Articolo 21 - Editoriali
Strage di democrazia
di Mattia Stella
Come spieghereste a dei bambini di nove o dieci anni il concetto di democrazia o di legalità o di Sato di diritto?
Negli ultimi anni ho dedicato gran parte del mio tempo proprio a questa attività di divulgazione di tali principi, ma il vero insegnamento l’ho ricevuto io da parte dei bambini.
I più piccoli, con parole semplici, riescono a spiegare cose apparentemente molto più grandi di loro. A proposito di democrazia ci direbbero che è un modo pacifico per vivere insieme, a proposito di legalità ci direbbero che ognuno è uguale davanti alla legge senza nessuna distinzione e a proposito di Stato di diritto ci spiegherebbero che il Potere non può violare le leggi o mettersi al di sopra di esse.
Ecco, per capire quanto è avvenuto in Italia nell’arco degli ultimi giorni bisogna ricorrere a spiegazioni semplici e a parole chiare.
Prima con la decisione di sospendere i programmi di informazione politica, calpestando con violenza inaudita l’articolo 21 della Costituzione ed ora con il decreto legge volgarmente definito interpretativo si è deciso di far prevalere la logica del più forte sul principio di legalità.
Si tratta di una vera e propria strage di democrazia. Da un lato c’è chi si ostina a promuovere la cultura della legalità, dall’altro c’è chi usa la legge nell’esclusivo interesse della propria parte politica, tanto più, nel caso dell’affaire liste, per sanare errori propri.
Nessuno desiderava comprimere il diritto alla rappresentanza politica degli elettori del PDL, piuttosto è stata la classe dirigente del Partito di Berlusconi a non dimostrarsi all’altezza del grande consenso di cui gode.
Oggi è un brutto giorno per la democrazia italiana. Il clima politico è compromesso, la situazione sociale ed economica è assolutamente allarmante, dal punto di vista dell’etica pubblica molti denunciano uno scenario di gran lunga più grave di quello dell’epoca di Tangentopoli.
Uscirne non sarà cosa facile, gli autentici democratici, coloro che sentono di agire e reagire dovranno farlo sempre nel nome della Costituzione e nel rispetto delle Istituzioni repubblicane. Tra queste, il primo pensiero va al Presidente della Repubblica.
In queste ore si sono levate voci di critica nei confronti di Giorgio Napolitano, addirittura c’è chi ha parlato di abuso di potere. Personalmente torno a scrivere quanto già ho avuto modo di dire in tante altre occasioni.
Io difendo l’operato del Presidente della Repubblica, non solo da un punto di vista formale, sarebbe facile nonché riduttivo, ritengo che anche dal punto di vista sostanziale Napolitano si trovi ad esercitare il proprio mandato in un contesto politico e istituzionale altamente inquinato. Se da un lato sembrerebbero esserci primi cedimenti nello schieramento politico berlusconiano, dall’altro non si intravedono al momento cedimenti strutturali del blocco sociale che vota Berlusconi. Il Presidente della Repubblica è garante dell’unità formale e sostanziale del Paese, ha il dovere di capire gli “umori” che lo attraversano.
A questa prima ragione di “solidarietà” nei confronti di Napolitano ne vorrei aggiungere un’altra che va più nel merito della questione. Immagino che il Presidente della Repubblica, con la sua opera di moral suasion abbia tentato anche di evitare un nuovo scontro, e forse questa volta davvero finale, tra il potere politico e la magistratura.
In questo momento molte persone, in assoluta buona fede, non condividono la decisione del Presidente della Repubblica, ma per ricostruire l’Italia servirà molta pazienza e tanto amore per la Costituzione.
Infine, quanto accaduto sia sulla questione della sospensione dei programmi di informazione politica che sul decreto legge per le liste elettorali, mette in evidenza l’assoluta evanescenza delle posizioni critiche di Gianfranco Fini, il quale predica principi condivisibili ma poi non ha mai il coraggio di andare fino in fondo. Ciò dovrebbe far riflettere tutti coloro che con troppo facilità si sono illusi sulla fragilità del centrodestra, fermamente guidato da Silvio Berlusconi.
