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Articolo 21 - Editoriali
Non sempre conviene volare alto
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di Montesquieu

E' difficile, nonostante l'argomento,  trattenere un sorriso ad uso strettamente domestico, leggendo i nomi dei cinque garanti del buon uso dei fondi destinati alle popolazioni del sud-est asiatico. Non è vero, quindi, che maggioranza e governo non sappiano il valore dei nomi, quando si tratta di nomine. Dipende dalle occasioni, o meglio, dagli interessi che sono in gioco: non sempre conviene volare alto.
 Abituiamoci a vedere volare basso, in questi poco più di dodici mesi che ci separano  da una campagna elettorale in cui si intrecciano conquista del governo del paese ed elezione del prossimo capo dello stato. Per cominciare, va spiegato al Capo del governo, che sembrerebbe ambire all'uno e all'altro ruolo - che sarà, poi, un conflitto di interessi in più o in meno?- va spiegato che bisogna scegliere. O punta a palazzo Chigi, o al Quirinale. E, in caso di opzione per quest'ultimo incarico, è bene fare alcune precisazioni. Il Capo dello Stato, nella nostra Costituzione, almeno, non dovrebbe pensare e dire che la costituzione di cui è il garante è una costituzione sovietica; non dovrebbe pensare e dire, dovendo rappresentare tutti gli italiani, che i suoi avversari politici e i loro elettori, all'incirca il cinquanta per cento del paese, sono seminatori di miseria, terrore e morte. Anche perché gli elettori possono a buon diritto non aver amato i troppi governi che il centrosinistra ha messo in campo in cinque anni, ma di miseria - di cui cominciano ad intendersi -, terrore e morte nemmeno l'ombra.
 Ancora, prima di sgombrare il campo dall'argomento Quirinale, vale la pena di ricordare che l'elezione del Capo dello Stato avviene da parte delle Camere riunite e un po' ampliate, e soprattutto, che su questo voto non si può mettere la fiducia, e quindi si vota a scrutinio segreto. Del resto, un Capo dello Stato in versione di garante c'è, appare in ottima salute, e quindi non solo non dovrebbe - altra opzione ventilata - lasciare l'incarico prima del tempo, ma nemmeno temere una votazione segreta da parte del Parlamento. Certo, per chi ama il brivido e gli sport estremi, la novità di un Capo dello Stato che si ritiene - lui medesimo - e si conferma ogni giorno sprovvisto di senso dello Stato e delle istituzioni, che presiede il Consiglio superiore della magistratura, sarebbe una occasione eccezionale..
 Torniamo alla politica, quella che resta, comunque sia ridotta. Intanto, c'è il serrate le fila. Stiano in riga, a Montecitorio e a Palazzo Madama: c'è da fare la nomina del presidente dell'antitrust, in cui si potrebbe tentare la carta di un riscatto, ma che probabilmente sarà un nome della casa; che sarà presentato come una personalità, come si dice, bipartisan - si potrebbe dire, nella nostra lingua, bidipendente? - ma che sarà comunque un nome di "fiducia".
 Volo basso, perché gli interessi suggeriscono così: e pazienza se ne soffriranno la concorrenza e il mercato, pazienza per le esigenze dell'economia. Del resto, un mercato sempre più florido c'è: quello dei quindici sottosegretari,dei  posti nel listino dei governatori, delle promesse fatte e qualche volta mantenute. C'è qualcosa che viene prima, dell'esigenza della concorrenza, dacchè la legge sul conflitto di interessi ha attribuito compiti nella materia a questa e all'altra autorità, quelle delle comunicazioni. Per memoria: in quest'ultima, agli otto membri eletti dal Parlamento, con i criteri noti, si aggiunge la designazione del Presidente da parte del Capo del governo. Ci si aspettava una campagna delle opposizioni contro questo mostro giuridico, politico, economico: se c'è stata, non è stato facile accorgersene.
