di Mario Lavia*
Viene facile il ritornello «se una radio è libera ma libera veramente...», viene facile perché ancora una volta il governo trincerandosi dietro il trito argomento che non ci sono soldi eccetera eccetera «ha dato una coltellata all’emittenza radiofonica privata», per usare l’espressione del segretario della Fnsi Franco Siddi. Anzi, con cinismo, da via XX Settembre fanno capire che per le radio e per importanti e antichi giornali italiani all’estero i soldi non ci sono (anche) “per colpa” della modifica apportata dalla camera dei deputati al decreto “milleproroghe” che ha reintrodotto il diritto soggettivo – ancorché limitato al 2009 – per le testate cooperative, di partito, di idee. Il solito scandalo: invece di lavorare per una riforma organica dell’intero settore mettono lavoratori contro lavoratori e continuano a procedere col sistema dei rubinetti che si aprono e si chiudono, così, senza una logica.
Dopo la battaglia dei giornali di idee che ha innescato quella svoltasi alla camera – battaglia vinta a metà, ma di questi tempi non è poco – i giornalisti e il loro sindacato disputano dunque adesso un secondo round. Ieri si è tenuta una iniziativa dei comitati di redazione assieme ai rappresentanti dei giornali italiani all’estero (una realtà che parla ad alcuni milioni di concittadini, mica noccioline), un segmento che si è visto decurtare i fondi del 50 per cento dalla sera alla mattina e a quelli delle radio private, molte delle quali cooperative, la cui vita è seriamente messa a rischio a causa dei tagli “indiretti”, come quelli ai rimborsi sugli abbonamenti per le agenzie di stampa. Un quadro drammatico. Nel quale centinaia di persone vivono nell’incertezza (anzi, purtoppo qualcuno “certo” c’è: come i giornalisti le cui testate chiudono adesso, citiamo qui per tutti i giornalisti di Rinascita). In questa situazione, c’è da dire che è positivo che il parlamento abbia ripreso un suo ruolo, prima costringendo il governo a tornare (parzialmente) sui suoi passi sul diritto soggettivo per i quotidiani di cui sopra, i quali comunque hanno di fronte una situazione molto seria con pochi mesi di respiro, e speriamo che riesca ad incidere sul regolamento sull’editoria, per esempio puntando a ottenere in questo ambito certezza proprio per le radio e per i giornali degli italiani all’estero, come hanno chiesto ieri i deputati Giulietti, Ghizzoni e Levi.
Una volta trovata soluzione a questi problemi effetto della “coltellata” si potrà passare alla tanto attesa riforma dell’editoria, sapendo che una riforma organica di un settore così complesso e così vitale necessita di un confronto a tutto campo con i soggetti interessati. Di questi tempi è bene stare attenti a che non si facciano pasticci.
*da Europa