - ai giudici della Corte di Cassazione, con la speranza che, alla fine, si affermerà finalmente - anche in questo caso, più volte strumentalizzato da politici razzisti - la verità e la giovane vittima dell'intolleranza ritrovi la libertà e si ricongiunga ai familiari e al giovane marito.
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