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Articolo 21 - Editoriali
CensuraRAI. Federconsumatori fa ricorso al Tar contro la soppressione dei programmi RAI
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di Gianni Rossi

Non si placano le critiche contro la soppressione dei programmi di approfondimento informativo, decisa dal Cda della RAI a maggioranza. Dopo la manifestazione notturna davanti agli studi di Via Teulada e le altre forme di protesta indette dai sindacati dei giornalisti, FNSI e USIGRAI, è scesa in campo anche l’associazione consumeristica Federconsumatori con un esposto-ricorso al TAR del Lazio per far ripristinare i programmi censurati. All’iniziativa si è associata anche Articolo 21.

Ne abbiamo parlato con il Presidente di Federconsumatori, Rosario Trefiletti

 D. Perché avete inoltrato il ricorso al TAR?

R. Riteniamo che il Regolamento deciso dalla Commissione di Vigilanza RAI sia un regolamento sbagliato, in quanto equipara comunicazione politica con l’informazione. Quindi ha dato adito con una successiva decisione di arrivare addirittura alla soppressione di alcuni programmi di approfondimento da parte del CDA della RAI, anziché contestare il regolamento stesso.

Noi siamo un’associazione di difesa e di ampliamento dei diritti dei cittadini e proprio per questo riteniamo uno tra i maggiori e più importanti diritti per la popolazione l’informazione, come tutelata dall’Articolo 21 della Costituzione.

Aggiungerei che questa deve essere chiara e trasparente, soprattutto perché si tratta del servizio pubblico.

D. Cosa vi aspettate da questo ricorso?

R. Essenzialmente una sospensione. Naturalmente, l’obiettivo è quello della cancellazione del regolamento da parte del TAR. Cosa che comunque avremmo voluto che fosse stato il CDA della RAI a farlo, anzichè subirlo e addirittura peggiorarlo con una manovra censoria.

D. Secondo alcuni potrebbe esserci anche un danno erariale.

R. Sì, esatto! Danno erariale dovuto al fatto che l’Auditel, che condiziona la pubblicità, sicuramente ne soffrirà e determinerà quindi minori entrate pubblicitarie.

E poi il prodotto televisivo, informativo, viene ad avere una caduta qualitativa non più conforme a quanto il servizio pubblico faceva per stessa ammissione del CDA RAI.

Quindi, si potrebbe profilare, per quanto  riguarda il periodo di sospensione e relativa modifica del servizio, anche il risarcimento di un dodicesimo del pagamento del canone, attraverso nuovi strumenti di “class action”.

Certo il canone va pagato, ma a questo deve corrispondere un prodotto informativo non dequalificato e pluralista.

Vorrei però precisare che questo fatto, ancora una volta, sottolinea l’importanza che da un lato bisogna tagliare il cordone ombelicale con i partiti. Dall’altro, occorre farla finita con questo sistema di controllore-controllato, perché dovrebbe essere il sistema informativo televisivo a controllare la politica  e le attività parlamentari. Insomma, riteniamo del tutto superata la Commissione di vigilanza sulla RAI, visto tra l’altro che esiste l’Agcom, un’autorità di controllo autonoma.

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