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Articolo 21 - Editoriali
Discorso di Navi Pillay al Senato
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di redazione

Pubblichiamo di seguito l'inervento integrale di Ms. Navanethem Pillay Alto Commissario ONU per i diritti umani, tenuto ieri in Senato

Onorevoli Membri del Parlamento,
Eccellenze,
Signore e Signori,

È un grande privilegio rivolgermi a voi oggi. Quando sono a Roma, sono sempre ammirata dalla sua storia secolare e rassicurata dall’idea che il progresso umano continua a trarre ispirazione da questi luoghi maestosi. 

Percepisco ciò non soltanto come ospite, ma anche in quanto individuo, il cui percorso professionale è stato profondamente influenzato dagli eventi che hanno avuto luogo a Roma, in particolare la creazione della Corte Penale Internazionale, dove ho prestato servizio in qualità di giudice.

E ora, in veste di Alto Commissario per i Diritti Umani, visito Roma in un altro momento di grande importanza nel processo di sviluppo dei diritti umani. Il Consiglio ONU dei diritti umani, l’istituzione intergovernativa di spicco nel campo dei diritti umani, è in procinto di sottoporsi alla prima revisione dopo cinque anni di attività. Tutti gli Stati, membri e non, del Consiglio, hanno sia l’interesse sia la responsabilità di rendere questo organismo delle Nazioni Unite più reattivo, autorevole e operativo.

A tal fine, è essenziale che gli Stati rendano effettive le delibere del Consiglio, attuandone risoluzioni e raccomandazioni. Queste ultime derivano da un processo conosciuto come Revisione Periodica Universale, vale a dire una valutazione periodica dell’attività in materia di diritti umani da parte di tutti gli Stati Membri delle Nazioni Unite.

Finora, 112 Paesi si sono sottoposti a tale revisione. Lo scorso febbraio, il Consiglio ha preso in esame l’Italia e ha emesso 92 raccomandazioni. Va detto che una gran parte di esse è incentrata su tre argomenti: immigrazione, discriminazione e necessità di creare un’istituzione nazionale per i diritti umani. Tratterò questi argomenti adesso e nel corso dei numerosi incontri che avrò con le Autorità italiane tra oggi e domani.

Permettetemi di iniziare evidenziando che il benessere che colloca l’Italia tra i sette Paesi più ricchi del mondo deriva dal duro lavoro, dall’inventiva e dall’ingegno di tutti gli italiani. Coloro che sono emigrati dalla penisola hanno svolto il proprio ruolo in questa crescita economica attraverso le rimesse in denaro, attenuando le difficoltà economiche delle loro famiglie e sviluppando contatti e relazioni attraverso i confini nazionali.

Numerosi lavoratori stranieri stanno ora cercando in Italia le stesse opportunità che gli italiani hanno trovato all’estero in passato. Essi offrono lo stesso fondamentale contributo che ha arricchito i Paesi che hanno tratto beneficio dalla migrazione italiana.

Riconosco che ciò ha posto delle sfide alla politica italiana sull’immigrazione, forzandone talvolta struttura e meccanismi sociali. Eppure l’Italia condivide con numerosi Paesi europei un innegabile bisogno di lavoro fornito dagli immigrati.

 Tuttavia, troppo spesso per molti migranti che si muovono verso l’Europa o all’interno del continente, il processo di migrazione non si rivela quell’esperienza di positivo arricchimento che dovrebbe essere. Piuttosto, essa è caratterizzata da violazioni dei diritti umani, discriminazione e sfruttamento. In effetti, gli immigrati sono particolarmente vulnerabili a tal genere di abusi.

E’ mia convinzione che la tutela degli immigrati sia oggi una delle sfide più urgenti in materia di diritti umani. Perciò è di estrema importanza che, nel creare e applicare una legge, i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario mantengano un approccio all’immigrazione sensibile ai diritti umani, come elemento centrale della loro azione. Ciò è possibile assicurando che i diritti degli immigrati siano sostenuti in tutti gli stadi del processo migratorio, proteggendoli dalle violazioni e costringendo i responsabili di abusi a rendere conto delle loro azioni.

