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Articolo 21 - Editoriali
Ecco la Gasparri-bis: o anche peggio
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di Vincenzo Vita*

E' in dirittura d'arrivo il Testo unico sulla radiotelevisione, a cura del Ministro Gasparri (sì, proprio quello della legge Gasparri). Ã? un tentativo alquanto discutibile di portare a sintesi le diverse norme che attengono al settore. Con strane abrogazioni e ulteriori aggravamenti della situazione già patologica che viviamo. Si tratta (c'erano dubbi?) di un articolato pericolosissimo. Ora che le competenti commissioni parlamentari stanno per dare il parere, è indispensabile fare il punto. Molto critico. Ma facciamo un passo indietro.
L'intenso lavoro compiuto dai governi di centrosinistra consentì al comparto delle comunicazioni risultati positivi in termini di sviluppo delle imprese e dell'occupazione.
E anche i consumatori trassero vantaggi dalla concorrenza nell'offerta di servizi.
A fronte di molte promesse del centrodestra sulla ripresa economica, l'attuale Governo sta avendo il triste merito di fermare quello sviluppo virtuoso.
La legge Gasparri sul sistema radiotelevisivo non è solo un pessimo provvedimento in tema di pluralismo, ma costituisce un elemento di ostacolo anche dei processi di integrazione e di ammodernamento dei diversi sistemi della comunicazione.
Basti pensare all'uso strumentale del digitale, di cui non si coglie il significato di nuovo linguaggio comune, ma che diviene esclusivamente mezzo per superare le barriere anticoncentrative. Eppure l'Italia fu la prima a legiferare sul digitale.
Una delle grandi intuizioni legislative degli scorsi anni fu, infatti, proprio quella di ipotizzare una â??integrazione differenziataâ?, cogliendo così la sfida, allora non a tutti chiara, della convergenza tra le diverse tecnologie.
Fu una scelta felice, che per la prima volta pose l'Italia all'avanguardia in un settore della regolamentazione.
Altri paesi, seguirono poi quell'impostazione. Soprattutto l'Unione Europea.
La direttiva quadro sulle comunicazioni (21/2002) fissa ormai ineludibilmente la prospettiva della convergenza intesa come effettiva confluenza di tutte le reti di trasmissione e dei servizi in un unico quadro normativo caratterizzato da forti elementi di competizione e di apertura.
Quelle scelte legislative sono oggi messe in discussione, in particolare dalla legge Gasparri e dal Testo unico della radiotelevisione di prossima emanazione. Queste norme ripropongono l'antica e comoda separazione tra telecomunicazioni e televisione, incidendo pesantemente sui temi del pluralismo e della concorrenza. Per salvare il territorio riservato della televisione si sono infatti introdotte discipline differenziate per l'accesso al mercato delle telecomunicazioni rispetto a quelle per il mercato dell'audiovisivo. Non in nome della giusta â??diversitàâ? dei e tra i media, bensì in nome della concentrazione.
Ad esempio, il famigerato SIC non solo costituisce una oggettiva modalità di elusione di una seria regolamentazione anticoncentrativa, ma finisce per essere un deterrente al processo di convergenza (per quale ragione un operatore esterno al sistema radiotelevisivo dovrebbe entrarvi ed essere soggetto ad una situazione di monopolio?).
Ã? evidente il tentativo di ostacolare il concetto ormai universalmente fermo di â??neutralitàâ? delle regole rispetto alle reti utilizzate, con ciò ponendosi in aperto contrasto con la normativa europea.
Per raggiungere simile risultato si è pensato, in particolare, di varare un Testo unico sulla radiotelevisione.
Già nel titolo si comprende l'intenzione di separare la materia dal contesto generale delle comunicazioni, peraltro regolate, per espressa indicazione comunitaria, da un Codice comune, quello sulle comunicazioni elettroniche.
Lo stesso utilizzo dello strumento Testo unico lascia poi perplessi. In passato infatti si è ritenuto che tali raccolte normative costituissero un'efficace modalità di semplificazione nella ricognizione delle regole di una determinata materia. Dopo la riforma del titolo V della Costituzione, soprattutto in presenza di un potere legislativo concorrente da parte delle Regioni, non si comprende più a quale esigenza di semplificazione debba rispondere una raccolta normativa, visto che le Regioni, anche nella materia della comunicazione, possono adottare una propria legislazione.