 Resta il fatto, comunque, che è iniziata una campagna elettorale speciale, che ingloba la campagna per le elezioni regionali, e che deciderà delle sorti dell'anomalia italiana, quella che da dieci anni fa del nostro paese un fenomeno studiato, irriso e temuto.
 Una anomalia che coinvolge tanto la politica che la finanza, unendole in un abbraccio mai visto. Per questo, i ranghi vengono serrati, i cancelli chiusi, la libera uscita è finita. E' finita, per l'appunto, per i Presidenti delle Camere, almeno per quello, dei due, che  in questi anni ha voluto provare l'ebbrezza dell'aria aperta. Lo si è visto nelle recenti nomine all'antitrust, seppellite da un coro di critiche e accompagnate da un totale silenzio da parte dei nominanti, che non hanno ritenuto che l'opinione pubblica meritasse qualche spiegazione. L'opinione pubblica, ovvero gli elettori, quelli che sono rappresentati dalle Camere e dai rispettivi Presidenti.
 Ma non saranno soli, i vertici delle camere. Saranno in buona, autorevole compagnia: libera uscita terminata, ad esempio, per i due vice presidenti del consiglio. Del secondo, quello nuovo, si sono perse le tracce; il primo, fa a tempo pieno il Ministro degli Esteri. Entrambi, non sembrano più interessati alla politica, che pure per tanti anni è sembrata la loro passione. Nel gruppo, a consolarsi gli uni con gli altri, i governatori regionali - a proposito, onore a quello del Lazio -:  per fare liste autonome alle regionali, dovranno avere il consenso unanime di tutti i partiti. A livello regionale, viene da pensare: nient'affatto, a palazzo Grazioli. E' il trionfo del centralismo, si potrebbe dire, e ne è custode inflessibile la Lega Nord.
 Nell'insieme saranno, insieme con quelle future sulla RAI, nomine a prevalenza degli interessi privati su quelli pubblici, benché incarnati dalle medesime persone: ma, soprattutto, sono nomine che proiettano la tutela dell'imprenditore  capo del governo pro tempore ben oltre la scadenza di questa legislatura, coprendo tutta intera la prossima, quale che sia il risultato elettorale. Chissà se ci avranno pensato, i vertici delle Camere, quando facevano le loro nomine; e chissà se lo ricorderanno, quando, di qui a poco, nomineranno il presidente dell'autorità per la concorrenza ed il mercato. Poi c'è qualche progetto legislativo in arrivo, diretto a predeterminare l'esito delle elezioni, oltre a quelli già in pista, o di nuovo in pista, dopo il rinvio del Capo dello Stato. Un insieme da tenere ben compatto ed al riparo da sorprese, e da affidare alla saggezza dei Presidenti delle Camere.
 Così, ma sono solo alcuni esempi, si presenta l'anno che inizia, così appare la competizione politica che vi si svolgerà. Nella quale - a proposito di senso dello Stato, ruoli di garanzia e quant'altro - il capo del governo ha pensato, e detto, di potersi avvalere di centocinquantamila volontari della croce Rossa. Altro che i mille volontari dell'onda azzurra! Dopodiché, più avveduto, il Commissario della Croce Rossa - bipartisan anche lui? - ha smentito risolutamente. Però un cittadino deve poter pur credere nella parola del proprio Capo del governo.
 In questo quadro, una garanzia vera e solitaria, il Capo dello Stato - altro che triangolo istituzionale -, per il quale si preannuncia un anno piuttosto impegnativo, e tanti attestati di stima macchiati dall'ipocrisia. E un'incognita: l'opposizione. Da questa ci si aspetta qualcosa in più che una partecipazione minoritaria e silenziosa alla spartizione degli incarichi, e una denuncia un po' più energica dell'assalto alle istituzioni. Meglio un vero e proprio progetto di restauro istituzionale , che parta dalla ricostituzione, difficilissima ma cruciale, delle funzioni terze. Diversamente, non si capisce su quali fondamenta dovrebbero poggiare i progetti, pur necessari, di risanamento economico e sociale.
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