Un passo fondamentale nella giusta direzione consiste nell’ introdurre standard in materia di diritti umani nelle leggi nazionali. A questo proposito, esorto le autorità italiane ad acconsentire alla ratifica della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori emigranti e dei membri delle loro famiglie, che offre il quadro più esauriente degli strumenti per la tutela dei diritti umani dei migranti.

In base alla Convenzione i lavoratori migranti e i membri delle loro famiglie hanno diritto alla libertà e alla sicurezza personale, ad un’efficace protezione da parte dello Stato da violenza, danno fisico, minacce e intimidazioni, sia che essi siano perpetrati da funzionari pubblici o da privati cittadini, gruppi o istituzioni. Inoltre, la Convenzione stabilisce che i lavoratori migranti e le loro famiglie non debbano essere soggetti individualmente o collettivamente ad arresto o detenzione arbitrari.

 La scarsa adesione alla ratifica di questo trattato sui diritti umani è deplorevole. Ad oggi, la Convenzione conta solo 42 Stati firmatari.

Confido però nel fatto che il divario tra le legislazioni nazionali di alcuni Stati membri dell’Unione Europea e gli standard della Convenzione si stia riducendo. Ciò dovrebbe condurre gli Stati alla ratifica. Il 18 dicembre 2010, celebreremo il ventesimo anniversario di questo importante trattato. Vi invito ad unirvi agli sforzi del mio Ufficio per sfruttare al massimo questa opportunità e far sì che essa sia un trampolino verso l’obiettivo dell’accettazione universale della Convenzione.

Onorevoli Membri del Parlamento,

I migranti sono spesso percepiti non solo come concorrenti per risorse disponibili in quantità limitate, ma anche come minacce alla sicurezza delle comunità locali.

Permettetemi di rilevare che in molti Paesi esiste l’evidente rischio di confinare l’emigrazione all’interno del ristretto ambito dell’ “agenda sulla sicurezza”. Questo approccio riduttivo può vanificare il suo stesso obiettivo, alimentando malintesi e pregiudizi, paura e risentimento invece di rinforzare la sicurezza e facilitare la convivenza tra comunità diverse.

Quando forze militari sono chiamate a presidiare le strade, o nel momento in cui dichiarazioni di pubblica emergenza o la formazione di gruppi di vigilanza sono tra le risposte più visibili alla migrazione, il sistema di tutela dei diritti umani ne subisce le conseguenze. Inoltre, politici e pubblici funzionari dovrebbero astenersi da dichiarazioni che screditino i migranti e alimentino sospetti.

Continuo anche a essere preoccupata dalle misure contenute nel “Pacchetto sicurezza” italiano, che rende lo status irregolare di un migrante una circostanza aggravante per un reato comune.

Mi auguro sia assolutamente chiaro che è responsabilità delle pubbliche autorità assicurare che i migranti non siano stigmatizzati, calunniati o aggrediti.

In questo contesto, noto che si stanno conducendo indagini sui recenti episodi di violenza contro i migranti avvenuti in Italia meridionale,  e sollecito le autorità a procedere speditamente per assicurare i responsabili alla giustizia e adottare misure appropriate a prevenire recrudescenze di tale violenza.

Non dovremmo mai, in nessun momento, perdere di vista l’obiettivo
di integrare i migranti nelle comunità dove essi vivono e lavorano,
rispettando nel contempo la loro diversità.  E’ di cruciale importanza porre
in atto meccanismi che stimolino la partecipazione informata e il
contributo dei migranti su questioni che li riguardano direttamente.
 
