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Articolo 21 - Editoriali
Il coraggio di dimettersi davvero
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di Gian Mario Gillio*

La presidente della Chiesa evangelica tedesca (Ekd), la vescova luterana Margot Kaessmann, si è dimessa. La decisione è stata annunciata nel corso di una conferenza stampa ad Hannover. Motivo della sua sofferta decisione è stato un «grande errore» di cui dice di pentirsi profondamente: sabato scorso infatti la vescova è stata fermata ad Hannover dalla polizia stradale dopo aver passato un semaforo rosso. Sottoposta al test, il suo tasso alcolico nel sangue è risultato tre volte superiore al limite consentito (0,5%). Per lei sono scattati il ritiro della patente e la denuncia per guida in stato di ebbrezza. La Kaessmann si era detta subito pronta a subire le conseguenze penali della sua condotta. «Sono consapevole di quanto sia pericoloso e irresponsabile mettersi al volante dopo aver bevuto», ha detto. A nulla è valso l’appoggio che ieri ha ottenuto dai 14 membri del Consiglio dell’Ekd (Evangelische Kirche in Deutschland) che le hanno espresso piena fiducia.

«Il mio ministero e la mia autorevolezza come vescova e come presidente della Ekd sono danneggiate – scrive la Kaessmann in una dichiarazione riportata dal quotidiano online “Die Welt” –, in futuro non avrei più la stessa libertà di parlare di sfide etiche e politiche come invece ho fatto finora. Non ne va soltanto del mio ministero, ma anche del rispetto che ho per me stessa e della mia coerenza. Il mio cuore non mi permette di proseguire nel mio impegno senza la necessaria autorità. Con effetto immediato – ha proseguito la Kaessmann –  dichiaro di dimettermi da tutte le mie cariche ecclesiastiche. Per 10 anni mi sono spesa con anima e corpo come vescova. Rimarrò pastora della Chiesa luterana di Hannover».

Queste parole, sembrano risuonare nell’Italia di oggi, anomale, cariche di senso di responsabilità ed echeggianti un senso del dovere civile forse per noi lontano, tuttavia, sono parole e concetti normali, come normale appare la sua decisione di dimettersi dal proprio ruolo di  capo della Chiesa luterana. Con rammarico, in molti, hanno dovuto accettare la decisione della pastora, una persona, che fino all’episodio che l’ha portata alle dimissioni, è sempre stata modello, e riteniamo esserlo ancora oggi, di alto valore morale ed etico. Errare, come sappiamo, humanum est, perseverare, cosa che invece avviene nel nostro paese, sempre più spesso, è diabolico.

Il fatto di cronaca, così rubricato dai tabloid mondiali, è purtroppo più serio, le dimissioni della Kaessmann rattristano, e molto, la comunità evangelica luterana tedesca e quella italiana! Viene in mente la situazione che invece dobbiamo, nostro malgrado, assistere nel nostro paese e i fatti che toccano la nostra quotidianità, come le ultime intercettazioni che hanno messo in evidenza il malaffare sovrano della nostra penisola, e dove si evince quanto le organizzazioni mafiose, e non solo, siano i veri padroni del nostro paese e di come alcuni politici siano invece succubi di queste, vedi  gli epiteti con cui li abbiamo uditi apostrofare: «puzzola, somaro, tatanga», tipici della malavita romana, come ricorda il Fatto Quotidiano. Ma questi politici sono ancora al loro posto, imperterriti e impuniti, oltre che umiliati. Una bella fotografia di un’Italia allo sbando, alla deriva, non solo politica, ma sociale e culturale. Le dimissioni, le scuse, la costernazione e la dignità, sono infatti retaggio di altri paesi, certamente non del nostro. In Germania, come in altre parti del mondo, ancora ci si vergogna per ciò che consapevolmente o inconsapevolmente si commette o si è commesso ai danni del prossimo. La vescova luterana, seppur non abbia, e fortunatamente, perché poteva succedere, causato danni ad altre persone, si è resa conto del problema nella sua complessità. La Kaessmann si è scusata non solo con tutte le persone che le hanno chiesto di rimanere in carica, nonché con i membri di chiesa che l’ avevano votata lo scorso ottobre alla guida della Ekd, in rappresentanza di 25 milioni di protestanti tedeschi, ma anche con la società civile e con l’intero paese. Scuse pubbliche e assunzione di responsabilità per il fatto commesso. Kaessmann è stata la prima donna eletta alla guida della Ekd, con i suoi 51 anni è la più giovane presidente mai eletta nella storia della Chiesa evangelica tedesca. Dal 1999, per dieci anni, è stata vescovo di Hannover, la più grande chiesa regionale della Germania che conta circa 3 milioni di membri di chiesa. Ordinata nel 1985 è stata un’assidua collaboratrice del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec). Divorziata, è madre di 4 figlie. Il suo impegno era quello di riavvicinare la chiesa alla società, ai problemi reali della gente, ai temi sociali più scomodi, e proprio nella Germania patria di Lutero ma anche di Papa Benedetto XVI. Vedere una donna, divorziata, leader dei luterani, è stata una bella «sfida» anche nei confronti della rigida posizione della Chiesa cattolica che tiene le donne lontane dalla possibilità di poter guidare le istituzioni religiose. «Conosco i miei confini e i miei limiti, tante volte capita di temere di non farcela», ha scritto Margot Kaessmann nella sua autobiografia. E purtroppo oggi è arrivata la prima sconfitta con le sue dimissioni, una sconfitta che non avremmo voluto arrivasse. Ai cattolici Margot Kaessmann ha sempre teso la mano: «Voglio dare alla nostra chiesa un profilo più netto e chiaro, ma spero in una buona convivenza, quel che ci unisce è più di quanto non ci divida». Intervistata da Vittoria Prisciandaro per Confronti in occasione della III Assemblea ecumenica di Sibiu in Romania (settembre 2007) la Kaessmann rilevava parlando di Chiese: «Il mio modello è quello delle differenze riconciliate, nel quale possiamo rispettarci nelle differenze, riconoscere il ministero l’una dell’altra, e celebrare insieme l’eucarestia. Unità non è uniformità. Le Chiese, certo, hanno differenti visioni sui temi etici; quelle ortodosse hanno opinioni differenti sullo status delle donne, sulla famiglia. Ritengo tuttavia che il movimento ecumenico non debba mettere da parte questi problemi. Dobbiamo avere il coraggio di chiamare per nome questi conflitti. È più facile dire no o dire sì, ma dobbiamo essere là dove sono le persone, interpellarle su cosa significa essere cristiano oggi in una società europea democratica. E ciò non vuol dire che noi protestanti siamo liberal senza valori. Questa è un’accusa che non accetto». Malgrado l’episodio, che ha investito la vescova come donna e come capo della Chiesa luterana, ciò che importa è l’esempio che la  Kaessmann ci ha lasciato con le sue dimissioni e con il suo impegno sociale e religioso. Ci ricordava Vittorio Foa, poco prima di morire, che, forse, il degrado della politica stava proprio nel pensare solo a se stessi; Margot non lo ha fatto. Ma al di là del fatto specifico delle dimissioni della pastora, colpisce piuttosto il  doversi confrontare con esso per riaccorgersi di quanto in Italia si parli poco di esempio, del buon esempio, certamente non quello che oggi, spesso, viene proposto alla società italiana. Sarebbe necessario, oggi più che mai, proporre a chi ci rappresenta un’ora di lezione obbligatoria settimanale di pedagogia della responsabilità.

 

direttore della rivista “Confronti”

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