Tuttavia, altri e più gravi problemi emergono dal Testo unico.
In primo luogo vengono inserite nel Testo norme che non sono legislative bensì regolamentari, benché la delega al Governo fosse chiaramente riferita alle â??disposizioni legislativeâ?. Ciò non capita per caso e nasconde il tentativo di cristallizzare favorevoli disposizioni di rango regolamentare, ad esempio sulle condizioni e i requisiti per il rilascio delle autorizzazioni a trasmettere. Contestualmente vengono eliminati i poteri di regolamentazione dell'Autorità, procedendo ad un ampio e non legittimo processo di legificazione di talune sue delibere. Paradigmatico è il caso relativo alle disposizioni adottate dall'Autorità in materia di sondaggi, cosicché una volta approvato il Testo unico qualunque modificazione in materia dovrà intervenire per legge.
Emerge, poi, non solo un contrasto con la norma di delega, che stranamente non contiene riferimenti al delicato tema della par condicio, ma anche una visione dei poteri di regolamentazione non rispettosa delle prerogative regionali. Queste ultime sono ridotte alla disciplina dell'accesso ai siti indicati nel Piano nazionale delle frequenze e alle autorizzazioni ai fornitori di contenuti. Non sono previste, invece, attribuzioni in merito alle reti di comunicazione locale, forse per timore che qualche regione possa intromettersi nel delicato settore dell'uso delle frequenze.
Eppure la nuova formulazione dell'art. 117 della Costituzione offre spazio ad un vasto intervento regionale che consentirebbe di realizzare, almeno sul territorio, un maggior grado di pluralismo.
Invece, un Governo che proclama la devoluzione, sul terreno della comunicazione è quanto mai centralista ed assoluto (vengono persino legificate anche le definizioni relative all'individuazione delle attività e dei soggetti di mercato. Così, chi non rientra nella griglia, non è soggetto alle stesse regole).
Il Testo unico, pur in assenza di qualunque previsione nella norma di delega, mette mano all'organizzazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, secondo uno schema che tende a distinguere nettamente il settore radiotelevisivo da quello delle telecomunicazioni, prevedendo norme riferibili ad un solo settore (ad esempio, per il piano di ripartizione delle frequenze). Si abbandona così ancora una volta la visione della convergenza per un interesse particolare.
In vari aspetti le norme proposte contrastano non solo con le più elementari regole di pluralismo, ma anche con la legislazione vigente. Paradossale è il caso della disciplina in materia di decodificatori. Dal Testo unico sono abrogate le norme che attribuiscono poteri all'Autorità sugli standard dei decoder, con la funzione di favorire la fruibilità del servizio da parte degli utenti mediante un unico apparato, e vietano la commercializzazione e la distribuzione di apparati non conformi.
Sarà un caso, ma stiamo assistendo alla distribuzione di decodificatori per la trasmissione a pagamento sul digitale terrestre delle partite di calcio secondo standard costruttivi del tutto diversificati e probabilmente non sempre in grado di funzionare correttamente.
In definitiva, suscita inquietudine che nel silenzio generale passi l'idea che la televisione costituisca un settore protetto, per il quale non possono valere neppure le più elementari regole di trasparenza e di concorrenza del mercato.
Ciò, infatti, sta a significare che il Testo unico, mantenendo una disciplina separata della radiotelevisione rispetto a quella imposta dalle norme comunitarie per tutte le forme di comunicazione, rende un ennesimo servigio al â??conflitto di interessiâ?.
Una situazione ormai intollerabile, che giustamente il Garante della concorrenza ha recentemente denunciato nella sua indagine conoscitiva sulla concentrazione delle risorse economiche e tecniche del settore radiotelevisivo.
Per questi motivi, tra gli altri, è urgente aprire anche sul Testo unico una vera questione politica. In breve, siamo alla â??Gasparri bisâ?. O persino di peggio.

Ã? in dirittura dâ??arrivo il Testo unico sulla radiotelevisione. Ã? un tentativo alquanto discutibile di portare a sintesi le diverse norme che attengono al settore

*da "l'Unità" - 13 febbraio 2005

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