          Educazione, diritti sul lavoro, abitazioni, assistenza sanitaria, sono di
particolare importanza ai fini di del benessere e della riuscita integrazione
dei migranti. Eppure essi, e in modo particolare quelli tra loro che si
trovano in una posizione irregolare, fronteggiano molti ostacoli nell’avere
garantite tali prerogative, che sono letteralmente vitali.
 
          Ostacolare l’accesso a servizi, istituzioni e beni che diano effetto
all’esercizio di diritti economici, sociali e culturali rappresenta una
violazione dei diritti umani dei migranti. L’incidenza della  criminalità
nella fornitura di alcuni servizi, tra cui quelli abitativi, può costringere i
migranti che già si trovano  in situazioni irregolari a circostanze ancora più
precarie, creando le premesse per ulteriori abusi e sfruttamento.  La loro
vulnerabilità è accentuata dal fatto che essi non sono in grado di
garantirsi una tutela amministrativa o giuridica a causa del loro status
irregolare.
 
          I dati di un recente sondaggio del Censis mi hanno però rincuorato. Secondo l’inchiesta, l’80% degli Italiani è in favore della concessione dell’assistenza sanitaria nazionale gratuita ai migranti irregolari. Per quanto di portata limitata, questo sondaggio mostra che, di là dalle percezioni erronee che si possono avere, il pubblico italiano ha a cuore i diritti umani fondamentali dei migranti, indipendentemente dal loro status giuridico.
Signore e Signori,

Ho avuto di recente l’opportunità di manifestare la mia
preoccupazione per il destino dei migranti in mare. Ho osservato che esseri
umani abbandonati alle correnti non costituiscono un carico tossico e non
dovrebbero pertanto essere trattati come tali. Sono consapevole che la
Marina Italiana ne ha tratti in salvo migliaia in operazioni di salvataggio.
Colgo quest’opportunità per chiedere al Parlamento italiano di
rammentare agli armatori e ai comandanti di imbarcazioni, oltre che alle
autorità portuali che operano nel Mediterraneo, che il salvataggio di
persone in difficoltà in mare non è solamente un obbligo derivante dal
diritto internazionale, ma è anche una necessità umanitaria. Occorre che
sia riconosciuto in modo inequivocabile che a nessuno, compresi i
migranti o coloro che chiedono asilo politico, deve in alcun momento
essere negato il rispetto dei propri diritti umani, durante gli spostamenti
verso una destinazione diversa dal paese d’origine. Voglio rammentare alle
autorità competenti che il diritto d’asilo è tutelato dal diritto
internazionale.
 Questa osservazione mi introduce al punto successivo, che riguarda
la detenzione di coloro che sono tratti in arresto. Mi si permetta di
rilevare che in base alla legislazione internazionale dei diritti umani, e a
causa del drastico impatto che la detenzione esercita su un individuo, la
privazione della libertà dovrebbe in ogni caso rappresentare una misura
da adottare in casi estremi.
 In ogni circostanza, è di cruciale importanza che debba esserci una
base legale che giustifichi tale detenzione, e che si debbano adottare
clausole di salvaguardia procedurali per disciplinarla. I migranti
dovrebbero essere informati in modo adeguato sui loro diritti ed avere
l’opportunità di affrontare correttamente gli aspetti legali della loro
detenzione. Chiedo pertanto alle autorità italiane di dare attuazione alle
raccomandazioni formulate dal Gruppo di lavoro sulla detenzione
arbitraria, che ha visitato l’Italia nel novembre 2008.
 A proposito delle condizioni dei migranti nei centri di detenzione, mi
preoccupano i resoconti sul sovraffollamento e sull’accesso inadeguato a
diritti fondamentali, quali servizi sanitari e educazione. Si tratta di una
situazione alla quale si dovrebbe porre rimedio senza ritardi. Un’altra fonte
di preoccupazione è costituita da resoconti di lacunosa tutela dei bambini
nelle procedure di controllo alle frontiere.

