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Articolo 21 - Editoriali
Il canone che nessuno paga
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di Nino Rizzo Nervo*

Sono circa sedici milioni e mezzo gli italiani che pagano l’imposta per la «detenzione di apparecchi atti alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive». È questa infatti l’espressione corretta, basta chiederlo a qualsiasi giurista o rileggersi le decisioni in materia della Corte costituzionale e della Cassazione.
Per intenderci chi paga il cosiddetto “canone Rai” (lo continuerò, pertanto, a chiamare così soltanto per comodità di sintesi) assolve ad un obbligo di legge che deriva esclusivamente dal possesso di quell’“apparecchio” e non dalla fruizione dei servizi erogati dalla Rai. Siccome poi la Rai spa è la concessionaria pro tempore, lo stato utilizza le somme ricavate da quell’imposta per finanziare, attraverso un contratto, il servizio pubblico radiotelevisivo.
È tanto vero che forse in pochi sanno che dei 109 euro del “canone” (che continua ad essere, anche dopo il recente aumento, il più basso d’Europa) soltanto 100,84 euro saranno versati a viale Mazzini: il 7,83% resterà, infatti, nelle casse dello stato tra Iva e tassa di concessione e lo 0,01% sarà utilizzato per finanziare l’Accademia nazionale di Santa Cecilia: è vero, si tratta di poca cosa, un contributo modesto che dimostra però il fatto che non vi è un legame diretto tra chi paga quell’imposta e la società Rai (vedi Cassazione civile-sezioni riunite 20-11-2007 n.
24010). Ora, ma questo è noto, accanto a quei sedici milioni e mezzo di cittadini “virtuosi” continuano ad esserci (e anche in questo caso deteniamo un primato europeo) circa cinque milioni e mezzo di evasori totali di quell’imposta (il 26,1%) che hanno sottratto, non soltanto alla Rai ma innanzi tutto allo stato, dal 2005 al 2008 ben 2 miliardi e 280 milioni di euro.
Scovarli sarebbe semplice, persino la bistrattata Grecia è riuscita ad azzerare l’evasione, ma non lo si vuol fare, grazie ad una rara, di questi tempi, convergenza bipartisan visto che sinora hanno fatto orecchio da mercante sia i governi di centrodestra sia quelli di centrosinistra. Avere una Rai debole in un perenne stato di incertezza economica e quindi sotto schiaffo della politica, ha probabilmente una sua convenienza per tutti. Io, però, mi rifiuto di dar credito a coloro che questa tesi sostengono e prendo per buona, invece, come giustificazione la difficoltà di smascherare gli evasori.
C’è un’altra sacca di evasione del canone di cui, però, nessuno parla che sarebbe invece facilmente aggredibile. Basta andare sul sito www.abbonamenti.rai.it per scoprire che i “canoni” sono due: quello “ordinario” di 109 euro dovuto per intenderci dalle famiglie, e quello “speciale” che ha vari importi: da 195,31 euro a 6510,13 euro. È dovuto da tutti coloro che quell’ “apparecchio” detengono per usi «fuori dall’ambito domestico». Erroneamente si pensa che sono tenuti a pagarlo soltanto alberghi, bar e ristoranti anche se sino ad oggi sono stati i soli a pagarlo per un introito nel 2008 di circa 58 milioni di euro. Gli unici soggetti, infatti, ad essere esonerati sono: gli ospedali militari, le Forze Armate limitatamente alle Case del soldato e alle sale di convegno (ma non per gli alloggi o gli uffici), gli agenti diplomatici e consolari a condizione della reciprocità nei paesi di appartenenza, i militari stranieri appartenenti alle forze Nato, le scuole e le università, ma su richiesta documentata e solo per scopi didattici (non quindi per i televisori nelle stanze di presidi, rettori e professori) e alcune associazioni assistenziali e di volontariato.
Tutti gli altri devono pagare. Si tratti di amministrazioni pubbliche (ad esempio comuni, regioni, ministeri, enti, guardia di finanza, polizia, ospedali, ecc.) o di uffici privati (imprese, banche, studi professionali, case di cura, navi, aerei e persino le imbarcazioni da diporto se intestate a una società). Non sfuggono al dovere di pagare l’imposta (in questi casi 195,31 euro) neanche le sedi di sindacati, partiti politici, associazioni e istituti religiosi. Nonostante l’importo sia interamente deducibile l’evasione del “canone speciale” è pressocché totale, tanto che non è azzardato sostenere che il mancato introito non si aggira, come sempre si è detto, su circa 500 milioni di euro l’anno ma supera abbondantemente il miliardo. Eppure si tratta di categorie alle quali non sarebbe difficile far pagare il canone. Una recente indagine dell’Associazione contribuenti italiani (www.contribuenti.it) ha rivelato che l’83% delle imprese dichiara di evadere il canone soltanto perché l’amministrazione finanziaria, anche se ci sfuggono le ragioni, nel corso delle verifiche fiscali non richiede la prova del pagamento. Per gli uffici pubblici, centrali e periferici, sarebbe sufficiente una circolare ministeriale o dell’Agenzia delle entrate.
Non vedo del resto perché il ministero dell’economia e delle finanze che il canone lo paga (o almeno così penso che sia, rifiutandomi di immaginare che possa evaderlo proprio chi è preposto alla lotta agli evasori) possa consentire a comuni, regioni, assessorati, università, ospedali, enti, imprese, società di eludere la legge. Per quanto riguarda i partiti conto molto, adesso che lo sanno, sulla loro sensibilità civica. 

*da Europa

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