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Articolo 21 - Editoriali
La giustizia negata del "processo breve"
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di Antonio Boccuzzi

Scriveva Carlo Levi nel 1944 : " La paura della libertà è il sentimento che ha generato il fascismo. Per chi ha l'animo di un servo, la sola pace, la sola felicità è nell'avere un padrone  e nulla è più faticoso e veramente spaventoso dell'esercizio della libertà. " Ho sempre amato la libertà. L'ho inseguita sempre, bramandone l'odore , la forte sensazione di essere padroni di se stessi , delle proprie decisioni e delle loro conseguenze. Ogni uomo nasce libero , ma può questa libertà fermarsi alla nascita? E' come tornare a casa da un lungo viaggio e soffermarsi sull'uscio della porta, non avere il coraggio di varcare l'ingresso , temere quasi di essere respinti.
Ho amato il mio lavoro finchè esso si è svolto nel reciproco rispetto ; rispetto il mio lavoro finchè esso rispetta me... Ed è stato così per molto tempo, fino a quando la Thyssen decise di chiudere il suo stabilimento torinese , il suo fiore all'occhiello, così ci definivano fino ad allora . Ma ecco che il suo fiore all'occhiello , tanto prezioso , si era velocemente trasformato in una sorta di scarpa vecchia di cui occorreva disfarsi. Presto, si sacrificò quindi Torino sull'altare degli interessi aziendali , tenendo in considerazione solo gli aspetti economici , dimenticando o meglio tralasciando l'aspetto più importante, ovvero che oltre alle macchine, nello stabilimento continuavano ad operare degli uomini. Abbiamo continuato a lavorare sentendo nostro quel luogo, un senso di appartenenza reciproca che costò la vita ai miei sette amici. Generalmente la società moderna e il nuovo mondo del lavoro ha negato quel senso di appartenenza, quel sentirsi parte dell'azienda per cui si lavora. Ma in noi era ancora forte, nonostante la stessa da "madre", si fosse trasformata in "matrigna", e avesse deciso di mettere i "suoi figli " sulla strada. Una parte di me è morta quella notte insieme ai miei sette colleghi , insieme ai miei sette amici. L'impotenza davanti a quel fuoco devastante, ha segnato la mia vita ; avrei voluto tirarli fuori da quell'inferno, ma più mi avvicinavo e più le fiamme
mi respingevano , e quando due di loro, Roberto e Angelo riuscirono ad uscire , i loro volti , i loro corpi devastati , erano irriconoscibili. Eravamo in otto quella notte sulla linea 5 ... mi ritrovai improvvisamente solo ; sentivo le loro urla strazianti, ma non potevo fare nulla .
Antonio morì immediatamente; i vigili del fuoco trovarono il suo corpo  carbonizzato solo dopo aver spento gran parte dell'incendio . I suoi tatuaggi erano l'unico segno riconoscibile . Il giorno successivo morirono Roberto, Angelo e Bruno. Dentro i nostri cuori , il dolore lasciava di tanto in tanto spazio alla  speranza che qualcuno ce la potesse fare. Ma nei giorni che seguirono volarono via anche Rocco,Rosario e Giuseppe. Nessuno fu risparmiato da quell'ingiusto "giudizio". La fabbrica cosiddetta dei ragazzi , si era trasformata nella fabbrica della  morte. Non avevamo chiesto nulla . Volevamo solo un lavoro. Ognuno per realizzare il proprio sogno ,perchè il lavoro ti completa e il  lavoro dovrebbe rappresentare la vita. Ma in cambio dei sogni ,ci fu donata la morte ,una morte dolorosa , lacerante  ...ingiusta.
E' singolare pensare che un Paese che nel primo articolo della sua  Costituzione fonda le proprie radici nel diritto al lavoro ,possa  permettere  questo. Uno stillicidio di anime che dovrebbero far riflettere sulla civiltà del  nostro gran bel Paese. Già perchè mi chiedo come un Paese che permette oltre mille vittime sul  lavoro  ogni anno ,possa definirsi civile. Dopo il rogo alla Thyssen,ho intrapreso questo percorso ,perchè voglio dare un  contributo reale perchè le cose cambino. Perchè non ci siano altre Thyssen e altre tragedie che ci facciano dubitare della civiltà della nostra nazione.
Ho incontrato in questi mesi, i familiari  di molte altre tragedie sul  lavoro.  Da Campello sul Clitunno,a Mineo,al Molino di Fossano. In tutti loro è forte la richiesta di giustizia ,che non va confusa con la vendetta . Non è questo , ma è evidente il desiderio di comprendere,di capire, e per fare questo occorre una giustizia all'altezza della grave  situazione, una  giustizia giusta. Ma la giustizia se veramente giusta , deve essere in grado di essere  esercitata ,non deve essere  preclusa, negata. Ed è proprio per questo motivo che nutro molte preoccupazioni per questa  malsana proposta del processo breve. In questo caso abbreviare i termini di un processo necessità su cui ci
troveremmo daccordo ,è sinonimo di azzeramento degli stessi ,col rischio di  vedere la richiesta di giustizia ,tramutarsi in una aberrante forma di giustizia negata ,un'ingiustizia insomma. L'unica certezza è che le strategie difensive porteranno a prediligere dibattimenti ,nella speranza di superare i limiti di tempo e non più i riti  alternativi come abbreviati e patteggiamenti. La mannaia dei termini fissati rigorosamente ,senza preoccuparsi della loro  concreta effettiva praticabilità,si abbatterà su una infinità di processi  che sarà materialmente impossibile concludere. Si estingueranno i processi che  interessano il premier, ma si estingueranno anche molti processi relativi a forme insidiose di delinquenza diffusa, assai  spesso in danno alle persone  più  deboli .
Oltre a quelli del premier , i processi che potrebbero risentire  dell'approvazione del DDL sul processo breve includono : a Torino il  processo  ThyssenKrupp e il processo Eternit ; a Milano il processo Antonveneta; a Parma  il  processo Parmalat; a Bologna il processo sulla morte del piccolo Karim ed il processo sui cinque morti del CESSNA mai decollato dall'aeroporto Marconi  durante una bufera di neve ;a rischio il processo per il disastro ferroviario di Viareggio del 29 giugno del 2009 ,che distrusse un intero quartiere ,in cui l'esplosione seguita dal deragliamento del merci che trasportava gpl ha ucciso 32 persone.L'inchiesta per disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo,
estremamente complessa perchè il carro che si è spezzato è stato costruito e sottoposto a manutenzione all'estero è ancora in corso e la richiesta di rinvio a giudizio è ben lontana.
Se la legge passerà alla Camera , le morti alla Casa dello Studente resteranno senza colpevoli. Si indaga per omicidio e disastro colposo , reati puniti dal codice con una  pena fino a dieci anni . In questo modo il procedimento rientrerebbe nel processo breve e sarebbe destinato a perdersi per strada. L'unica nostra arma è reagire a questa indelebile macchia di cui il nostro Paese potrebbe sporcarsi. Occorre manifestare tutto il nostro dissenso per questa giustizia negata , perchè forte è in noi la richiesta di una vera giustizia. Dobbiamo tutti insieme vincere il timore nei confronti del potente e respingere con forza questa malsana idea di ingiustizia per i più deboli. Dobbiamo impossessarci nuovamente della nostra libertà , dei nostri diritti, e dobbiamo farlo ora ...perchè la paura ti rende prigioniero , ma la speranza può renderti libero.
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