Onorevoli Membri del Parlamento,
 
Consentitemi ora di parlare di discriminazione, il secondo punto del
mio intervento, con particolare riguardo alle condizioni della comunità dei
Rom. Le politiche a loro rivolte devono essere conformi agli standard
internazionali dei diritti umani. Sono allarmata da resoconti di sgomberi
forzati di Rom senza appropriate garanzie procedurali, così come mi
preoccupa la mancanza di accesso dei bambini Rom all’educazione
all’interno di insediamenti non autorizzati.
 Anche se i Rom sono tradizionalmente stati discriminati e
socialmente esclusi, essi non costituiscono l’unica minoranza che subisce
gli effetti dell’intolleranza. L’Agenzia per i diritti fondamentali ha di
recente condotto un sondaggio dal quale risulta che, di tutti i Paesi membri
dell’Unione Europea, il numero più elevato di incidenti discriminatori
nell’arco temporale di dodici mesi ha riguardato cittadini nord africani in
Italia.
 
Non ho dubbi che tali episodi di discriminazione debbano essere
affrontati nel loro contesto adeguato, cioè utilizzando un quadro normativo
in cui diritti umani, dignità e eguaglianza siano considerati i principi guida
di politiche ed azioni correttive pubbliche.
 
Ho sollecitato il Governo italiano a unirsi al consenso emerso alla
Conferenza di revisione contro razzismo, discriminazione razziale,
xenofobia e intolleranza, tenutasi a Ginevra lo scorso anno. Dieci paesi, tra
cui l’Italia, non hanno preso parte alla Conferenza in cui 182 Paesi hanno
concordato un documento comune, il cosiddetto Documento finale,
fondato su una comune aspirazione: sfidare l’intolleranza in tutte le sue
manifestazioni e agire per debellarla. La discriminazione non scompare da
sé. Ogni Stato deve giocare la propria parte in pieno nel combatterla. La
Conferenza di revisione ha approntato una piattaforma che permette un
nuovo inizio.

 I pochi Stati che hanno scelto di non partecipare dovrebbero valutare
il Documento finale nel merito e nella sostanza. Molti di loro hanno
contribuito a creare consenso fino alle fasi immediatamente precedenti la
Conferenza di revisione. Ecco perché spero e confido che essi si uniscano
al più presto agli sforzi internazionali per combattere il razzismo, così
come identificato dal Documento, e diano attuazione alle misure in esso
contenute. Vi invito a partecipare a tale sforzo.
 
Di sicuro, il progresso nell’agenda dei diritti umani richiede una
cooperazione solida ed estesa. Le sfide che ci troviamo a fronteggiare sono
di portata immensa, spaziando da situazioni croniche a emergenze
immediate, tra cui carenza alimentare, recessione globale, epidemie e
calamità naturali, come ad esempio il terremoto che ha colpito L’Aquila.
Questa cooperazione spesso comincia a livello nazionale, tramite
l’iniziativa o il supporto delle istituzioni nazionali per i diritti umani
(NHRI in inglese), così come della società civile.
  
Lasciate che spieghi a coloro tra voi che non abbiano ancora
familiarità con il mondo delle istituzioni nazionali dei diritti umani,
che si tratta di organismi ufficiali che operano indipendentemente
dai governi per promuovere e tutelare i diritti umani su scala nazionale.
La loro principale fonte normativa è rappresentata dai “Principi di Parigi”,
approvati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993, che
stabiliscono gli standard minimi a cui le NHRIs devono conformarsi per
funzionare efficacemente. Questi principi includono indipendenza,
pluralismo, un ampio mandato per la tutela e promozione dei diritti
umani, accessibilità, autonomia funzionale e strutturale, effettiva
interazione con la società civile e con il sistema internazionale dei diritti
umani, e, idealmente, poteri per gestire i casi di violazione dei diritti
umani.
         
