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Articolo 21 - Editoriali
Non dimenticare Piazza San Giovanni
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di Antonio Padellaro

Si è appreso lâ??altro ieri che la grande manifestazione di Roma, proposta dallâ??Unità, appoggiata da tutti i leader del centrosinistra, a cominciare da Romano Prodi, e alla quale hanno aderito una miriade di movimenti e associazioni, oltre a un numero imprecisato di cittadini, non si terrà. O meglio, non si terrà alla data stabilita del 26 febbraio ma verrà organizzata, dicono allâ??Unione, dopo il voto di aprile. Il rinvio, spiegano, si è reso necessario per lâ??affollarsi di troppi avvenimenti in pochi giorni: il 19 febbraio, infatti, è prevista la manifestazione per la liberazione di Giuliana Sgrena mentre il 27 ci sarà lâ??insediamento della Federazione dellâ??Ulivo. Questa è la notizia, che non suona evidentemente come una buona notizia. Anzi, pensiamo che sia una improvvisa doccia fredda sulla attese di tante brave persone. A questo punto, però, ci sembra inutile sia discutere i motivi addotti per il rinvio sia il rinvio stesso a una data imprecisata dopo le elezioni regionali. Se e quando la grande manifestazione che avevamo pensato a piazza San Giovanni si farà, allora torneremo volentieri a parlarne. Il punto, adesso, ci sembra un altro. Chiamiamolo il problema della coperta troppo corta.

Proviamo a spiegarci. La coalizione di centrosinistra, lâ??Unione appunto, ha come obiettivo primario quello di battere la coalizione di centrodestra, prima alle elezioni regionali del 4 aprile e poi alle elezioni politiche del 2006, per tornare al governo del paese e mandare Berlusconi a casa. Se la meta, dunque, è quella di conquistare anche un solo voto in più della Casa delle libertà la conquista di un solo voto in più diventa per lâ??Unione essenziale anche perché gli ultimi sondaggi segnalano un equilibrio stabile tra i due poli. Lo sanno bene i radicali che hanno messo in piedi una doppia trattativa, rivolgendosi a destra e a sinistra con unâ??offerta rischiosa da rifiutare: quel tot per cento in più del partito di Pannella, dati alla mano, può infatti decidere lâ??esito elettorale nelle regioni chiave del Piemonte e del Lazio. Berlusconi, del resto, non guarda tanto per il sottile se si è messo alla caccia di tutti i resti elettorali disponibili sul mercato. Fino a corteggiare il movimento della Mussolini, disposto a prendersi in casa la nipote del duce e lâ??annessa banda di camerati neri che più neri non si può.
Diverso il discorso nel centrosinistra dove piuttosto che ramazzare qualche zero virgola qua e là si preferisce agire con le armi della persuasione politica. Si cerca, cioé, di portare dalla propria parte i cosiddetti elettori di frontiera: quelli delusi dalla destra; quelli non ancora del tutto convinti della piena legittimazione democratica della sinistra; quelli che in mancanza di un sicuro e credibile approdo moderato hanno da tempo preferito rifugiarsi nellâ??astensionismo. Crediamo di non sbagliare nellâ??attribuire al programma riformista del congresso Ds questo orizzonte più ampio che vuole andare oltre i confini tradizionali della sinistra e guarda al centro. Così come la rivalutazione di Craxi da parte di Fassino - del Craxi leader, non certo del Craxi responsabile della degenerazione morale del sistema politico - rappresenta una rilettura, forse necessaria, della storia della sinistra italiana, ma non soltanto. Il tentativo, infatti, di riportare nellâ??alveo di una sinistra che si dichiara riformista quegli spezzoni della diaspora socialista che non vogliono stare con Berlusconi, Fini e Bossi, piaccia o non piaccia, può essere utile elettoralmente. Ma ecco il rischio della coperta troppo corta: se, presi dalla giusta attenzione verso il profilo riformista dellâ??opposizione, ci si dimenticasse che esiste anche quella società civile sensibile al profilo morale della politica.

Qui non câ??entra la distinzione, spesso artificiosa, tra sinistra riformista e sinistra radicale. Nei tanto vituperati girotondi e movimenti, per esempio, sono spesso presenti e attivi cittadini moderati e riformisti quanto basta che non riescono tuttavia a frenare la loro indignazione davanti alle continue ferite inferte da questa maggioranza allo stato di diritto, davanti al trionfo degli interessi in conflitto, davanti alle leggi ad personam. Queste persone che si sentivano un pò abbandonate nella loro ansia di legalità avevano bisogno di ritrovarsi accanto alle tante altre persone che in questo paese non arrivano alla fine del mese o temono per il loro posto di lavoro. Gente che allontanatasi dalla politica per delusione era tornata a farsi sentire. Volevano riempire piazza San Giovanni (o piazza del Popolo, fa lo stesso) soprattutto per dire no alla indegna legge Salvapreviti che il Parlamento sta per approvare definitivamente nel silenzio generale. Adesso però gli viene comunicato di restare a casa perché è tutto rimandato a data da destinarsi. Speriamo che a casa non ci restino anche il giorno delle elezioni.
apadellaro@unita.it

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