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Articolo 21 - Editoriali
Il giudice crocifisso
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di Simone Luciani

Prima i fatti. Il giudice di Camerino Luigi Tosti, e siamo nel 2005, rifiuta di tenere udienze. Motivo: la presenza del crocifisso nelle aule giudiziarie. Non ‘nell’aula’, ma ‘nelle aule’. Tanto che, nonostante il presidente del Tribunale gli prospetti la possibilità di svolgere il proprio lavoro in un’aula sprovvista di simboli religiosi, Tosti oppone diniego: o il crocifisso sparisce dalle aule, o mandate via me. Dopo la sospensione (di ruolo e stipendio) arrivata nel 2006, ora arriva l’esclusione definitiva dall’ordine giudiziario. Così decide il Consiglio Superiore della Magistratura.
Poteva Tosti accettare la mediazione del presidente del tribunale, mettendosi a lavorare nell’aula senza crocifisso? Ovviamente sì. Poteva il CSM passare sopra al fatto che questo giudice rifiuti di tenere le udienze? Probabilmente no. E’ vero ciò che si è affrettato a dire Nicola Mancino, e cioè che il CSM non ha deciso sul tema del crocifisso ma su un giudice che rifiuta di tenere le udienze? Naturalmente sì. Dunque, tutto in linea con logica e buon senso? Naturalmente no.
Ho già detto, quando si dibatteva sulla liceità del crocifisso nelle aule scolastiche, che se la scelta spettasse a me sceglierei di toglierlo, ma che non passo la vita a dare testate contro il chiodo che tiene al muro la croce sapendo di questa presenza sulle pareti dei luoghi pubblici. E tuttavia, trovo che la battaglia del giudice Tosti sia una battaglia di principio (combattuta sulle proprie scelte di vita e sul proprio portafoglio), e con ciò va rispettata. E trovo che non rappresenti affatto una deriva anticristiana il riconoscimento che la Corte di Cassazione fece, assolvendolo sul piano penale, dicendo che la questione del crocifisso ‘ha una sostanziale dignità e meriterebbe un adeguato approfondimento’. Approfondimento che, evidentemente, il CSM ha ritenuto di non fare: giudice cacciato perché si rifiuta di tenere le udienze (che la ragione sia il crocifisso o la voglia di andarsene al mare non fa differenza), nonostante l’organismo sia spesso accusato di essere piuttosto indulgente verso i comportamenti sbagliati dei magistrati. Non solo: lo stesso CSM che, giustamente, esprime pareri su leggi e disegni di legge, ritiene di non dover profferire parola sulla circolare che stabilisce la presenza dei crocifissi nelle aule giudiziarie, datata 1926, firmata dal Ministro della Giustizia Alfredo Rocco, presidente del Consiglio in carica Benito Mussolini.
Gli argomenti a favore del crocifisso risuonano come un disco rotto: è il simbolo delle nostre radici, nelle aule giudiziarie ricorda una grande ingiustizia, non ha mai fatto male a nessuno, etc. etc. Mi pare che le cose stiano in modo più semplice e peggiore: un simbolo religioso è appeso sopra la scritta ‘la legge è uguale per tutti’. La legge che vale, cioè, per cattolici, non credenti e diversamente credenti. E’ dura spacciare tutto ciò per uno sfoggio di coerenza. Lascia perplessi osservare che chi, fra le toghe, lo ha fatto notare è stato rapidamente scaricato. E viene anzi accusato, nell'incolpazione della Procura generale della Cassazione, di aver "compromesso la credibilità personale ed il prestigio dell'istituzione della giustizia". Sarà... 
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