 Il dibattito sulla creazione di un’istituzione nazionale a sostegno dei
diritti umani in Italia risale ai primi anni del 2000, ma fino ad oggi non è
stata creata alcuna istituzione di questo tipo. Si è affermato che le
democrazie stabili non hanno bisogno di tali istituzioni in
quanto il sistema di controllo e tutela dei diritti umani è garantito da una
pletora di altre istituzioni. Tuttavia, dato che nessun Paese gode di una
condotta impeccabile in materia di diritti umani, le NHRI rappresentano un
elemento di raccordo indispensabile tra governo e società civile, e tra i
sistemi locali, nazionali e internazionali concernenti i diritti umani. Ciò è
dimostrato dal fatto che oggi ci sono più di 100 NHRI al mondo. Lo
“Status A” viene conferito a quante tra loro siano considerate in linea con i
Principi di Parigi, il che consente loro di godere di una posizione speciale
sul piano internazionale, a riconoscimento della loro legittimità e efficacia.
          
Queste istituzioni facilitano una migliore comprensione e una
sollecita ricezione del diritto internazionale nella legislazione interna.
Tipicamente aiutano a individuare i punti deboli nel sistema di tutela
nazionale e facilitano l’adozione delle misure appropriate e delle riforme
necessarie. Le istituzioni nazionali a sostegno dei diritti umani hanno un
ruolo di cruciale importanza nel connettere i punti tra le varie iniziative
sviluppate a tutti i livelli dell’interazione sociale, compreso il campo -  in
continua espansione -  dei meccanismi e delle disposizioni regionali sui
diritti umani. Per fare ciò occorre loro un mandato pieno,  in accordo con i
“Principi di Parigi”.
         
 Nei decenni scorsi, il mio Ufficio ha sostenuto attivamente la
creazione e il rafforzamento di istituzioni nazionali di diritti umani
credibili e efficaci in tutto il mondo. Sono convinta che la creazione di
un’istituzione nazionale dei diritti umani indipendente permetterebbe
all’Italia di giocare un ruolo guida più forte nei diritti umani, sia in Europa
sia nell’arena internazionale. Al riguardo, accolgo con favore la richiesta
del Presidente del Comitato dei Diritti Umani del Senato, il Senatore Pietro
Marcenaro, di organizzare un incontro di lavoro a fine maggio per
discutere in dettaglio ruolo e caratteristiche di un’istituzione nazionale dei
diritti umani in Italia, cui prendano parte parlamentari, rappresentanti
governativi e organizzazioni della società civile. Il mio Ufficio sarà a
disposizione per assistervi affinché si sfrutti appieno questa
opportunità.
          
Lasciatemi concludere rilevando che quando l’Italia esercita un
ruolo guida  nei diritti umani, la sua opera di sensibilizzazione e il suo
orientamento sono fonte di ispirazione per campagne internazionali.
Guardiamo ad esempio agli sforzi volti ad abolire la pena di morte, oppure
alla campagna per la prevenzione della mutilazione genitale femminile che
l’Italia ha lanciato insieme alle agenzie delle nazioni Unite.
         
 Inoltre - punto questo di grande rilievo -  l’Italia ha inserito con
fermezza  la lotta alla violenza sulle donne nell’agenda del G8. Il ruolo
dell’Italia è stato fondamentale per assicurare che questo tema figurasse
nelle conclusioni del G-8, che l’hanno esplicitamente definita una
violazione dei diritti umani e, per certi versi, anche un crimine di guerra e
un crimine contro l’umanità. Queste conclusioni hanno ribadito il ruolo
essenziale delle donne nei processi di pace e nello sviluppo economico e
sociale, così come il bisogno di promuovere l’uguaglianza di genere.

Il mio Ufficio è pronto a sostenere l’Italia e la sua vibrante società civile nel conseguimento di questi obiettivi comuni e nelle sfide che si pongono in materia di diritti umani. Mi auguro di cooperare con i parlamentari italiani per la promozione di un’agenda che sia impegnativa ma, al tempo stesso, entusiasmante. Il mio è pertanto un “Arrivederci a presto.”

Grazie.
 

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