Articolo 21 - Editoriali
Qualche rimedio contro la corruzione
di Montesquieu
Per avere una sostanziosa dose di corruzione , traguardo raggiungibile se non raggiunto dal nostro paese, si richiede il concorso di tre componenti,non una di meno. Politici spregiudicati, in primo luogo , imprenditori sprezzanti del principio di concorrenza, nonché,terzi ma non ultimi,pubblici dipendenti infedeli al giuramento,virtuale o reale che sia, sulla Costituzione. La quale vorrebbe la pubblica amministrazione imparziale, e gli impiegati pubblici al servizio esclusivo della nazione. Come del resto i parlamentari ,per i quali la costituzione ha addirittura escluso ogni vincolo di mandato.
Gli ingredienti,a quanto risulta e a quanto si respira nell’aria, ci sono tutti. Gli imprenditori , si pensa,rispondono alla propria coscienza,sono i più liberi :anche se il coraggioso ,esemplare comportamento della loro associazione nelle zone delle mafie e del pizzo,dove si rischia davvero, non trova riscontro nei fenomeni di corruzione e concussione. Non lo trova ora,né lo trovava in passato.
Quanto alle due categorie “pubbliche”, parlamentari e funzionari, perché corruzione ci sia, si richiede che entrambi non siano troppo orgogliosi della rispettiva autonomia , che sappiano rendersi indistinguibili gli uni dagli altri,quasi in un corpo a corpo. A questo riguardo,non sembriamo messi male: nell’ottica della corruzione ,ovviamente. Le infinite intercettazioni ,è vero che spesso violano la privacy - anche meno di quanto non si pensi ,perché dopo le indagini viene il momento del deposito e della pubblicità -:ma grazie ad esse chi vuole ha davanti a sé uno scorcio della vita pubblica del nostro paese la cui conoscenza è indispensabile perché le cosiddette eternamente auspicate riforme strutturali non lascino tutto come e peggio di prima. Conoscere per deliberare ,secondo il troppo dimenticato esempio einaudiano,è straordinariamente necessario,ed è un diritto dei cittadini.
Per capire dove mettere mano ,non si può partire se non dal circolo vizioso costituito dalla selezione della dirigenza pubblica ,che avviene ad opera di una politica che ha lo stesso problema per la propria selezione,quello di un numero di selezionatori che sta tutto nelle dita di una mano. Tutto è in mano a quattro o cinque persone, e di pochi rispettivi fiduciari. La complicità sostituisce la terzietà, nella scelta dei dirigenti pubblici -un concetto di dirigenza che si estende fino ai rami bassi dell’impiego pubblico-;la fedeltà prende il posto della qualità,nella selezione politica. Entrambe,precludono il criterio del merito .
Per dirla in estrema sintesi ,con un colpo solo basterebbe ridare voce agli elettori nella scelta dei propri rappresentanti costituzionali ;e, un momento dopo, togliere voce alla politica nella scelta di quasi tutto,incarichi pubblici e non solo.
La politica deve astenersi per disintossicarsi,o viceversa. Per altre dipendenze,soprattutto altrove ,esistono cliniche specializzate,qui dobbiamo fare da noi. E non è un bel viatico assistere alla principale preoccupazione della politica,quella di sminuire ,derubricare ,assumere sempre ,anche per i dirigenti ,il criterio che si usa per ogni imputato,quello penale del giudicato. Rigore,moralità ,autonomia,sono criteri obsoleti, letteralmente scomparsi . Il problema esiste ,negli stessi termini,anche là dove la politica esibisce il vanto del pluralismo, vale a dire quando le nomine vengono sottoposte al vaglio di commissioni parlamentari, con maggioranze qualificate ; la spartizione ,chirurgica quando i nominandi siano nei numeri pari e comunque quando il nominativo da scegliere non sia singolo ,è assicurata ,e non c’è pudore nel seguire gli unici criteri che la politica sembra conoscere,quelli appena indicati. Complicità e fedeltà.
Due tratti di penna,via la legge elettorale ,che dopo aver soppresso di fatto la sovranità popolare ha istituzionalizzati il vincolo di mandato, e disintossicazione dalla politica , e avremmo ben di più che una riforma strutturale. Un po’ di più, una rivoluzione .
Immaginiamo,per averla sentita troppe volte ,l’obiezione, scandalizzata :il primato della politica. In queste parole ,che vengono sbandierate come il vessillo della democrazia ,c’è la fotografia dell’Italia di oggi,dei suoi guai ,del suo degrado. Tutto spetta alla politica,reclutare ,gestire, promuovere, addirittura infilandosi nelle commissioni di concorso ,come avviene a tutt’oggi nelle amministrazioni del parlamento.
Disintossicarsi per invertire la rotta,per cominciare a dare al paese la dirigenza che deve avere per competere,dentro e fuori.
