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Articolo 21 - Editoriali
Fini/Berlusconi. Duello mediatico alla "Amici di Maria De Filippi". Chi "esce" e chi "resta"?
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di Gianni Rossi

La regia tutta interna a Mediaset, le telecamere “amiche”, la scenografia e la sceneggiatura (l’ordine degli interventi) studiati con meticolosità fin nei minimi dettagli. La riunione della direzione nazionale del PDL, nei programmi di Berlusconi, doveva servire per celebrare la “vittoria” alle elezioni regionali e diventare la gogna mediatica per il reprobo dissidente Fini, l’ex-delfino, cofondatore del partito, diventato la vera “spina nel fianco” per il tiranno-sultano, abituato ad essere sempre osannato, assecondato e mai criticato dalle sue schiere di yesman. In effetti, la trama politico-mediatica dell’evento doveva far sì che Berlusconi, da padrone di casa e conduttore delle danze, non solo aprisse la convention con il suo solito fare televisivo da imbonitore, ma anche dettasse i tempi e i modi degli interventi. E per un po’ c’era anche riuscito.

Era così sicuro di “impallinare” il Gianfranco (Fini), da aver permesso alle telecamere di riprendere non solo chi interveniva, ma anche i personaggi principali del reality, che avrebbero potuto fare da “contrappunto” scenico agli interventi. Ecco allora che vengono diffuse le immagini con i commenti visivi di Fini e Berlusconi, ogni volta che i due “vanno alle mani” dialetticamente. L’arena mediatica, alla stregua delle puntate di “Amici” della De’ Filippi, quando madri, amici, parenti ed altri si azzuffano per spalleggiare o criticare i vari duellanti nel programma cerca-talenti, ha invece mostrato solo l’aspetto tribale dello scontro tra i due contendenti. Ma chi è stato "nominato", chi "esce" dalla casa del Grande Fratello e chi invece "resta"?. Chi continuerà a sfidarsi nel talent-show?

Anche questa volta, a Berlusconi è mancato lo spirito della libera concorrenza. Il “dittatore dello stato libero di Arcore” non riesce geneticamente ad accettare la disciplina liberale del “libero mercato concorrenziale”. E’ troppo abituato a confrontarsi solo con se stesso e ad usare qualsiasi mezzo, pur di competere negli affari e nella politica alterando le regole del gioco. Sta proprio nella sua forma caratteriale il nocciolo duro del conflitto di interessi. Quando era un palazzinaro, fece di tutto per avere le spalle coperte dalla politica ed imporsi così negli affari immobiliari, grazie alle protezioni dei socialisti e dei democristiani meneghini. E fu loro riconoscente! Per aggirare le leggi e i dettami costituzionali contrarie alle sue TV si servì di Craxi, capo del governo, iniziando così la costruzione dell’oligopolio tele-pubblicitario, per arrivare all’attuale posizione dominante sul sistema mediatico pubblico-privato. Nel settore commerciale della grande distribuzione, però, non resse alla libera e spietata concorrenza italiana e straniera e perse così la Standa, “la casa degli italiani”. Ma era anche fortemente indebitato in quel momento e doveva scegliere  tra l’impero mediatico, il rafforzamento nel settore assicurativo-bancario, la permanenza nei supermercati e l’avventura politica.

Scelse l’agone politico e giocò la carta vincente! Ma ogni volta che ha trovato un concorrente di levatura pari e di origini politiche non “professionali” né “comuniste”, ecco che il Berlusconi perde le staffe. Fu così per due volte con Prodi e accade ora con Fini, che lui stesso aveva “sdoganato” quando lo indicò come idoneo sindaco di Roma, nelle elezioni contro Rutelli. Fini non divenne sindaco, ma da allora è rimasto l’uomo dalle lunghe strategie per il rinnovamento della destra italiana, facendola passare per le acque di Fiuggi da un “manipolo” di nostalgici  del Movimento Sociale di Michelini-Almirante a un drappello di politici della “nuova destra” costituzionale ed europea. A tradirlo furono già una prima volta, nel luglio del 2005, proprio quei “colonnelli” che oggi si riconoscono in Berlusconi e che allora non erano in sintonia con la sua svolta costituzionalista(ricordate lo scandalo delle chiacchiere maligne riportate sui giornali durante una pausa alla Caffetteria di Roma, tra Gasparri, La Russa e Matteoli?). Ma è lo stesso cofondatore “di minoranza” a stravolgere la regia mediatica della Direzione reality show organizzata da Berlusconi.

Fini ripete le sue posizioni da oratore e retore di grande livello (la scuola di Almirante non era acqua!), senza pregiudicare la sua permanenza nel PDL e rintuzza il tiranno-sultano ogni qual volta quest’ultimo cerca di attaccarlo, delegittimarlo, ridicolizzarlo, con l’aiuto della platea che gli fa da claque. Ma l’arena mediatica tradisce questa volta Berlusconi. E’ lui lo sconfitto ai punti (anche se l’ordine del giorno a suo favore è votatissimo dalla sua maggioranza interna). E’ lui che mostra, oltre il cerone multistrato e la tinteggiatura futurista dei capelli trapiantati, la vecchiaia rabbiosa e stizzita al pubblico di tutt’Italia. E’ lui che minaccia e mostra la porta al dissidente, stracciando qualsiasi minima garanzia di democrazia interna.Vince nell’arena politica interna, ma perde il confronto mediatico.

Se ora per Fini la vita pubblica e privata si farà ardua, la sua strada politica però è in discesa; mentre tutta in salita è quella che dovrà macinare il “vecchio di Arcore” per risalire nell’audience televisiva e nei consensi politici. Attendiamoci siluri, notizie trash, la “disinformatzia” al completo schierata contro Fini, reo di aver disvelato ai media che “il re è nudo” e che i cortigiani fanno ancora la “ola” perché interessati e pavidi. Ma è certo che il tempo porterà al Presidente della Camera altri sostenitori nella per ora sparuta pattuglia. Settori culturali, sociali, imprenditoriali e politici a vari livelli istituzionali cominciano a togliersi i paraocchi e a prendere coraggio.I

Il mastodontico conflitto di interessi nulla può, alla fine, contro la forza delle idee e lo spirito profondo di libertà che alberga a destra, come a sinistra, nelle persone che hanno a cuore un’Italia civile, liberale, progressista, democratica, europea e rispettano la Costituzione, segnata dal sacrificio di decine e decine di migliaia di eroi della Resistenza. E Fini, gli va dato atto, è stato il primo esponente della destra a rendere omaggio sia ai milioni di ebrei sterminati nei campi di concentramento nazisti, sia al significato storico della Resistenza. Nasce anche così, seppure  ancora con tante contraddizioni, una destra moderna, civile con la quale poter fare un lungo tratto insieme nel cammino politico per ristabilire le regole democratiche e di convivenza civile nel nostro paese.

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