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Articolo 21 - Editoriali
Guerra di camorra nel golfo di Napoli
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di Vincenzo Vasile

Stasera Primo Piano non andrà in onda. Ma non preoccupatevi, non si tratta di unâ??ennesima censura a Raitre. Lo spazio della rubrica di approfondimento sarà occupato (alle 23,15) da unâ??inchiesta che la rete ha realizzato in collaborazione con il Tg3: unâ??inchiesta sul «La guerra nel golfo». Golfo inteso come golfo di Napoli. E per guerra sâ??intende la faida sanguinosa tra clan camorristi che insanguina la città, e in particolare la zona Nord, i quartieri di Scampia e Secondigliano e i comuni vicini, Melito, Casavatore, Mugnano. Lâ??autore è Sandro Ruotolo, uno degli ex del gruppo di lavoro che si raccoglieva attorno a Michele Santoro, prima delle liste bulgare di Berlusconi. Unâ??altra preziosa goccia di giornalismo dâ??inchiesta è riuscita, dunque, a farsi strada nel placido mare dellâ??omologazione dei palinsesti del servizio pubblico, e chissà se anche in questâ??occasione come per la puntata di Report sulla mafia si leveranno altri appelli al bavaglio della libertà di cronaca.
Sulla «guerra» di Napoli la censura, se vogliamo, sâ??è già mossa, sia pure in forma più raffinata rispetto ai diktat di Cattaneo. Usando la metafora della guerra, è come se il sistema dellâ??informazione si fosse finora accontentato di dar conto dei «briefing» dei militari, con la conta di morti, feriti e prigionieri, statistiche fredde, resoconti falsamente oggettivi, come dallâ??altro mondo. E anche se i tg hanno aggiornato fino a qualche ora fa i bollettini degli omicidi e dei blitz, ancora nessuno ha raccontato tutto il sangue, tutto il dolore, tutte le voci di disperazione e di speranza. Nellâ??inchiesta che andrà in onda stasera câ??è innanzitutto unâ??immagine spiazzante: lâ??elicottero mostra il grande ghetto di Napoli Nord (quello in cui nel solo 2004 sono avvenuti 139 delitti) accanto alla città normale, il Golfo delle cartoline, e il Vesuvio sullo sfondo. E dallâ??alto Scampia è persino bella. Si vedono viali lunghi e larghi, spazi in origine destinati per il verde, i palazzi. Poi scendi, e trovi un microcosmo formicolante di sofferenze e di tragedie: in un bar a Melito ne hanno ucciso uno proprio il giorno che Ciampi ha lanciato il suo appello, ma lì câ??era molta più gente, accorsa ad assistere a quello spettacolo di morte (la telecamera si sofferma su una donna in prima fila con un bimbo in braccio): erano undici al mese lâ??anno scorso, e ora sono sette gli ammazzati, «i sparati» come li chiamano a Napoli, nei primi diciotto giorni dellâ??anno.
Si vedono case deserte, case distrutte. Anzi ce nâ??è soprattutto una che Ruotolo visita a dicembre: il piano terra per i figli, il primo piano per il padre. Vasche Jacuzzi, vetri blindati, il videocitofono accanto al letto per scattare sui tetti, se arrivano quegli altri. Quegli altri non sono (o sono solo di recente) i poliziotti. Di solito sono quelli del clan avversario: i «Di Lauro» contro i «secessionisti», ma esistono anche gli ex-secessionisti, tutti con i loro gruppi di fuoco: si parla di giovani e giovanissimi, armati fino ai denti. Davanti a quella casa che oggi appare nera di fuoco e di fumo a novembre hanno massacrato a calci e pugni un pensionato, reo di esser il patrigno del leader secessionista con la Jacuzzi in casa. Per punizione, per avvertimento. Ma non è bastato, e hanno mandato in fumo il primo piano. Poi Ruotolo torna nella stessa casa a gennaio: il «lavoro» non era stato fatto bene, hanno bruciato anche il primo piano dove câ??era quella vasca idromassaggio. Rimangono solo macerie annerite. Eppure quella casa era da tempo senza vita. Perché da Scampia, da Secondigliano, da Casavatore se ne sono andati a centinaia. Scappati.
Ruotolo ha parlato con molti ragazzi, è stato nelle scuole di Scampia e Secondigliano. Una preside, intervistata, dice che su 650 alunni, 50 non si vedono più. Semplicemente perché le famiglie temono che, scendendo per strada, possano diventare anche loro obiettivo di vendetta trasversale. Perché qui si uccide il fratello, il cugino, quello che ha fatto lâ??errore di farsi vedere per strada mentre stringeva una certa mano. I ragazzi hanno facce pulite e occhi bellissimi. Dicono cose terribilmente chiare: «abbiamo paura...» (paura è la parola ricorrente), «siano considerati ormai lo scarto dâ??Italia...», «non mi sento libero di camminare...», «non mi sento libero...».
Questi palazzi hanno anche ben strani portoni. In uno entrano gli inquilini, nellâ??altro non câ??è la chiave, ma cancelli e grate, e maniglioni privi di serratura, per questi portoni non si può circolare, qui si spaccia la droga. Scala per scala. Câ??è la scala hascisc, la scala eroina, la scala cocaina, la scala Kobret (una droga sintetica che devasta il cervello). Un carabiniere in mezzo a una retata: «Questo è il più grande centro di spaccio dâ??Europa». Lâ??intervistatore non concede nulla alla «gente»: voi avete paura dello Stato o dei camorristi? E loro bluffano in coro: «Non abbiamo paura di nessuno, nun tenimm paura â??e nisciun». A un drogato in trasferta (da Lamezia, diretto a Bolzano): hai comprato droga da questi e così finanzi la camorra che uccide ragazzi come te... La risposta: «Ã? la legge del mercato...».
Ma non câ??è soltanto il pulviscolo criminale delle bande metropolitane, câ??è la camorra che fa affari, investe miliardi, come nel Casalese. E qui due fratelli ex-latitanti davanti al loro enorme caseificio, si vantano: «Stevamo a casa, 15, 16 mesi, latitanti, a casa nosta, a cercarci e non è venuto mai nisciuno...». Câ??è una commerciante cui hanno bruciato il negozio, e ora ha fondato lâ??associazione antiracket a san Giovanni a Teduccio. Ci sono i rappresentanti delle istituzioni locali, Bassolino e Rosetta Jervolino, che fanno una figura di giganti al raffronto con il siciliano Cuffaro. Loro fanno la parte che spetta al potere locale, e invocano una risposta forte e chiara dello Stato. Dice Bassolino: «Se si vuole, si può». Ma tutto questo ­ il supermercato della droga a cielo aperto, i palazzi blindati, la catena di morti - è avvenuto, è cresciuto alla luce del sole. Se si vuole, si può. Ma si vuole?
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