Resta il terzo soggetto,se si esclude la partecipazione amichevole di qualche mafioso,di qualche criminale comune,l’imprenditore. Qui la novità è quella degli ultimi anni, imprenditori a capo dell’impresa, ma anche della politica. In luogo della necessaria separatezza ,un altro corpo a corpo. Non animoso, ma collaborativo.
Gli ingredienti,a quanto risulta e a quanto si respira nell’aria, ci sono tutti. Gli imprenditori , si pensa,rispondono alla propria coscienza,sono i più liberi :anche se il coraggioso ,esemplare comportamento della loro associazione nelle zone delle mafie e del pizzo,dove si rischia davvero, non trova riscontro nei fenomeni di corruzione e concussione. Non lo trova ora,né lo trovava in passato.
Quanto alle due categorie “pubbliche”, parlamentari e funzionari, perché corruzione ci sia, si richiede che entrambi non siano troppo orgogliosi della rispettiva autonomia , che sappiano rendersi indistinguibili gli uni dagli altri,quasi in un corpo a corpo. A questo riguardo,non sembriamo messi male: nell’ottica della corruzione ,ovviamente. Le infinite intercettazioni ,è vero che spesso violano la privacy - anche meno di quanto non si pensi ,perché dopo le indagini viene il momento del deposito e della pubblicità -:ma grazie ad esse chi vuole ha davanti a sé uno scorcio della vita pubblica del nostro paese la cui conoscenza è indispensabile perché le cosiddette eternamente auspicate riforme strutturali non lascino tutto come e peggio di prima. Conoscere per deliberare ,secondo il troppo dimenticato esempio einaudiano,è straordinariamente necessario,ed è un diritto dei cittadini.
Per capire dove mettere mano ,non si può partire se non dal circolo vizioso costituito dalla selezione della dirigenza pubblica ,che avviene ad opera di una politica che ha lo stesso problema per la propria selezione,quello di un numero di selezionatori che sta tutto nelle dita di una mano. Tutto è in mano a quattro o cinque persone, e di pochi rispettivi fiduciari. La complicità sostituisce la terzietà, nella scelta dei dirigenti pubblici -un concetto di dirigenza che si estende fino ai rami bassi dell’impiego pubblico-;la fedeltà prende il posto della qualità,nella selezione politica. Entrambe,precludono il criterio del merito .
Per dirla in estrema sintesi ,con un colpo solo basterebbe ridare voce agli elettori nella scelta dei propri rappresentanti costituzionali ;e, un momento dopo, togliere voce alla politica nella scelta di quasi tutto,incarichi pubblici e non solo.
La politica deve astenersi per disintossicarsi,o viceversa. Per altre dipendenze,soprattutto altrove ,esistono cliniche specializzate,qui dobbiamo fare da noi. E non è un bel viatico assistere alla principale preoccupazione della politica,quella di sminuire ,derubricare ,assumere sempre ,anche per i dirigenti ,il criterio che si usa per ogni imputato,quello penale del giudicato. Rigore,moralità ,autonomia,sono criteri obsoleti, letteralmente scomparsi . Il problema esiste ,negli stessi termini,anche là dove la politica esibisce il vanto del pluralismo, vale a dire quando le nomine vengono sottoposte al vaglio di commissioni parlamentari, con maggioranze qualificate ; la spartizione ,chirurgica quando i nominandi siano nei numeri pari e comunque quando il nominativo da scegliere non sia singolo ,è assicurata ,e non c’è pudore nel seguire gli unici criteri che la politica sembra conoscere,quelli appena indicati. Complicità e fedeltà.
Due tratti di penna,via la legge elettorale ,che dopo aver soppresso di fatto la sovranità popolare ha istituzionalizzati il vincolo di mandato, e disintossicazione dalla politica , e avremmo ben di più che una riforma strutturale. Un po’ di più, una rivoluzione .
Immaginiamo,per averla sentita troppe volte ,l’obiezione, scandalizzata :il primato della politica. In queste parole ,che vengono sbandierate come il vessillo della democrazia ,c’è la fotografia dell’Italia di oggi,dei suoi guai ,del suo degrado. Tutto spetta alla politica,reclutare ,gestire, promuovere, addirittura infilandosi nelle commissioni di concorso ,come avviene a tutt’oggi nelle amministrazioni del parlamento.
Disintossicarsi per invertire la rotta,per cominciare a dare al paese la dirigenza che deve avere per competere,dentro e fuori.
Resta il terzo soggetto,se si esclude la partecipazione amichevole di qualche mafioso,di qualche criminale comune,l’imprenditore. Qui la novità è quella degli ultimi anni, imprenditori a capo dell’impresa, ma anche della politica. In luogo della necessaria separatezza ,un altro corpo a corpo. Non animoso, ma collaborativo.
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