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Articolo 21 - Editoriali
Il boomerang del cavaliere
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di Massimo Riva

da Repubblica

IL BOOMERANG DEL CAVALIERE   La Costituzione affida la vita del governo al rapporto di fiducia con il Parlamento. Non è prevista (né sarebbe prevedibile) altra procedura specifica di rimozione del presidente del Consiglio per il caso che questi perda il contatto con la realtà e si metta a parlare a vanvera. Ma quel che ha detto ieri il vicepresidente Gianfranco Fini nei confronti di Silvio Berlusconi appare, nella sostanza, una vera e propria iniziativa di destituzione di un comandante in preda al vaniloquio da parte del suo più immediato sottoposto, come si fa sulle navi in pericolo. Per rendersene conto basta mettere in ordine quanto accaduto nelle ultime quarantott´ore. Tutto comincia con un annuncio del ministro Tremonti il quale, ammettendo che l´economia del paese sta pericolosamente degradando, fa sapere che il governo ha pronto un piano-shock di rilancio, i cui dettagli saranno resi noti dal presidente del Consiglio.

Il boomerang del Cavaliere
L´indomani l´intero paese pende dalle labbra di Silvio Berlusconi e questi se ne esce con due annunci davvero scioccanti, ma soltanto per la loro intrinseca banalità. Il primo ripropone, dopo quasi tre anni di governo, la finora vana promessa elettorale di un drastico taglio alle aliquote più alte dell´imposta sui redditi. Il secondo è, invece, una novità grottesca: a un paese nel quale le merci non si vendono perché i consumi ristagnano, il presidente del Consiglio propone impavido di aumentare la produzione cancellando dal calendario un paio di festività infrasettimanali. Così, chiosa, avremo anche un rialzo statistico positivo del Pil, il prodotto interno lordo. Passano poche ore da questa sconcertante sortita e lo scontato sarcasmo delle opposizioni è superato, in quantità e in qualità, dalle reazioni dei principali soci della maggioranza. Il ministro Maroni è lapidario: gli italiani lavorano già a sufficienza. Un altro ministro, Buttiglione, si chiede «a quale governo» appartengano le misure annunciate da Berlusconi. Il segretario dell´Udc, Follini, dice che al suo partito interessa la tutela dei redditi più bassi e che la riduzione delle tasse per i benestanti come i due giorni di lavoro in più sono argomenti che vengono dopo e precisa: «Molto dopo». Il leghista Ce´ si spinge a raccomandare che «prima di dire certe cose bisognerebbe riflettere di più». Ma chi, per tono e per durezza, sopravanza tutti è proprio il numero due del governo: Fini è drastico e ultimativo. Le festività? Una questione minimale. Meno tasse? La priorità va data alla tutela del potere d´acquisto di salari e pensioni. Non pago di aver così azzerato il fantomatico "piano" di Berlusconi, il vicepresidente del Consiglio fa partire altri due siluri politici contro il Cavaliere e il suo ministro dell´Economia. Al primo, che sembra voler ereditare il ruolo frenante di Aznar sulla firma della Costituzione europea, replica con forza: «Prima ci diamo una costituzione Ue e meglio è per tutti». Al secondo (Tremonti) manda a dire che lui è arcistufo di assistere a un ping-pong quasi quotidiano con il governatore della Banca d´Italia. Non è la prima volta che dentro la coalizione di centrodestra affiorano contrasti anche duri sulla linea da seguire: sulla riforma delle pensioni, per esempio, è successo di tutto e forse ancora di tutto succederà. Ma mai come stavolta una proposta del presidente del Consiglio era stata così seccamente impallinata ancor prima di toccare terra, né lo stesso Berlusconi era stato apertamente trattato come uno sprovveduto che parla da dilettante allo sbaraglio. Insomma, mai s´erano visti soci della maggioranza usare un linguaggio che pare mutuato da quelli che il Cavaliere bolla come gli "insulti" dell´opposizione. Naturalmente, sarebbe da sciocchi pensare che questo pesante interdetto di Fini e C. possa preludere a una scomunica con conseguente crisi di governo: quello che muove i ribelli della Casa delle libertà è un istinto di conservazione più che di suicidio collettivo, anche perché il voto europeo e amministrativo incombe. Il fatto è che dentro le menti politicamente più avvertite del centrodestra sono ormai maturate tre precise consapevolezze. Prima, la situazione economica del paese è davvero seria con riflessi sociali pesanti, come confermano i dati Istat su una crescita delle retribuzioni di fatto 2003 di oltre mezzo punto inferiore a un indice d´inflazione già poco rappresentativo della effettiva perdita di potere d´acquisto. Seconda: condoni e invenzioni finanziarie del ministro Tremonti hanno rinviato la resa dei conti con le difficoltà del bilancio pubblico, ma le hanno anche aggravate e certo ora non c´è spazio per ridurre le tasse a meno che non si vogliano chiudere scuole e ospedali ovvero sciogliere l´arma dei carabinieri. Terza e politicamente più complessa: di fronte a tutti questi problemi, Silvio Berlusconi non fa il capo del governo ma continua ad agire come fosse in perenne campagna elettorale, sforna slogan tanto appariscenti quanto infondati, lancia promesse che restano sempre appese nell´aria, parla di un´Italia opulenta che esiste solo nella sua fantasia (o forse nel suo portafoglio), posa prime pietre alle quali quasi mai segue la seconda, insiste nel presentarsi agli italiani come l´unto del Signore che, con trovate come l´abolizione di un paio di festività, vorrebbe ripetere il miracolo delle nozze di Cana trasformando in abbondante vino la scarsa acqua di un Pil in crescita stentata. Quando Fini, l´estate scorsa, sollecitò (invano) la guida di una cabina di regia sulla politica economica, la sua mossa sembrava diretta solo contro lo strapotere di Tremonti. Oggi la sua dura reazione per essere stato aggirato nel ruolo di capo del Consiglio di Gabinetto per l´economia, fa ritenere che questa nuova iniziativa abbia come obiettivo di sostanza il commissariamento di un presidente del Consiglio, incapace di esercitare l´incarico e perciò regredito al suo vecchio mestiere di venditore di spot pubblicitari. Una mossa disperata, forse l´ultima a disposizione di quelle forze del centrodestra che non vogliono finire imbelli sotto le macerie del fallimento berlusconiano. Peccato che il paese non possa attendere serenamente di vedere come andrà a finire: l´economia ristagna, i prezzi crescono più dei salari e aumenta il numero delle famiglie che fanno fatica a tirare la fatidica fine del mese...
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