Negli ultimi anni ho dedicato gran parte del mio tempo proprio a questa attività di divulgazione di tali principi, ma il vero insegnamento l’ho ricevuto io da parte dei bambini.
I più piccoli, con parole semplici, riescono a spiegare cose apparentemente molto più grandi di loro. A proposito di democrazia ci direbbero che è un modo pacifico per vivere insieme, a proposito di legalità ci direbbero che ognuno è uguale davanti alla legge senza nessuna distinzione e a proposito di Stato di diritto ci spiegherebbero che il Potere non può violare le leggi o mettersi al di sopra di esse.
Ecco, per capire quanto è avvenuto in Italia nell’arco degli ultimi giorni bisogna ricorrere a spiegazioni semplici e a parole chiare.
Prima con la decisione di sospendere i programmi di informazione politica, calpestando con violenza inaudita l’articolo 21 della Costituzione ed ora con il decreto legge volgarmente definito interpretativo si è deciso di far prevalere la logica del più forte sul principio di legalità.
Si tratta di una vera e propria strage di democrazia. Da un lato c’è chi si ostina a promuovere la cultura della legalità, dall’altro c’è chi usa la legge nell’esclusivo interesse della propria parte politica, tanto più, nel caso dell’affaire liste, per sanare errori propri.
Nessuno desiderava comprimere il diritto alla rappresentanza politica degli elettori del PDL, piuttosto è stata la classe dirigente del Partito di Berlusconi a non dimostrarsi all’altezza del grande consenso di cui gode.
Oggi è un brutto giorno per la democrazia italiana. Il clima politico è compromesso, la situazione sociale ed economica è assolutamente allarmante, dal punto di vista dell’etica pubblica molti denunciano uno scenario di gran lunga più grave di quello dell’epoca di Tangentopoli.
Uscirne non sarà cosa facile, gli autentici democratici, coloro che sentono di agire e reagire dovranno farlo sempre nel nome della Costituzione e nel rispetto delle Istituzioni repubblicane. Tra queste, il primo pensiero va al Presidente della Repubblica.
In queste ore si sono levate voci di critica nei confronti di Giorgio Napolitano, addirittura c’è chi ha parlato di abuso di potere. Personalmente torno a scrivere quanto già ho avuto modo di dire in tante altre occasioni.
Io difendo l’operato del Presidente della Repubblica, non solo da un punto di vista formale, sarebbe facile nonché riduttivo, ritengo che anche dal punto di vista sostanziale Napolitano si trovi ad esercitare il proprio mandato in un contesto politico e istituzionale altamente inquinato. Se da un lato sembrerebbero esserci primi cedimenti nello schieramento politico berlusconiano, dall’altro non si intravedono al momento cedimenti strutturali del blocco sociale che vota Berlusconi. Il Presidente della Repubblica è garante dell’unità formale e sostanziale del Paese, ha il dovere di capire gli “umori” che lo attraversano.
A questa prima ragione di “solidarietà” nei confronti di Napolitano ne vorrei aggiungere un’altra che va più nel merito della questione. Immagino che il Presidente della Repubblica, con la sua opera di moral suasion abbia tentato anche di evitare un nuovo scontro, e forse questa volta davvero finale, tra il potere politico e la magistratura.
In questo momento molte persone, in assoluta buona fede, non condividono la decisione del Presidente della Repubblica, ma per ricostruire l’Italia servirà molta pazienza e tanto amore per la Costituzione.
Infine, quanto accaduto sia sulla questione della sospensione dei programmi di informazione politica che sul decreto legge per le liste elettorali, mette in evidenza l’assoluta evanescenza delle posizioni critiche di Gianfranco Fini, il quale predica principi condivisibili ma poi non ha mai il coraggio di andare fino in fondo. Ciò dovrebbe far riflettere tutti coloro che con troppo facilità si sono illusi sulla fragilità del centrodestra, fermamente guidato da Silvio Berlusconi.
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