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Articolo 21 - Editoriali
Dal "No Bertolaso day" la denuncia: gestione dell'emergenza priva di controllo democratico
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di redazione

Il decreto sulla protezione civile torna nuovamente al Senato dopo l'approvazione alla Camera. La conversione in legge dovrà avvenire entro il 28 febbraio, pena la decadenza per termini. Niente più Spa, nessuno scudo per i commissari, e tolto anche l'art. inerente la Croce Rossa il cui controllo era stato sottoposto alla stessa Prociv. Insomma la bagarre di questi giorni sembra sia servita a qualcosa, ma per molti, questo qualcosa non è assolutamente sufficiente. A pensarla in questi termini sono le centinaia di persone appartenenti a sindacati, associazioni, comitati territoriali semplici cittadini e studenti che hanno dato vita alla giornata di protesta “No Bertolaso day”. La protesta è stata quella dei vigili del fuoco in sit-in la mattina davanti Montecitorio, protesta per i loro diriritti e per la salvaguardia dei cittadini e del territorio, quella dei sindacati di base della pubblica amministrazione, dei lavoratori della ricerca, dei comitati cittadini, arrivati dall'Abruzzo e dalla Campania. Voci che si sono rincorse nel pomeriggio durante l'assemblea aperta tenutasi alla Sapienza e che hanno visto un'ampia partecipazione e un'aula gremita. Le testimonianze si sono alternate alle opinioni di esperti.
Tutti per dire che quanto fatto finora non è sufficiente, che la protezione civile ha perso di vista i suoi veri obiettivi, che ha rinuciato alla prevenzione per diventare una sorta di braccio armato, come non si stancano di dire i comitati aquilani. Un controllo serrato, maniacale, una gestione militaresca dei campi, volantinaggi e assemblee proibiti, e di fondo la frustrazione di chi si sente spiato nella propria dimensione più intima e privata... tanto da spingere qualcuno a parlare di “fascismo”.
La rabbia e la denuncia: dal piano CASE, e lo snaturamento di una città che ha cessato di esistere, al dramma umano di chi ha perso un figlio sotto le macerie della casa dello studente, uno dei primi edifici a crollare, e si è visto consegnare una lettera a firma del Governo in cui gli si dice che non avrà diritto ad alcun tipo di rimborso: “... perchè suo figlio è morto per cause naturali...” Nonostante in quella casa ci fosse rimasto, “tranquillo”, perchè così gli avevano detto i tecnici... “e lui si era fidato”. Storie umane, storie di dolore e di battaglie civili. Come le storie dei comitati campani in lotta contro gli inceneritori, gli stessi che questo decreto ha, in qualche modo, blindato stabilendo inoltre la realizzazione del terzo nei comuni di Giuliano o Villa Literno.
Non è poi sfuggito alla discussione l'aspetto tecnico e più squisitamente giuridico. La sottolineatura più forte ha riguardato, come del resto era normale che fosse, lo “stato d'eccezione” che da troppo tempo a questa parte è stato concesso alla Prociv. Uno stato d'eccezione in cui tutto è concesso grazie al principio della deroga, e che consente di bypassare l'attività di controllo democratico: quella esercitata dal Parlamento, ma soprattutto quella esercitata dal popolo, che, in teoria, dovrebbe essere sovrano. E, a questo proposito c'è chi, come Giovanni Incorvati di Giuristi democratici Roma, fa notare in maniera breve ma puntuale: “Nessuno si è soffermato sull'articolo 7 che abroga l'articolo 18 della legge ististutiva della protezione civile del 1992... l'art 18 assicurava la più ampia partecipazione dei cittadini e delle associazioni di volontariato, l'art.7 stralcia la possilità di un controllo diretto da parte dei cittadini, il che significa che vien meno un ruolo importante e si pone un problema fondamentale: chi controllerà i controllori..?”
Svista o volontà ben precisa? Provate a chiederlo agli aquilani.
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